Modena. Parrocchia Gesù Redentore Vent’anni di fede e comunità
Paolo Seghedoni
Era il 9 settembre 2001 quando nacque ufficialmente la parrocchia di Gesù Redentore dalla fusione delle precedenti comunità di Maria Immacolata e di San Giuseppe Artigiano. Per diversi anni, fino all’inaugurazione della nuova chiesa e delle opere parrocchiali, la parrocchia è stata ospitata dalle vecchie strutture (in via Emilio Po per San Giuseppe Artigiano e via Cannizzaro per Maria Immacolata) e dal 2008 è nella chiesa di via Leonardo da Vinci, realtà che ospita anche le opere parrocchiali e la casa della carità. In occasione dei 20 anni della parrocchia, e in concomitanza con la sagra che si concluderà tra domani e domenica, ecco la voce del parroco don Fabio Bellentani, da inizio 2016 è alla guida della comunità del Redentore.
«La sagra rappresenta per noi il momento della ripartenza, sapendo bene che non potremo però riprendere riportando l’orologio indietro a prima della pandemia. Siamo in una fase di riflessione, come tutta la Chiesa».
Don Bellentani ricorda anche il suo arrivo e la comunità che incontrò: «Ho trovato una parrocchia molto complessa, con tante persone, soprattutto adulti, che stavano lavorando con impegno fin dall’inizio del progetto. La fusione fu, per quello che ho avuto modo di capire, pensata dall’alto, ma i parrocchiani l’hanno via via accettata e ho trovato una comunità con una grande capacità di accoglienza e di attenzione ai fragili. Penso sia alla Casa della Carità, che alla Caritas con, tra le tante altre cose, la bella esperienza della distribuzione di generi alimentari alle famiglie più povere, che all’oratorio che qui è rivolto soprattutto a chi è ai margini. Posso dire che forse siamo rimasti più fermi sotto il profilo della formazione, tranne per qualche realtà come le associazioni presenti in parrocchia (come l’Azione Cattolica e l’Agesci, oltre ad altri gruppi). L’età media è un po’ alta, si fatica a intercettare le domande e le attese dei giovani, ma questo è un tema aperto per tutta la Chiesa non solo per noi. C’è poi un lavoro sempre da fare con impegno per un radicamento profondo nel territorio».
La casa della carità, dopo uno stop dovuto alla pandemia, con l’autunno riaprirà i battenti: «Ripartirà con un progetto rinnovato e cercando di integrarla con altre attività caritative e aprendola di più all’accoglienza delle persone sul territorio. Ci stiamo anche mettendo in rete sia con la Pastorale familiare della diocesi che con la Caritas diocesana». Tra le problematiche quella della struttura, che è molto ampia: «È vero che questa struttura serve la comunità parrocchiale più grande della città (con circa 15mila abitanti, ndr). Ma è anche vero che ci sono spazi molto ampi per una parrocchia. Per questo, come del resto in parte già avviene, è importante che la diocesi la senta anche sua e che questi spazi possano essere funzionali anche al di là della parrocchia». A proposito di spazi don Bellentani parla anche dell’area di via Cannizzaro, che è rimasta ferma da molti anni: «Ci sono stati interessi anche da altre comunità cristiane non cattoliche, prima con i metodisti e ora con la Chiesa ortodossa moldava: speriamo davvero che la cessione dell’area diventi un’occasione per il rilancio. La parrocchia oggi non ha le forze per gestirla, al di là degli interventi più urgenti e straordinari realizzati. L’intenzione è cederla secondo le destinazioni d’uso previste». Per chiudere uno sguardo al futuro, dentro e al di là delle difficoltà di essere parrocchia ai tempi del Covid: «In città è un po’ più difficile fare comunità, in un paese è diverso, ma in ogni caso la presenza della parrocchia è più marginale rispetto a un tempo. Soprattutto la fatica grande è intercettare e dialogare con i giovani. Quello che mi aspetto è che la situazione sanitaria migliori per tutti e che si usi grande responsabilità (mi spiace che anche dentro le comunità cristiane ci sia chi è contrario al vaccino). D’altro lato mi aspetto, come hanno scritto Papa Francesco e anche il nostro vescovo don Erio Castellucci, che da questa crisi la comunità cristiana riparta dal Vangelo: dobbiamo chiederci cosa vuol dire essere Chiesa oggi. Vogliamo cogliere l’occasione di questo ventesimo compleanno per rilanciare e guardare al futuro con speranza».