Monfalcone, è doloso l’incendio che ha distrutto i cipressi secolari del parco di Panzano
MONFALCONE Cinque scheletri di cipressi anneriti, cespugli in cenere, tre palme bruciacchiate, una parte dei giochi interdetti ai bimbi e ovunque un persistente, acre odore di fumo. È l’istantanea dello scorcio verde di Panzano: in primo piano il Parco della Rimembranza. Monfalcone ha perso cinque dei suoi alberi-monumento, piantati l’altro secolo.
Ma l’aspetto più inquietante del devastante rogo che l’altra notte, dalle 21 e fino all’1, ha tenuto con il fiato sospeso un intero quartiere è che, all’indomani delle operazioni di spegnimento, la polizia di Stato «propende per un episodio di tipo doloso». Sono quindi in corso gli accertamenti per risalire agli autori. Non è escluso si tratti di giovani o giovanissimi, di nazionalità italiana. E se quindi «l’innesco potrebbe essere ritenuto intenzionale» dagli agenti, che stanno svolgendo indagini serrate, la “bravata”, diciamo così, potrebbe allora essere sfuggita di mano e aver provocato effetti ben più gravi di quelli forse inizialmente ipotizzati dai responsabili.
L’incendio di Monfalcone, comunque, pare scollegato alle fiamme divampate, anche qui su un cipresso, 5 minuti prima delle 21 a Lucinico. I vigili del fuoco isontini, attivi su entrambi i fronti, sulla falsa riga della vicenda cittadina, «notizieranno la Procura segnalando l’incendio non accidentale da parte di ignoti», come chiarito ieri dal Coe: se colposo o doloso lo stabilirà il magistrato. Parallelo prosegue il filone investigativo del commissariato di via Foscolo. Che si tratti di una combustione «palesemente dolosa», per quel che attiene Panzano, lo ha asserito a un cronista ieri pure il Questore Paolo Gropuzzo, che tende a escludere invece correlazioni con Lucinico. Oltretutto, data la quasi coincidenza cronologica dei fatti, avvenuti però a distanza di 21 chilometri, si dovrebbe considerare l’azione di perlomeno due persone.
Un rogo complesso da gestire, quello del Parco della Rimembranza: innanzitutto perché le lingue di fuoco si sono sviluppate su alberi particolarmente resinosi e dunque infiammabili. In secondo luogo per l’altezza e prossimità delle conifere, che ha reso possibile la cosiddetta propagazione dell’«incendio in chioma». Avviene quando attraverso i tizzoni le fiamme viaggiano in alto, sopra le teste dei soccorritori, attecchendo su fronde vicine. Una tipologia, tra i roghi, tra le più insidiose, come sanno i vigili del fuoco. Che l’altra sera non si sono risparmiati sul campo. Ben 11 i mezzi, tra autobotti e aps (autopompaserbatoio), operativi in via Aulo Manlio. Giunti dal distaccamento di via Sant’Anna, da Ronchi, Opicina, Gorizia, Cervignano e Udine. Una ventina gli uomini impiegati per lo spegnimento del vasto incendio, partito da un singolo cipresso e poi, in una sorta di letale effetto domino, diffusosi su altri quattro fusti secolari. L’ultima autobotte è rientrata alla base all’1. Ma ieri, già alle 7, un’altra squadra è tornata al parco pubblico per l’ultima messa in sicurezza: su alcuni tronchi il fuoco stava ancora covando e si è quindi nuovamente dovuto indirizzare lì i potenti gettiti d’acqua per debellare l’incendio. Una quarantina di minuti dopo i pompieri sono rientrati al quartier generale. In supporto, l’altra notte, anche volontari della Protezione civile, oltre a Polizia e carabinieri. In mattinata, infine, il Comune ha disposto l’intervento della squadra operai per una sistemazione dei luoghi, ancora transennati, devastati dalle fiamme.