Sparatoria in via Carducci, manca il bracciale elettronico e gli indagati restano in cella
TRIESTE. Sono ancora in carcere i due kosovari indagati per la sparatoria di sabato mattina in via Carducci. Il gip Massimo Tomassini aveva disposto nei loro confronti la misura cautelare degli arresti domiciliari. Ma il bracciale elettronico, necessario a dare seguito al provvedimento, non è ancora disponibile.
La Procura dal canto suo presenterà formale impugnazione contro la decisione del gip depositando un ricorso al Tribunale del Riesame. Lo ha annunciato il procuratore Antonio De Nicolo.
Nel frattempo continuano le indagini per risalire a tutti i protagonisti del raid. Indagini estese anche al mondo degli appalti in mano alle imprese collegate alle famiglie kosovare coinvolte nella sparatoria. «Una volta che avremo compreso bene il movente, ci sarà anche la preoccupazione di capire se vi sia la volontà di appianare le divergenze per evitare il ripetersi delle spedizioni punitive», afferma De Nicolo. L’attività investigativa prosegue fino a che non avremo identificato tutti i soggetti coinvolti e trovato le armi».
Ma la scarcerazione di alcuni kosovari che hanno preso parte all’aggressione armata non trova d’accordo il Sap, sindacato di polizia. «Non è normale che in Italia, dopo ininterrotte indagini per assicurare alla giustizia i responsabili, questi sforzi siano vanificati dalla disposizione di mettere alcuni soggetti ai domiciliari», polemizza il segretario provinciale Lorenzo Tamaro. Così il segretario del Siulp Fabrizio Maniago: «Si è levato un coro di voci che tendono a minimizzare l’accaduto, a dire che Trieste è una città sicura». Massimo Marega, segretario regionale Fillea Cgil, sollecita infine «un rafforzamento della vigilanza sul sistema degli appalti e sui fenomeni di elusione dei contratti per tutelare il settore dal rischio di infiltrazioni criminali». —