Martinetti in punto di morte vietò l’ingresso al parroco
CASTELLAMONTE. È un episodio scherzosamente curioso dell’estate 1942, quello ricordato dal professor Valerio Giacoletto Papas, saggista e studioso di storia locale, che lo ebbe a conoscere direttamente dalla voce di uno dei protagonisti, lo zio materno don Giovanni Capace, conosciutissimo in Canavese per aver fondato l’osservatorio astronomico di Alpette, a lui intitolato.
All’epoca del fatto era già iniziato il declino fisico di Piero Martinetti, e don Domenico Vittone, parroco di Spineto, avvertiva come un dovere il fare in modo che morisse in grazia di Dio. Subodorando l'intenzione della visita, il filosofo aveva dato disposizioni alla sorella e alla governante affinché non consentissero l’ingresso al sacerdote.
Don Vittone, mirando anche solo alla possibilità di impartire una semplice benedizione al professore malato, chiese al giovane parroco di Fornolosa, don Capace, che ogni estate tornava a Spineto e che in passato era stato ricevuto in casa Martinetti, di tentare a sua volta.
«Il filosofo conosceva bene mio zio che, quando era a Spineto, non mancava di andarlo a salutare, ricevendo in dono ogni volta frutta e prodotti dell’orto di casa», ricorda Giacoletto Papas. «Don Capace, che di lì a breve sarebbe diventato cappellano militare di Giustizia e Libertà e sarebbe entrato nella Resistenza, era un giovane sacerdote che aveva sempre mille domande da porre al professore, e che veniva apprezzato per il suo modo di porsi ironico e privo di dogmi. Ricevuto da Martinetti, si limitò a interrogarlo sulla natura dell'anima e su cosa veramente fosse la metempsicosi indiana. Più tardi don Vittone che gli chiese come fosse andata e lui rispose “Ch'as preocupa nin, dun Vitùn, a l’è tut a post: la benedissiun a la pià”, quando in realtà l’argomento Chiesa non era stato nemmeno accennato. Apparentemente soddisfatto, don Vittone non tornò più sull’argomento. Pochi mesi dopo, lo stato di salute del professore precipitò e, nel marzo 1943, questi morì. Il corteo funebre – conclude Giacoletto Papas – mosse dall’abitazione al cimitero di Castellamonte, evitando, secondo le indicazioni del defunto, la chiesa parrocchiale; don Vittone, dal canto suo, mise in giro la voce che la partecipazione al funerale avrebbe comportato la scomunica. In quell’atmosfera surreale, i bambini seguirono il corteo di nascosto, dietro ai muretti e alle siepi, spiando i professoroni vestiti di nero giunti dalle città. Per quanto riguarda mio zio, don Capace, fino a quando morì, nel 1992, tenne sul comodino il Breviario spirituale, una delle opere più lette e più amate di Piero Martinetti».franco farnè