Biden, obbligo vaccinale per milioni di lavoratori negli Usa. In Italia scatta per i dipendenti delle rsa
«La nostra pazienza sta finendo, abbiate rispetto». Così ha tuonato ieri Joe Biden rispetto a chi non si è ancora vaccinato negli Stati Uniti: solo il 54% della popolazione vaccinabile ha ricevuto una dose. Così rimane accesa un’epidemia che ha ripreso a cavalcare sia in termini di contagi che di decessi. Per questo, e nel limite dei suoi poteri, il presidente statunitense ha approvato una serie di nuovi ordini: l’obbligo vaccinale per i dipendenti federali (ma solo della branca esecutiva), quello per gli operatori socio-sanitari che lavorano in strutture finanziate anche dai fondi Medicare e Medicaid (sono 17 milioni di persone), l’obbligo di vaccino (o test settimanale) per le aziende con più di 100 dipendenti e una serie di inviti stringenti e di pressioni. Ad esempio, chi rifiuta di indossare le mascherine in aereo o negli aeroporti rischia ora multe più salate. Oppure i controlli per i grandi eventi. E le protezioni sono obbligatorie anche per i viaggi interstatali. L’obbligo di vaccino scatta anche in quei (pochi) ambiti educativi che non siano di competenza statale. Un cambio di marcia in sei punti, a loro volta articolati in altri aspetti specifici, ben elencato sul sito della Casa Bianca.
Anche in Italia, dove per certi versi siamo senz’altro più avanti – basti pensare all’obbligo per gli operatori sanitari – la prospettiva dell’obbligo vaccinale è sul tavolo. Per il momento la strada scelta dal presidente del Consiglio Mario Draghi sembra quella della progressiva estensione del green pass in sempre più ambiti. Negli Stati Uniti non esiste d’altronde un certificato vaccinale di questo genere (anche se qualcosa, per favorire gli spostamenti fra gli stati, potrebbe decollare) per cui la strategia non può che passare dalle pressioni federali, che si fermano molto lontano da quanto invece è consentito decidere ai governatori e alle assemblee legislative statali, che in certi casi (vedi la Florida) marciano in direzione ostinatamente contraria a quella del presidente nonostante gli ospedali pieni.
Nel nostro paese, dunque, la strategia passa per il momento dall’estensione del green pass. Anche se una piccola breccia delle resistenze, per esempio della Lega, sta scritta nell’art. 2 del nuovo decreto approvato ieri dal Consiglio dei ministri. C’è scritto che dal prossimo 10 ottobre e fino al 31 dicembre «tutti i soggetti anche esterni che svolgono, a qualsiasi titolo, la propria attività lavorativa» nelle residenze per anziani devono essere vaccinati, altrimenti rischiano la sospensione dal servizio e di rimanere senza stipendio. Insieme all’estensione del certificato verde per chiunque entri nelle scuole (genitori inclusi), dunque, è passato un altro pezzetto di obbligo: dopo gli operatori sanitari, tutti coloro che lavorano o accedono per altre ragioni alle rsa. È la prima volta dalla scorsa primavera. Il prossimo passo sarà la richiesta del green pass anche per i dipendenti pubblici, a quelli dei settori in cui il green pass è già richiesto ai clienti (per sanare un’evidente contraddizione) e a quelli del settore privato. Dopodiché, se non basterà, si passerà all’obbligo generalizzato per tutta la popolazione.
«Non abbiamo paura di dire che l’obbligo è un’opzione in campo», spiega il ministro della Salute Speranza. Il tentativo è probabilmente capire se il certificato digitale (che si ottiene anche con un tampone e anche salivare) darà i frutti sperati nei prossimi due mesi, entro la fine di ottobre. Così non fosse, cioè se non si arrivasse al 90% degli italiani sopra i 12 anni protetti con doppia dose – in attesa di capire con esattezza il calendario della terza per tutta la popolazione – allora scatterà l’obbligo. D’altronde, secondo un sondaggio Ipsos di due giorni fa il 65% degli italiani è favorevole all’obbligo vaccinale, il 25% contrario e il 10% incerto. Per un’altra indagine Eurobarometro, invece, il 76% degli italiani si è detto del tutto o tendenzialmente d’accordo col principio che tutti dovrebbero vaccinarsi perché è un dovere civico.