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Сентябрь
2021

Piero Martinetti, un uomo libero in tempi di servitù politica

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CASTELLAMONTE. Nato a Pont Canavese nel 1872 da una famiglia di tradizioni notarili, Piero Martinetti inizia precocemente gli studi sotto la guida della madre e della nonna, fervente mazziniana.

A sette anni viene inviato al Collegio civico di Ivrea, dove frequenta successivamente il Regio Ginnasio-Liceo. Nel 1893 si laurea in filosofia all’Università di Torino, con una tesi che viene pubblicata e premiata dalla Reale Accademia delle Scienze, mentre all’Università di Lipsia approfondisce sino al 1895 gli studi sulla filosofia tedesca.

Vinto il concorso nazionale per l’insegnamento nei licei (insegnerà ad Avellino, Correggio, Vigevano, Ivrea, Torino) inizia a lavorare alla sua Introduzione alla metafisica, pietra miliare della filosofia italiana che gli varrà la cattedra all’Università di Milano nel 1905. Come scrive Norberto Bobbio, la sua fama «nella cittadella della filosofia» diviene ben presto «altissima». Votato a una ricerca religiosa non confessionale, si indirizza verso un idealismo critico neokantiano, con una più netta inclinazione verso il motivo metafisico della trascendenza.

Afferma che «la chiarezza è la virtù del filosofo» e proprio la limpidezza delle sue lezioni lo rendono ben presto popolare: la presenza di un pubblico non solo studentesco testimonia di un impegno di magistero che va al di là dell’ambito universitario, di cui saranno in seguito espressione opere come il Breviario spirituale.

Intanto i suoi rapporti con le autorità accademiche si fanno tesi a causa della sua posizione nei confronti del fascismo, di cui denuncia sin da subito la componente demagogica e totalitaria. Nel 1926 il Congresso nazionale di filosofia da lui presieduto viene sciolto «per ragioni di ordine pubblico»: Martinetti non ha ceduto alle pressioni per escludere dal Congresso alcuni filosofi antifascisti e ha affrontato a viso aperto gli squadristi.

La rottura definitiva si ha nel 1931, con il rifiuto di prestare giuramento di fedeltà al regime: «Ho sempre insegnato che la sola luce, la sola direzione ed anche il solo conforto che l’uomo può avere nella vita, è la propria coscienza; e che il subordinarla a qualsiasi altra considerazione, per quanto elevata essa sia, è un sacrilegio. Ora col giuramento che mi è richiesto, io verrei a smentire queste mie convinzioni ed a smentire con esse tutta la mia vita». Solo 12 professori universitari su 1.225 non giurano.

Persa la cattedra, si ritira nella sua Spineto dedicandosi completamente agli studi. Nasce l'opera monumentale Gesù Cristo e il cristianesimo – con la dura condanna della dimensione ecclesiastica della religione cristiana – immediatamente sequestrata dalla Prefettura e messa nell’Indice dei libri proibiti dal Sant'Uffizio nel 1938. Martinetti muore il 22 marzo del 1943. Poche persone osano partecipare al suo funerale, tenuto in forma civile. Come scrive Bobbio: «La limacciosa fiumana dei tempi in cui visse non riuscì a smuoverlo di un millimetro e chi provi ad andargli incontro lo trova ancora fermo e ritto al suo posto».




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