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Сентябрь
2021

Anna Wintour fa lezione in Bocconi

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Anna Wintour fa lezione in Bocconi
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Anna Wintour fa lezione in Bocconi

Il colpo di scena arriva alla fine. Quando Anna Wintour, Chief Content Officer Condé Nast e Global Editorial Director of Vogue, ospite nell’aula magna della Bocconi di Milano, assieme Edward Enninful, Editor in chief British Vogue e European Editorial Director Vogue, Simone Marchetti, direttore di Vanity Fair Italy e European Editorial Director Vanity Fair, e Francesca Ragazzi, Head of Editorial Content di Vogue Italia, per una lezione sull’editoria, scende tra gli studenti.

L’incontro ufficialmente è già finito. Qualcuno comincia ad andarsene. Ma lei, che ha appena spiegato come nella vita sia importante «non avere paura e prendere dei rischi», torna indietro, scende dal palco e si fa circondare da una marea confusa ed entusiasta di bocconiani. E risponde così, a braccio, alle loro mille curiosità, mentre i ragazzi girano video e scattano foto freneticamente con i loro smartphone. Gli studenti si fanno largo a forza, vogliono vederla da vicino, ascoltare la sua voce, la voce di una donna che è diventata leggenda, e capire da lei quale sarà il futuro dell’editoria, del fashion: il loro futuro.

«Grazie a tutti per avermi invitato oggi. È meraviglioso essere qui di persona dopo quasi due anni trascorsi su Zoom». Era stata sempre lei, Anna Wintour, ad aprire l’incontro con un discorso toccante e ispirato. A introdurre la lezione il rettore Gianmario Verona e dialogare con i direttori, le professoresse della Bocconi Paola Cillo (Associate Dean for Research, SDA Bocconi), Gabriella Lojacono (direttore EMiLUX, SDA Bocconi) e Emanuela Prandelli (direttore MAFED, SDA Bocconi).

«La pandemia», ha proseguito Anna Wintour, «ha cambiato tanti aspetti della nostra vita, le nostre abitudini, le nostre routine, i nostri modi di lavorare. Abbiamo dovuto ripensare a tutto ciò che una volta davamo per scontato, ed è diventato chiaro che la velocità frenetica a cui molti di noi erano abituati semplicemente non è salutare. Rallentare è una cosa necessaria. Abbiamo tutti bisogno di creare connessioni più significative nelle nostre vite professionali, personali e creative. E dobbiamo pensare a cosa potremmo cambiare mentre torniamo si spera, a una parvenza di normalità».

Un intervento nel quale ha spaziato dal futuro della nostra società, al ruolo di Condé Nast e alla necessità del cambiamento, dai suoi mentori, all’importanza dei nuovi mezzi e di un’informazione che diventa sempre più globale.

«In Condé Nast», ha detto, «vogliamo creare comunità non solo con i nostri colleghi ma anche con il nostro pubblico, ed è qui che entrano in gioco le grandi storie, il giornalismo e la creazione di immagini. Il miglior lavoro creativo, un lavoro stimolante, innovativo e sorprendente, crea un senso di connessione: un legame. Il pubblico vuole essere colpito ed emozionato da ciò che legge e vede e quando lo è, si sente coinvolto e torna per saperne di più. Il pubblico è globale. Vuole storie che parlino delle vite che sta vivendo ma anche racconti che catturino l’ampiezza del mondo. Quello che conta è raccontare una storia. Sulla cover del magazine o su Internet, quello che conta è la storia e il modo in cui racconti. Devi essere, incisivo, diretto e chiaro. Nulla è più irritante per noi ma anche per il pubblico che guardare un video, una foto o leggere un pezzo e non capire cosa si sta cercando di dire».

Questa fase, spiega ancora Anna Wintour, è solo l’inizio di una rivoluzione basata sui grandi valori della Condé Nast: diversity, inclusivity, comunity, creativity respect e quello che fa la diversità è la qualità. «Questo è solo il punto di partenza, ed è tutto estremamente eccitante. Sono in questo business da molto tempo e vengo da una famiglia di giornalisti. Mio padre era l’editore dell’Evening Standard e ricordo quando lasciò la famiglia durante una vacanza a Venezia per inseguire una sua storia. Oggi quel mondo del giornalismo conta ancora, ma è diventato molto più grande. E le opportunità sono molto più entusiasmanti».

Dello stesso parere Edward Enninful. «In passato avevamo solo un modo di comunicare, essenzialmente il magazine, adesso ci sono così tante piattaforme: il sito, i social, i video, l’audio. Oggi il mondo è così diverso e i nostri contenuti vengono amplificati e devono adattarsi alle diverse piattaforme. Non solo, noi siamo in un nuovo mondo. Dobbiamo guardare le cose in modo differente. Dobbiamo dare spazio a persone di età diversa, di taglie diverse. Quello che ci hanno insegnato il movimento Back Live Matters e il Me Too è che deve avvenire un vero cambiamento. Bisogna assumere persone nere, bisogna che lavorino dietro le quinte, servono borse di studio. È facile metterle negli show o nelle pubblicità ma noi abbiamo bisogno le persone dietro le quinte. Una moltitudine di voci può spiegare meglio il mondo di una singola visione. Anche sul lavoro, ogni giorno è uno scambio continuo: insegno ai miei colleghi, al mio team, ma anche imparo moltissimo da loro».

Condivide le sue parole Francesca Ragazzi, fresca Head of Editorial Content di Vogue Italia, che spiega quanto sia entusiasmante lavorare con dei team internazionali e come sia importante «realizzare dei contenuti veri e pieni di senso. Se tu non senti questa verità il racconto perde di significato e di potenza».

Simone Marchetti ricorda anche come la Condé Nast sia da sempre un luogo di pionieri. «Io penso che oggi più di sempre bisogna essere dei pionieri. Quando è arrivata la pandemia una cosa è stata chiara: quando le cose vanno peggio, l’unico modo per farle andare meglio è sognare più in grande. Ed è quello che abbiamo fatto l’anno scorso con Vanity Fair: non possiamo mettere delle star del cinema in cover? Chiediamo a un regista vincitore di un premio Oscar di dirigere il magazine. Non possiamo mettere un musicista perché non si fa musica? Chiediamo a un artista straordinario di rappresentare quello che stiamo vivendo. E così è nata la nostra bandiera strappata. Questo è il nostro compito oggi: essere pionieri».

Essere pionieri, senza paura dei cambiamenti. Senza paura degli errori. Perché come ci insegna, ancora una volta, Anna Wintour: «Tutti facciamo degli sbagli, perché la vita non è perfetta, ma a volte si impara di più dagli sbagli che dai successi».




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