Furto milionario di droga a Medicina legale di Padova, chiesta l’archiviazione ma resta il giallo
PADOVA. Resta un giallo il maxi-furto di droga all’istituto di Tossicologia forense, situato nel palazzo dell’Istituto di medicina megale. Da lì, dal caveau, sparirono nel 2004 49 chili di eroina, 5,8 di cocaina, 1,8 di hashish e 61 grammi di marijuana. Più o meno il valore era di 5 milioni di euro.
La nuova inchiesta su quei fatti misteriosi, si è chiusa con una richiesta di archiviazione. Sulla riapertura del caso aveva fatto affidamento la famiglia Tedeschi: pochi giorni dopo il colpo ci fu il suicidio di Luciano Tedeschi, primo dirigente chimico di Tossicologia proprio a Medicina Legale. Per la famiglia c’era - e c’è ancora - il sospetto che l’estremo gesto fosse legato a quella sparizione.
All’inizio del 2020 i parenti presentarono un esposto firmato dalla moglie Osvalda e da una delle figlie del direttore del laboratorio. Una richiesta che arrivava all’indomani di nuovi fatti di cronaca che avevano evidenziato irregolarità a Medicina Legale.
In questi mesi sono state ascoltate diverse persone e si è aggiunto qualche piccolo particolare rispetto ai fatti di quei giorni. Altre piste sono state battute, ma non si è arrivati alla soluzione. Quindi la procura chiederà al Gip l’archiviazione per la seconda volta. Nell’aprile scorso è stato sentito l’ex direttore dell’Istituto Santo Davide Ferrara, che ha ricostruito gli avvenimenti di quei giorni. Il furto – ha ricordato – fu scoperto alle 9 del mattino. Ferrara informò subito il capo della procura padovana Pietro Calogero e quest’ultimo il pm di turno Emma Ferrero, titolare anche dell’inchiesta bis. Il caveau venne chiuso; intorno alle 14 Ferrara arrivò in procura per fare il punto con il capo dei pm poi andò in Istituto con la squadra mobile allora guidata da Alessandro Giuliano.
Il ruolo di Tedeschi
Il 22 aprile del 2004, meno di un mese dopo il furto che avvenne il 17 marzo, Luciano Tedeschi si suicidò gettandosi dal terrazzino di casa, dal terzo piano di un appartamento a San Bellino. Alle sette del mattino venne trovato senza vita da un inquilino, all’interno del giardino condominiale. Indossava ancora il pigiama.
Stressato e avvilito per il recente accaduto, l’uomo se ne andò portando con sé i segreti legati a un clima da caccia alle streghe. Tecnico capace e di comprovata etica professionale, aveva 59 anni ed era in procinto di andare in pensione. Gli inquirenti ricorrevano spesso alle sue consulenze professionali sulla droga in sequestro, potendo coniugare valenza tecnica ed esperienza. Pagò per colpe non sue? Tante le stranezze legate a quel furto. Troppe secondo i parenti.
Le stranezze di quel colpo
Solo pochi giorni prima la serratura della porta blindata per accedere al laboratorio era stata sostituita. Eppure quella porta non presentava segni di effrazione. Disattivato anche il sistema d’allarme. E ancora: parve strana la presenza di tutta quella droga all’Istituto, quando la legge prevedeva che vadano custoditi e repertati solo piccoli campioni dello stupefacente in sequestro. Un mistero dietro l’altro. Le chiavi del caveau erano nella disponibilità di un tecnico addetto alla chiusura (di giorno la porta restava aperta per comodità lavorativa), di Tedeschi e della dottoressa Franca Castagna.
Il ritrovamento del 2012
L’indagine sul furto viene archiviata. Nel 2012 c’è un nuovo colpo di scena. Parte della droga trafugata, viene ritrovata infatti a Cinto Euganeo, durante dei lavori. Siamo nell’ex cava Zancanella a Fontanafredda. Durante un’escavazione spuntano 4 bidoni in plastica. E dentro i bidoni, in perfetto stato di conservazione c’era diverso materiale scottante. Un fucile a pompa Maverick con matricola abrasa funzionante, confezioni con circa 400 proiettili di vario calibro, due bilancini di precisione, una maschera e una cuffia in lattice, 4 chili di eroina, 4 chili di hashish.
La droga viene collegata al furto di Medicina legale. Ma la svolta non c’è e l’indagine vine archiviata. Emergono altre domande che restano insolute come le precedenti, come tutta questa storia mai chiarita. Perché dopo 8 anni parte della refurtiva si trovava ancora lì? Chi l’aveva nascosta e chi ne aveva la disponibilità? In una intervista rilasciata all’epoca dei fatti al nostro giornale, Tedeschi si era espresso in questi termini. «Come sempre, si chiudono le stalle quando i buoi sono scappati», commentò allargando le braccia. «Certe cose non avvengono mai per caso. Se prendono i ladri farò un brindisi». Frasi che potevano avere un significato.
LA RISPOSTA DEL SOTTOSEGRETARIO
Delle indagini, concentrate soprattutto nei mesi e negli anni successivi al furto è sempre trapelato molto poco. Ma gli investigatori batterono tutte le piste disponibili. Nel 2011 il sottosegretario all’Interno, Alfredo Mantovano rispose così all’interrogazione di Luana Zanella dei Verdi sui fatti del 2004: «La sostanza stupefacente era in attesa dell’esecuzione dei previsti esami, ed era stata collocata in una stanza provvista di porta blindata con allarme disattivabile da un codice, collegata ad un sistema di sicurezza connesso elettronicamente con gli uffici di una società di vigilanza privata, la quale ha riferito che durante la notte del furto il sistema non ha riscontrato anomalie».