Texas, la nuova legge che vieta l’aborto contestata dalle Nazioni Unite
Una ferma condanna: le Nazioni Unite hanno contestato la nuova legge anti aborto dello stato del Texas, perché viola il diritto internazionale, sottraendo alle donne il controllo del proprio corpo e mettendo in pericolo le loro vite.
Secondo Melissa Upreti, presidente del gruppo di lavoro delle Nazioni Unite sulla discriminazione contro le donne e le ragazze, la nuova legge – che vieta gli aborti dopo le sei settimane di gravidanza – è «la peggiore discriminazione basata sul sesso»: potrebbe costringere alla clandestinità chi vuole interrompere la gestazione e spingere le donne a cercare procedure non sicure che potrebbero rivelarsi pericolose per la vita. «Questa nuova legge renderà l’aborto pericoloso e mortale e creerà una serie completamente nuova di rischi per donne e ragazze», ha spiegato al Guardian. «È profondamente discriminatoria e viola una serie di diritti garantiti dal diritto internazionale».
Anche secondo Reem Alsalem, relatore delle Nazioni Unite sulla violenza contro le donne, «attraverso questa decisione la corte suprema degli Stati Uniti ha scelto di calpestare la protezione dei diritti riproduttivi delle donne», ha spiegato al Guardian. In particolare, le più vulnerabili saranno le donne di colore e quelle con il reddito più basso. Alsalem critica soprattutto la parte della legge che rende quasi impossibile l’aborto anche per le donne che rimangono incinte a causa di stupro e incesto. «Ciò esacerba il loro trauma e la sofferenza mentale e fisica».
Con l’applicazione di questa legge, secondo le stime circa 7 milioni di donne texane corrono il rischio di perdere l’accesso all’aborto legale. Le cliniche che offrono il servizio hanno già iniziato a respingere i pazienti.
La norma vieta l’aborto da quando l’attività cardiaca può essere rilevata nel feto: di solito è intorno alle sei settimane di gravidanza, così presto che molte donne, a quell’epoca gestionale, non si accorgono nemmeno di essere incinte. Un altro aspetto controverso della legge è che trasferisce la responsabilità dell’applicazione delle regole dai funzionari statali ai cittadini comuni, che sono incoraggiati a denunciare chiunque «favorisca» un aborto, con taglie di 10 mila dollari e il rimborso delle spese legali se la causa ha successo.
Secondo il diritto internazionale, i governi possono regolamentare l’aborto. Ma non sono autorizzati a farlo mettendo a rischio la vita delle donne, sottoponendole a dolore o sofferenza fisica o mentale, discriminandole o interferendo con la loro privacy.