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Сентябрь
2021

L’esplosione che fermò il tempo. Ecco le memorie triestine dell’11 settembre

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TRIESTE Una memoria impressa per sempre nella coscienza collettiva, ma declinata in innumerevoli storie, quante sono le persone che hanno vissuto, seppur attraverso un televisore, l’attacco terroristico che l’11 settembre 2001 ha cambiato le sorti degli equilibri mondiali. Una giornata impressa per sempre negli occhi di ogni testimone e che Trieste ha riconosciuto per prima in Italia, intitolando alle vittime delle Torri gemelle il piazzale posto all’inizio della pineta di Barcola.

«Mi trovavo in Norvegia ad un convegno – ricorda il rettore dell’Università Roberto Di Lenarda –. A un tratto cominciò a girare la voce di un dirottamento aereo. Ricordo il rappresentante della delegazione americana che piangeva mentre ci spiegava che cosa fosse successo». E poi le immagini, i frame in diretta dei luoghi simbolo degli Stati Uniti immersi tra le fiamme, come sottolinea Riccardo Illy: «Quando sullo schermo vidi il secondo aereo che si conficcava nella torre gemella provai solo una sensazione di incredulità. Non poteva essere. Invece tutto era vero». Oltre al senso della tragedia collettiva, subito si fece viva la certezza che si trattasse di un punto di non ritorno: «Anche se non siamo ancora in grado di dire i perché, di rintracciare i motivi che hanno portato a quell’escalation – spiega don Mario Vatta – di certo si è trattato di uno spartiacque epocale».

Quella data è oggi iscritta sulle lapidi di moltissime vie in Italia, ma è stata Trieste la prima città a fare una scelta del genere. Lo ricorda Cristina Sbaizero, direttrice della World Trade Center Association di Trieste, parte del network di trecento associazioni sparse in cento paesi e nate per ricordare l’attentato: «Trieste, su iniziativa del locale World Trade Center, fu la prima città in Italia ad intitolare una piazza alle vittime e ricorda ogni anno quel giorno che ha segnato il mondo intero».

Il presidente della Comunità islamica: «Uno choc per la nostra cultura»

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Nella giornata che stravolse ogni equilibrio mondiale, il presidente del centro culturale islamico di Trieste Akram Omar si trovava già nel capoluogo giuliano. Era un martedì come tanti altri, impegnato tra lavoro e famiglia, prima che quella notizia facesse capolino e prendesse forma nei servizi radio e televisivi. «Fu un evento inaspettato, che ci sconvolse. A 20 anni di distanza bisogna ribadire che quell’evento non ha nulla a che fare con la nostra cultura. Purtroppo molti, dicendo di agire in nome dell’Islam, infangano la nostra religione, che è invece una religione di pace – dice Omar -. Ricordiamo l'11 settembre del 2001 come un giorno drammatico, così come lo percepiscono tutte le altre comunità. In quella tragedia hanno perso la vita migliaia di persone, tra cui anche tanti musulmani. Ha rappresentato una strage per il mondo intero».

Il rettore: «Quel pianto del collega americano»

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Il rettore dell’Università di Trieste Roberto Di Lenarda ha in mente ancora molti dei dettagli che caratterizzarono il suo 11 settembre 2001. Si trovava in Norvegia, a Lillehammer, in qualità di membro della delegazione odontoiatrica italiana all’ISO TC/106 dentistry. «A un tratto cominciò a circolare la voce di un dirottamento aereo che aveva causato gravissimi danni. Poi ricordo il rappresentante della delegazione americana che piangeva, mentre ci spiegava che cosa fosse successo. Una volta saliti nelle nostre camere d'albergo – spiega Di Lenarda – abbiamo acceso la televisione. Abbiamo visto in diretta il secondo aereo schiantarsi. Ho vissuto quel giorno con molto dramma, perché da un lato c’era il dolore condiviso con le delegazioni. Dall’altro avvertivo il peso di essere lontano dalla mia famiglia e la paura di avere problemi a rientrare a casa». 

