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Сентябрь
2021

Belgrado, telecamere made in Cina. L’accusa: vita dei serbi controllata

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BELGRADO. Tutti controllati, senza distinzioni, dai tentacoli occhiuti di un “Grande Fratello” alimentato da tecnologia cinese, con il via libera legislativo delle autorità nazionali. È l’inquietante scenario verso cui muoverebbe la Serbia, Paese balcanico in corsa per l’adesione alla Ue, ma al tempo stesso fedele alleato di Mosca e di Pechino.

Serbia – la denuncia arriva dall’autorevole Share Foundation – dove sarebbe imminente l’introduzione di una legge per la «sorveglianza totale» dei cittadini «negli spazi pubblici», ha denunciato la fondazione, da anni in prima fila sul fronte dei diritti nell’era digitale. L'accusa dell'organizzazione arriva dopo l’apertura ufficiale del pubblico dibattito sulla bozza della cosiddetta “legge sugli affari interni”, che contiene anche commi relativi alla sorveglianza biometrica con telecamere a riconoscimento facciale degli spazi pubblici in tutta la Serbia, Paese la cui capitale, Belgrado, pullula già di camere adatte allo scopo, installate dal colosso cinese Huawei.

Secondo le denunce di attivisti e della stessa fondazione, le telecamere Huawei non avrebbero alcuna base legale per operare il riconoscimento facciale delle persone. Ciò potrebbe cambiare con la legge in cantiere, che di fatto sdoganerebbe in Serbia – primo Paese europeo a farlo - una sorveglianza di massa pervasiva e «indiscriminata» su tutti i cittadini. Sorveglianza che presenta però lati oscuri.

Le tecnologie “made in China” adottate dalla Serbia «sono estremamente intrusive della privacy dei cittadini e hanno conseguenze potenzialmente drammatiche sui diritti umani e le libertà», oltre che sul funzionamento di «una società democratica», ha stigmatizzato la fondazione Share, ricordando che Nazioni Unite e Unione europea hanno chiesto massima attenzione sulla sorveglianza biometrica utilizzata dalla polizia e dai servizi di sicurezza.

Si marcia invece controcorrente a Belgrado e potenzialmente in molte altre città serbe, che potrebbero copiare il sistema già installato nella metropoli. «La Serbia va pericolosamente nella direzione opposta» dell'Europa, la critica del network di Ong europee Edri. Anche l’europarlamentare verde Gwendoline Delbos-Corfield ha chiesto a Belgrado di fare marcia indietro. 

© RIPRODUZIONE RISERVATA




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