Monica Boggioni: “I tre bronzi sono solo l’inizio. La disabilità un valore, non qualcosa di diverso”

L’intervista

Il suo sorriso è diventato uno dei simboli delle Paralimpiadi di Tokyo, le più vincenti della storia azzurra. Monica Boggioni, 23 anni compiuti lo scorso 5 agosto, tre medaglie di bronzo nel nuoto, ha regalato nuove, intense emozioni, in questa estate indimenticabile per lo sport italiano, non solo per l’impresa agonistica in se stessa, comunque rilevante, ma anche per il suo coraggio e la capacità di affrontare la disabilità e di farne un punto di forza, con un messaggio potente rivolto a tutti.

Di ritorno a Pavia (stasera l’evento in Borgo per il settantesimo del Ponte Coperto di cui sarà l’ospite d’onore), Monica si racconta e racconta l’emozione del debutto ai Giochi e dei successi.

Cosa sono state per te le Paralimpiadi?

«L’esperienza più incredibile della mia vita. Sono stata un mese lontana da casa, prima non era mai accaduto che mancassi per così tanto tempo, e questo mi ha formato sia dal punto di vista sportivo che sul piano personale, perché gestire un evento del genere ti fa crescere molto, in quanto devi imparare ad essere autonomo e sul lato agonistico devi mantenere sempre la concentrazione».

Hai rivisto le tue gare? Sei soddisfatta o hai qualche piccolo rimpianto?

«Sì, certo, e rivivere quei finali in cui ho vinto il bronzo recuperando tutte le avversarie davanti a me, mi ha procurato una grandissima emozione, mentre ero in gara non me n’ero resa conto. Non ho rimpianti particolari, di sicuro non per i piazzamenti, forse potevo fare tempi leggermente migliori ma sarebbero serviti come soddisfazione personale, non per migliorare il piazzamento».

Le Paralimpiadi hanno dato un grande segnale.

«La cosa bella è che tanti le hanno seguite e hanno visto questa magia, provando sensazioni che solo un evento del genere può trasmettere. Spero che questa magia sia stata colta da tanti ragazzi con disabilità perchè penso che lo sport sia lo strumento più forte e straordinario per cambiare la vita di una persona disabile. Non è necessario salire sul podio dei Giochi per sentire la propria disabilità in maniera diversa, è sufficiente avvicinarsi a una disciplina sportiva. Una persona con disabilità è abituata a vedere il proprio corpo come qualcosa che la limita, mentre invece lo sport insegna ad usare il corpo in una maniera diversa per farlo diventare un punto di forza. La mia speranza è che ci siano stati tanti ragazzi che, vedendoci gareggiare, si possano appassionare a uno sport, sia esso il nuoto o qualsiasi altra disciplina. Sapere di essere stati un esempio, un traino in tal senso, sarebbe motivo di orgoglio. Io sono pronta a chiacchierare con i ragazzi che vogliono fare sport, spiegare la bellezza di praticare il nuoto. Per cominciare la pratica basta consultare il sito, la pagina Fb e quella Instagram di Pavia Nuoto. C’è anche il mio contatto su Instagram. Sono una ragazza normale che ha trasformato la parte debole di me in un punto di forza ».

Il tuo messaggio per i non disabili?

«Spero e mi auguro che le Paralimpiadi possano avere cambiato il loro sguardo, e che non vedano più la disabilità come qualcosa di diverso o che ispiri pietà, ma capire che la diversità va solo valorizzata».

I tuoi inizi nel nuoto?

«Ho cominciato a due anni per motivi terapeutici e nell’agonismo a 5, dopo il primo intervento alle gambe. Il mio primo istruttore è stato Simone alla piscina di via Folperti, fino a 14 anni ho seguito i corsi grazie al progetto “Nuota con noi” di Davide Bellingeri, papà della mia amica Giulia. Poi ha cominciato a seguirmi Guy Soffientini, che è tuttora il mio allenatore».

Dove ti alleni abitualmente?

«Ora il mio impianto di riferimento è la piscina Faustina di Lodi, un centro dotato anche di palestra. Li ringrazio con il cuore, lì ho potuto continuare ad allenarmi anche durante la pandemia e questo è stato importante».

I successi olimpici ti hanno cambiato la vita?

«In pizzeria con gli amici l’altra sera mi hanno riconosciuto e hanno voluto fare un selfie, significa che tanti mi conoscono e applaudono le mie imprese. Nei prossimi giorni girerò per Pavia per ringraziare la gente che mi ha sostenuto».

Al ritorno da Tokyo come hai festeggiato?

«Gli amici hanno organizzato una festa a sorpresa. Poi ovviamente in famiglia (il papà Marco, responsabile amministrativo di un’azienda, la mamma Anna bancaria, il fratello Matteo che sta ultimando la magistrale in Agraria). Quando sono venuti a prendermi di notte a Linate, con i fiori, è stato bellissimo abbracciarli».

Parigi 2024 è vicina.

«Vero. Considero Tokyo solo un inizio. Tra tre anni voglio esserci assolutamente. Per migliorarmi».

E dopo il nuoto?

«Sono al 2° anno della magistrale in Biotecnologia medica. Mi piacerebbe lavorare nel campo della genetica».