Unicorni. Elon Musk. Vecchi meme come il cane Doge. Oppure imbarazzanti render 3D mescolati a palme e altri riferimenti un po’ Y2K. Gli NFT sono spesso così: un po’, come dire, particolari, termine caro a chi non vuole scrivere «brutti». Eppure, tecnicamente, qualsiasi immagine – o contenuto multimediale – può essere trasformato in NFT. Questi Non-Fungible Token non sono che contratti digitali sulla blockchain che attestano la proprietà di un dato contenuto a una determinata persona.
E allora, se tutto può essere NFT, perché la community crypto sceglie di coniarne di così, ancora, particolari?
Un adagio di questo settore sostiene che la sfera crypto si trovi oggi nel momento in cui il web era nel 1997: un periodo di crescita esponenziale e caotica, accompagnata da polveroni mediatici, grandi promesse e qualche truffa. Oltre a questa nude si intravede Il Futuro, che, agli occhi degli entusiasti degli NFT, ha un che di fantascientifico: non è un caso che tra i principali sostenitori del metaverse, il presunto nuovo stadio dell’evoluzione digitale, ci siano proprio gli esperti del crypto. Superfici lisce, luminose, tecniche di composizione e colore sfrontate: tutto quel che c’è di nuovo viene usato, anche a sproposito, perché è il nuovo a trainare il movimento stesso.
E se fosse questa la grande unica risposta al nostro arcano? Gli NFT sono particolari anche perché ricordano i primissimi tentativi di net art, ingenui ed esagerati, decisi allo strappo con l’ancien régime di tempere e pennelli. Un artista, oggi, potrebbe quindi dipingere un ritratto ad acquerello, fotografarlo e procedere al suo minting sulla blockchain, creando un NFT; ma che gusto c’è a navigare un oceano inesplorato usando le vecchie mappe?
Tutto ebbe inizio con Beeple
Gli NFT sono stati catapultati sulle prime pagine di molti giornali a inizio 2021, quando l’artista digitale Beeple ha venduto per 69,3 milioni di dollari l’opera EVERYDAYS: THE FIRST 5000 DAYS, 2021, in un’asta tenuta da Christie’s.
EVERYDAYS: THE FIRST 5000 DAYS, 2021, di Beeple.jpg
Un prezzo notevole, specie se si ricorda che si riferisce a un’immagine digitale che è visibile da chiunque (ma è posseduta veramente solo da chi l’ha comprata, vabbè). Il prezzo è però importante anche in quanto numero, perché ci ricorda un’altra influenza dell’estetica NFT: il LOL da internet. 69 milioni di dollari è un prezzo-burla perché 69 è un numero divertente a causa di un doppio senso a sfondo sessuale che a quanto pare va ancora fortissimo anche tra gli adulti. Insieme a 420 – numero caro agli amanti dei cannabinoidi – 69 è un numero che fa ridere. Anche quando è seguito da sei zeri.
Di quanto sia profonda l’arte di Beeple ha già detto tutto Ben Davis su Art Net News, studiando l’oeuvre di Mike Winkelmann, l’artista quarantenne che si nasconde dietro allo pseudonimo. Il suo EVERYDAYS raccoglie infatti le cinquemila opere che ha realizzato disegnando ogni giorno a partire dal primo maggio 2007. Dentro, ovviamente, c’è di tutto: opere più recenti e «ambiziose», vignette satiriche discutibili, disegni di due uomini neri con la scritta «è divertente disegnare le persone nere!». Cinquemila giorni che raccontano anche la storia della discussione online, tracciandone un ritratto piuttosto pietoso.
Parte della collezione EVERYDAYS: THE FIRST 5000 DAYS di Beeple.jpg
L'arte oltre Beeple
Ma se c’è arte tra gli NFT, a mio avviso, bisogna andare oltre Beeple, e guardare su piattaforme come OpenSea, una galleria d’arte digitale il cui archivio sembra dimostra la fascinazione della crypto-arte per gli elementi più legati al mondo dei computer e di internet: pixel art, riferimenti a videogiochi o a prodotti culturali da nerd (come gli anime). Un’arte da nerdoni per nerdoni, potremmo dire, almeno in questa fase in cui il settore è ancora condizionato dagli early adopter.
I riferimenti sono quelli di una persona attenta alla tecnologia, probabilmente di sesso maschile, amante dei videogiochi e di Rick & Morty: un utente Reddit, insomma. Questo identikit viene in qualche modo confermato dal caso di Loot, recente progetto di grande successo in cui gli NFT non sono altro che dei box con del testo che descrive l’equipaggiamento di un personaggio. Un guerriero, un esploratore. Siamo nel campo dei giochi di ruolo (videogame o da tavolo, altra passione di questa area demografica).
Se il crypto sta vivendo la fase attraversata dal web nel 1997, allora le cose cambieranno in fretta. Anzi, saranno già cambiate nel momento in cui questo articolo sarà uscito. Successe anche alla Rete, all’inizio popolata da persone dedite all’informatica e poi sempre più affollata di gente «qualunque»: gli early adopter lasciando sempre il passo agli utenti normali. Noi, voi, il mondo intero.
Teenager Yoda di Beeple.jpg
Cosa aspettarsi dal futuro della crypto arte
Nel caso del World Wide Web, il momento di crisi doveva durare solo un mese, quello di settembre 1993, quando AOL cominciò a offrire il servizio di navigazione Usenet a tutti i suoi utenti, stravolgendo il fragile ecosistema dei «pionieri» digitali. Nel giro di pochi giorni i forum in cui tutti si conoscevano – o quasi – e tutti condividevano lo stesso terroir, si riempirono di… turisti. Novellini. Newbie. O barbari, a seconda dei punti di vista. Nulla fu più lo stesso, ovviamente: quella «crisi» non rientrò mai, dando origine a quello che viene definito «il settembre eterno» di internet, che stiamo ancora vivendo.
Qualcosa di simile succederà anche agli NFT – e a tutto il mondo crypto? Per l’amore del bello verrebbe da augurarselo: ci piace pensare che la crypto arte non abbia raggiunto l’apice con un tizio chiamato Beeple.