Autonomia veneta, Gelmini promette una legge-quadro entro settembre
VENEZIA. In Parlamento, l’autonomia inseguita dal Veneto conta alleati svogliati e avversari attivi né l’emergenza Covid ha agevolato il percorso della riforma, relegata, da un anno e mezzo a questa parte, in coda alle priorità legislative, tanto da indurre al pessimismo la pasionaria Erika Stefani: «Ho l’impressione che si ignori la voce del popolo e che si vogliano allungare i tempi per mandare il federalismo soffitta», lamenta il ministro leghista.
Il ministro batte un colpo
Eppure, l’attenuarsi della criticità epidemiologica e l’avvenuto assestamento ministeriale del governo Draghi, segna il silenzioso disgelo del dossier: «Abbiamo costituito un tavolo di confronto presieduto dal professor Caravita e stiamo lavorando per aprire ad un tavolo diretto con i governatori coinvolti e quindi confidiamo di avere presto buone notizie, è un tema che abbiamo ripreso perché occorre dare una risposta alle regioni dove i cittadini si sono espressi chiedendo più autonomia», batte un colpo Mariastella Gelmini, erede del dicastero già retto dalla citata Stefani e poi dal dem Francesco Boccia.
A cosa allude l’azzurra? Essenzialmente alla definizione, entro settembre, della sospirata legge quadro, una prospettiva ventilata nel corso dell’audizione in commissione parlamentare e ribadita nei giorni scorsi ad Attilio Fontana, Luca Zaia e Stefano Bonaccini.
Fatica di Sisifo e cronoprogrammi
«Sul regionalismo differenziato trovo che ci sia una inevitabile sinergia con la questione del federalismo fiscale, la linea dell’esecutivo è quella di completare il percorso entro il 2026, è scritto all’interno del Piano nazionale di ripresa e resilienza, ma è fondamentale rispettare un cronoprogramma per completare la perequazione e definire i fabbisogni standard», le parole di Gelmini «dobbiamo essere pronti, penso ci siano le condizioni per sgombrare il campo da dubbi, ci si muove da un lato sul fronte della legge quadro, dall’altro sul fronte delle pre-intese raggiunte, ed è indispensabile un confronto con i presidenti di regione, in particolare Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna.
Queste sono le tappe che dobbiamo completare». Sembra la fatica di Sisifo, il masso destinato a rotolare a valle appena raggiunta la cima, e tuttavia Zaia, reduce dal confronto con Fontana a Venezia, non demorde: «Rinunciare all’obiettivo? Mai. Non è un capriccio né una bandiera di partito, c’è in ballo la volontà dei veneti espressa in un referendum libero e partecipato, il rispetto della democrazia non è un valore negoziabile». Fiumi di parole, già. I fatti? «A dispetto di gufi e sapientoni da divano, l’interlocuzione istituzionale non è mai cessata e i nostri tecnici sono al lavoro, collaborano attivamente alla messa a punto del testo legislativo allo studio del Governo».
Quanti ostacoli in parlamento
Ma che aria tira tra deputati e senatori? I rappresentanti della Lega, con rare eccezioni, sembrano più testimoni che artefici degli eventi, quasi la sfida non li riguardasse; sostanzialmente favorevole Forza Italia, recalcitra invece Fdi, espressione di una tradizione politica sensibile al primato dello Stato.
A sinistra spicca l’opposizione ideologica di Leu mentre Pd e M5S riflettono la diffidenza dell’ala sudista, determinante sul piano elettorale nel caso dei pentastellati; tanto che l’ex premier e nuovo leader dei 5 Stelle, Giuseppe Conte, interpellato nel merito durante la sua visita elettorale in Veneto, ha precisato che «l’eventuale autonomia differenziata dovrà essere ragionevole, ovvero tenere conto dell’esperienza della pandemia»; che significa? «Da presidente del consiglio ho avvertito tutta la complessità del dialogo tra lo Stato e le 20 regioni, occorre favorire la coesione nazionale, non la frammentazione», la replica.
Frecciata di Caon a Conte e 5 Stelle
Sufficiente ad innescare la bordata di Renato Caon: «Il suo governo giallorosso, fin dal primo minuto si è impegnato a boicottare il voto di 2.300.000 veneti. Consiglio all’ex avvocato del popolo di risparmiarci le lezioni su argomenti sui quali è poco preparato, a meno che», punzzcchia il parlamentare forzista di Padova «non voglia accelerare la scomparsa del suo partito dalla scena politica della nostra regione»