Manfredini, l’artista pazzo d’amore che illustrò la Commedia di Dante
Il 31 maggio 1907, nell’Ospedale Psichiatrico di Milano, nella sede di Mombello, moriva Manfredo Manfredini, artista di neppure ventisei anni, tisico, in pieno marasma ed arso d’amore folle e non condiviso per la soprano ucraina Salomea Kruscenisky, che inseguiva da mesi come un moderno stalker. Portava con sé armi e il vetriolo per sfigurare Salomea, fatale come la Salomé di Erode. Si legge per lo più che Manfredo era un pittore fiorentino: falso, nacque ferrarese, artista ma altresì pure un letterato. Lo si ricorda – lui, presto dimenticato ma degno di nota – nella mostra di sue opere allestite nella Residenza Municipale di Ferrara, che ha Dante al centro dell’idea del curatore Lucio Scardino.
L’INTRECCIO
Dante perché lo si celebra nei 700 anni dalla morte, Dante perché Manfredini entrò nella storia della Commedia con le sue illustrazioni per una edizione dell’editore Nerbini di Firenze, cui contribuì anche semplificando la poesia dantesca per i lettori più giovani, Dante perché al tempo di Manfredo le tombe degli avi ferraresi di Dante erano appena state riscoperte in S. Maria Nuova. Manfredo era figlio di Odoardo Manfredini (schiatta diramata in diversi ceppi in varie regioni, alcuni dei quali nobili: un Manfredo Manfredini fu ambasciatore a Firenze per il duca Alfonso I d’Este) e soprattutto di Marietta Barbi Cinti, erede di una antica famiglia di Ferrara nota per la formidabile collezione d’arte che conservò presso di sé fino al 1893, quando fu ceduta alla Pinacoteca di Brera non senza onta e critiche. Poco prima di scrivere questa brutta pagina, per evitare il disprezzo dei ferraresi, Odoardo e i suoi si trasferirono armi e bagagli ad Ancona prima, e poi ad Urbino. Manfredo studiò arte e poesia anche a Firenze, dove intorno al 1907 Nerbini gli affidò i fascicoli settimanali dedicati alla Commedia, un sistema popolare ed economico di accesso all’opera.
LA MOSTRA
Lo stile di Manfredo è visionario e minuzioso, ancora da vagliare nelle linee ideali, inoltre non è semplice capire quale contributo abbia dato all’edizione Nerbini colui che subentrò nel suo completamento, quando Manfredo venne a mancare, cioè Tancredi Scarpelli (1866-1937) disegnatore scafato ed esperto. Di solito Manfredini viene accostato al grande Gustave Doré (Strasburgo 1832 - Parigi 1883) che nel 1861 illustrò magistralmente la Commedia, ma il raffronto irrita la critica più recente, sparuta ma decisa.
Certo la mostra, che durerà fino al 22 ottobre 2021 chiarirà anche questi aspetti, a partire dal catalogo, Manfredo Manfredini e il mito di Dante tra ’800 e ’900, curato da Scardino e Filippo Manvuller. Alla vernice della mostra erano presenti l’assessore Marco Gulinelli, Lucio Scardino, il presidente di Ferrara Arte Pietro Di Natale (che ha anticipato future mostre, una delle quali dedicata a De Pisis, pronta fra un mese) mentre Vittorio Sgarbi, autore della postfazione del catalogo, si è collegato in video da Roma. Sgarbi ha sottolineato di essere stato entusiasta di ritrovarsi animatore di questa iniziativa, che ha accettato “a scatola chiusa”. Poi ha aggiunto: «A Manfredini sarà dedicata anche una sezione del “museo della Follia” che si aprirà in Palazzo dei Diamanti nel 2022». Lanciata anche una pagina Wikipedia per portare fuori dall’oblio l’artista dimenticato. La mostra sarà visitabile tutti i giorni dalle 8 alle 17. Ingresso gratuito.
Micaela Torboli
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