Il caso giudiziario di Lelio Luttazzi: «Fu come un sequestro di Stato»
«Lelio Luttazzi, nel 1970, fu vittima di una tremenda ingiustizia giudiziaria. Oggi sembra fantascienza, ma Lelio è stato quasi un mese in carcere senza nemmeno poter parlare con il suo difensore. Non solo era innocente, ma estraneo ai fatti: eppure, a stento sapeva di cosa era accusato». Ha le idee chiare Santino Mirabella, giudice per le indagini preliminari al Tribunale di Catania e scrittore, che ha rianalizzato l’assurdo errore giudiziario che stravolse la vita di Lelio Luttazzi in un libro, "L'Illazione" (Lelio Luttazzi, una vita vissuta in swing), pubblicato da Dario Flaccovio Editore (pagg. 196, euro 18).
Il volume, che l’autore presenterà giovedì 23 settembre alle 18 al Savoia Excelsior Palace di Trieste, è prima di tutto un omaggio alla figura insostituibile di Luttazzi, «un idolo della mia giovinezza. Lelio per me rappresentava non solo il varietà, ma in generale la televisione. Era musicista, compositore, conduttore, scrittore, attore: non c’è cosa che non abbia fatto bene».
Mirabella ha raccolto le voci di chi ha conosciuto e amato il Maestro, dalla moglie Rossana a Pippo Baudo e poi, tra gli altri, anche Maurizio Costanzo, Rossana Casale, Christian De Sica, Roberto Vecchioni e Lina Wertmüller. Ma, da giudice, ha anche ripreso in mano le carte di quella kafkiana incarcerazione iniziata da una telefonata a casa Luttazzi, una mattina di marzo del 1970. “Risponde la donna di servizio, Lelio sta ancora dormendo”, racconta il libro. “Dall’altro capo del filo c’è Walter Chiari, amicissimo di Lelio, che chiede di parlargli.
La cameriera gli dice che il maestro dorme, e allora Walter le spiega di essere a Bologna e di non riuscire a mettersi in contatto con un certo numero telefonico di Roma; vorrebbe così che ci provasse Lelio e che dicesse al suo interlocutore di chiamarlo a Bologna”.
Al risveglio, Luttazzi non ci pensa due volte a fare quel piccolo favore all’amico, e con estrema tranquillità telefona. Passa il messaggio di Walter all’interlocutore, che però gli chiede: «Ma lei ha bisogno di qualcosa?». Luttazzi risponde: «E di che cosa?». «Lo chieda a Walter», conclude l’uomo.
La chiamata si chiude. Due mesi dopo, la polizia circonda la casa di Luttazzi e lo conduce in caserma, senza nemmeno spiegargli perché. Nel capo d’imputazione del mandato di cattura, che il libro riporta, si legge che Luttazzi e Chiari erano accusati di detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti: secondo il documento, la connessione del Maestro con i fatti starebbe solo in quella telefonata, perché lo sconosciuto interlocutore era in realtà lo spacciatore Lelio Bettarelli. «Il mio non è un libro giuridico, ma il mandato di cattura era una bestialità, diceva cose che non stavano in piedi nel merito», commenta Mirabella.
«La conversazione potrà anche aver indotto un sospetto, ma con quella sola intercettazione arrestare una persona è follia». Luttazzi rimase 27 giorni in carcere, in una cella di tre metri per uno: «Il problema è anche nelle leggi dell’epoca: in generale, anche nei confronti dei colpevoli, era assurdo che una persona fosse sequestrata dallo Stato senza poter parlare col proprio avvocato. In quanto a civiltà, non solo giuridica e giudiziaria, siamo alla follia», dice Mirabella. «Lelio poi non solo era innocente, ma completamente estraneo ai fatti. Una disavventura simile è successa a Enzo Tortora anni dopo: purtroppo ci vuole la vittima famosa per sollevare il coperchio sui diritti. Tortora era molto più forte e grintoso e ha voluto battagliare, invece Lelio subì una forma di depressione con la quale ha combattuto per tutta la vita».
Le sue memorie dal carcere sono diventate il libro “Operazione Montecristo”, al quale si è ispirato il film-denuncia “Detenuto in attesa di giudizio” con Alberto Sordi, e più tardi Luttazzi rielaborò il suo sconcerto nei confronti dei magistrati anche nel film “L’illazione”, girato negli anni ’70, rimasto inedito e riportato alla luce dalla moglie Rossana con una presentazione al Festival del Film di Roma nel 2011.
Dopo la scarcerazione Luttazzi tornò a lavorare in Rai nella sua celeberrima trasmissione radiofonica “Hit Parade”, ma l’amarezza fu tale che decise pian piano di allontanarsi dallo spettacolo. A ferirlo era stato anche il comportamento di Walter Chiari, che non l’ha mai scagionato né si è mai scusato: «È stata una vigliaccheria», dice Mirabella. «Forse Chiari non voleva rovinarlo, ma ha usato Luttazzi come paravento per sfruttare la sua figura di specchiata onestà. Anche se Lelio è stato riaccolto in Rai, quell’accusa infondata non ha mai smesso di fargli male. In questo mio libro volevo che si mettesse nero su bianco che Lelio, l’onore, non l’aveva mai perso».