Confindustria, Bonomi: “La cultura è il petrolio dell’Italia, dobbiamo essere bravi a metterla a reddito”
Scelte giuste anziché comode perché con «Next Generation Eu stiamo indebitando i giovani per fare qualcosa oggi e dobbiamo fare qualcosa oggi per loro non per noi». E ancora: «Servono statisti, anziché politici per far ripartire l’Italia». Carlo Bonomi, presidente di Confindustria, a Venezia per la presentazione alla mostra del cinema del cortometraggio 'Centoundici', parla a tutto campo e rilancia l’importanza della cultura: «E’ il petrolio dell’Italia, dobbiamo essere capaci noi di valorizzarla e metterla a reddito».
Il presidente degli industriali chiede, quindi, a tutti un sacrificio per il futuro: «Non possiamo guardare al presente. La mia generazione ha ricevuto un cerino acceso da quella precedente, io ho la responsabilità di spegnere quel cerino, altrimenti lo darò ancora più corto alla futura generazione. Fare certe scelte oggi costa, costerà a tutti qualcosa ma dobbiamo avere la responsabilità sul futuro».
Parlando poi del film voluto dall’associazione degli industriali Bonomi ha detto che «questo film mi emoziona ogni volta che lo vedo. Racconta la storia d’Italia e un po' i momenti che stiamo vivendo. Abbiamo voluto raccontare attraverso questo cortometraggio la filiera dietro la produzione dei film. Il caso ha voluto che a farlo siano stati 111 lavoratori, proprio come 111 sono gli anni di Confindustria. E abbiamo raggiunto il nostro risultato: parlare di chi non si vede, di una filiera industriale importantissima come quella della cultura, con un mezzo che è eccellenza italiana nel mondo. Ma soprattutto abbiamo contribuito nel nostro piccolo alla vita di 111 famiglie».
Anche perché secondo Bonomi l’Italia «ha smesso di sognare. Vorremmo tornasse a sognare, perché se abbiamo un sogno lavoriamo insieme per raggiungerlo. Siamo in un momento difficile, la ripartenza passa dal tema sanitario, un tema delicato, non facile, che mi sembra stia portando a una radicalizzazione del pensiero, cosa che mi dispiace, perché dobbiamo stare uniti. I nostri padri dopo la guerra avevano un grande sogno e lo hanno fatto insieme pur nella divisione di pensiero».