Lo scrittore: «La voce in radio e il timore della fine»

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La notizia degli attacchi terroristici nel cuore degli Stati Uniti arrivò allo scrittore Pino Roveredo attraverso una stazione radiofonica. «In quel momento stavo guidando, ero diretto verso l’ospedale di Cattinara, prevedevo di andare a fare visita a un ragazzo che seguivo – ha detto l’autore triestino -. Quando sentii quello che era successo ebbi l’istinto di accostare con l’auto. Avevo bisogno di stare fermo per mezz’ora, per ragionare sulla notizia che avevano appena trasmesso». A distanza di 20 anni, Roveredo spiega come subito dopo iniziò a «formulare pensieri un po’ esagerati, credevo con convinzione che quell’evento rappresentasse inequivocabilmente la fine di ogni cosa. Ora so che fu un timore eccessivo. Ma, di sicuro, quella giornata mi restituì la convinzione che siamo tutti vulnerabili, che le cose possono cambiare da un momento all’altro». 

L’ex Miss Italia: «Da allora ho paura a salire in aereo»

Via Coroneo, Peperino, Susanna Huckstep

Quel pomeriggio dell’11 settembre del 2001 l’ex Miss Italia triestina Susanna Huckstep si stava allenando in palestra. Poi, una chiamata insolita al cellulare. «Ad avvisarmi di quanto stesse succedendo fu mio marito, per telefono. Mi disse che stavano crollando le Torri gemelle. Io ricordo precisamente che ero nello spogliatoio, lo sgridai pensando che avesse voluto farmi uno scherzo di cattivo gusto – ha spiegato la showgirl, che all’epoca viveva in Svizzera, a Lugano -. Invece quando io e le altre persone in palestra ci mettemmo davanti alla televisione scoprimmo che era tutto vero, ricordo le immagini con gli edifici in fiamme, immersi in una nube di fumo. Sembravano le riprese di un film americano, ma stava accadendo tutto per davvero. Quell’evento mi ha scosso a tal punto che da allora non mi sento più così tranquilla nel salire su un aereo».

L’imprenditore: «Non ci credevo, era inconcepibile

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Mi ricordo che quel giorno ero andato in ufficio per lavorare, come sempre. La notizia di quanto stesse accadendo dall’altra parte del mondo mi fu data dalla mia assistente, non pensavo potesse trattarsi di un evento reale – afferma l’imprenditore Riccardo Illy, nel ripercorrere le tappe dell'11 settembre di 20 anni fa -. La prima cosa che feci fu accendere il televisore. Quando sullo schermo vidi in diretta l'immagine del secondo aereo che si conficcava nella torre gemella provai solo una sensazione di incredulità, non poteva essere. Invece tutto era vero, benché non fosse concepibile. Non lo era per nessuno». Secondo Illy «la possibilità di utilizzare un volo per abbattere un grattacielo era talmente fuori dai nostri schemi che nessuno occidentale avrebbe mai potuto anche solo pensare alla progettazione di un’azione terroristica del genere». 

Il sacerdote: «Come un brutto film di fantascienza»

Università:dibattito sulla legalità

Una scena così surreale da sembrare l'estratto di una pellicola di fantascienza. Questo è il modo in cui don Mario Vatta, fondatore della Comunità di San Martino al Campo, descrive la sensazione provata alla vista degli aerei che si schiantavano contro le Torri gemelle e contro la facciata ovest del Pentagono. «Ricordo molto bene quella giornata, avevo visto il susseguirsi di immagini in casa, attraverso la televisione che il mio amico si era affrettato ad accendere. Mi sembrò subito un evento inqualificabile, e nello stesso modo, la percepirono molte altre persone. Si aveva l'impressione di essere di fronte a un film di fantascienza, che pure non amo guardare - spiega don Vatta -. Da lì in avanti le cose avrebbero cominciato a cambiare, giorno dopo giorno. Anche se non siamo ancora in grado di dire i perché, di rintracciare i motivi che hanno portato a quell'escalation, di certo si è trattato di uno spartiacque epocale». 




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