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Сентябрь
2021

Il Covid ha cambiato la spesa delle famiglie: è peggiore del 2009

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UDINE. I numeri raccontano in modo implacabile come sono cambiati, in peggio, i consumi e gli stili di vita sotto i colpi della pandemia e anche della nuova frontiera e-commerce.

Più della metà delle famiglie del Friuli Venezia Giulia ha dovuto modificare le proprie abitudini riducendo sprechi ed eccessi o rinunciando all’acquisto di beni e servizi.

Le famiglie hanno reagito non solo con i risparmi, ma anche privilegiando un’oculata attenzione verso offerte e occasioni. Insomma, il Covid ha picchiato duro causando una crisi senza precedenti nel periodo post-bellico (più pesante di quella registrata nel 2008-2009), come emerge dal “Libro bianco 2021”, presentato nel Palazzo della Regione a Udine.

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La ricerca è stata promossa da Federconsumatori e Adiconsum, puntando su rete distributiva e comportamenti dei consumatori in Friuli Venezia Giulia. È stata finanziata dalla Regione e curata da Alessio Fornasin e Gian Pietro Zaccomer, dell’università di Udine, in sinergia con l’ateneo di Trieste e con la Swg, il cui direttore di ricerca Rado Fonda ha spiegato la modalità dell’indagine.

Si tratta di 4 rilevazioni, ciascuna con 600 intervistati maggiorenni, campioni che per età, genere, titolo di studio, Province, rispettano verosimilmente le proporzioni del censimento. Misto il metodo di rilevazione, online e telefonico, effettuata nel marzo 2021.

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Quattro le tematiche affrontate: situazione economica, rete distributiva, adeguatezza del sistema del commercio e consapevolezza dei diritti del consumatore. L’analisi ha rilevato nettamente l’impatto della pandemia che ha colpito la produzione interna italiana con una caduta del Pil 2020 dell’8,9%. E i consumi delle famiglie sono diminuiti del 10,7%, gli investimenti lordi del 10%.

Famiglie in difficoltà

Davanti alla pandemia, una famiglia su due in Fvg ha dovuto giocare in difesa: nel campione delle oltre 600 intervistate per l’indagine, il 14,2% ha modificato in modo consistente i consumi e il 39,6% in modo più lieve, per una percentuale complessiva pari al 53,8%. Riduzione di sprechi ed eccessi (56%), rinunce ad acquisti impegnativi (42%), ricerca di promozioni (39%), ricorso a internet per motivi di prezzo (26%) e a negozi diversi (23%) sono state le reazioni più diffuse. Risparmio, ristorazione, abbigliamento, cultura e tempo libero sono stati invece gli ambiti di spesa più “tagliati”.

Periferie penalizzate

Interessanti i giudizi sulla rete distributiva. Un parere generalmente positivo (per il 92% delle famiglie) è giunto sia sull’accessibilità sia sulla disponibilità di beni e servizi nella rete commerciale, anche se il 38% delle famiglie non è in grado o ha scarse possibilità di raggiungere negozi a piedi, e addirittura una famiglia su due (il 52%) ha difficoltà a raggiungerli utilizzando i mezzi pubblici.

Dati, questi, che confermano la progressiva scomparsa dei negozi di vicinato, in calo anche come appeal: il 62% delle famiglie li giudica cari, contro il 29% che esprime una valutazione negativa sui prezzi della grande distribuzione, anche se nello stesso tempo si ritengono più tutelati in termini di informazioni sui prodotti quando si rivolgono al negozio di quartiere.

Boom e-commerce

Nella sfida tra grande distribuzione e negozi medio-piccoli emerge in modo sempre più evidente un terzo aspetto, che continua a erodere quote di mercato al commercio tradizionale. Si tratta dell’e-commerce. Quasi tre famiglie su quattro (il 72%) hanno fatto acquisti in rete a novembre e dicembre 2020. In testa ai prodotti più acquistati, nell’ordine ci sono l’elettronica (telefoni compresi), libri e supporti multimediali, l’abbigliamento e i prodotti per la cura della persona.

Al quinto posto gli articoli per lo sport e il tempo libero. Giudizio positivo sulla qualità del servizio di consegna (92% di utenti molto o abbastanza soddisfatti), sul livello di informazione sui prodotti venduti in rete (91%) come anche, sia pure con una percentuale di soddisfatti un po’ più bassa (85%) sulla tutela in caso di acquisto errato o di vizi del prodotto.

Chilometro Zero

Spunti interessanti sono arrivati dall’indagine anche in merito alle preferenze riservate ai prodotti locali. Largamente certo preferiti (dall’86% delle famiglie) a parità di costo, vengono però giudicati più cari rispetto a quelli provenienti da zone maggiormente lontane: il 50% li considera infatti più costosi, contro il 39% che non riscontra sostanziali differenze e un modesto 10% che li giudica invece più convenienti. 

© RIPRODUZIONE RISERVATA




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