Gkn, una speranza dal caso Whirpool
FIRENZE. C’era grande attesa per l’intervento del presidente del Consiglio Mario Draghi agli stati generali di Confindustria. Attesa per la vertenza Gkn, la fabbrica fiorentina dell’automotive proprietà del fondo inglese Melrose diventata simbolo della lotta operaia contro le delocalizzazioni selvagge. I 422 dipendenti dello stabilimento sono stati licenziati con una mail: era il 9 luglio, da allora quasi tre mesi di mobilitazione permanente, cortei e la vittoria, lunedì scorso in tribunale, con la condanna dell’azienda per comportamento antisindacale. Ora le sorti di Gkn sono legate alle prossime mosse del governo.
Ma Draghi di Gkn non ha parlato. Né del decreto antidelocalizzazioni presentato dal ministro del lavoro Andrea Orlando (Pd) e dalla viceministra pentastellata Alessandra Todde, un provvedimento che divide il governo tra falchi e colombe. Il ministro leghista Giancarlo Giorgetti, in un’intervista al Tirreno ha auspicato l’arrivo di un compratore per la fabbrica di Campi Bisenzio da integrare con una partecipazione statale. Una soluzione simile a quella raggiunta ieri alla Whirpool di Napoli, un’altra fabbrica alle prese con un licenziamento collettivo.
Un successo, lo definisce Alessandra Todde, che ha seguito la trattativa. «L’ingresso delle prime cinque aziende all’interno di un consorzio partecipato da Invitalia» è riuscito a riaprire la speranza. Bloccati i licenziamenti fino al 15 ottobre e tavolo convocato al ministero il 28. Troppo presto per fare dei parallelismi con Gkn. La palla è in mano al governo. Lo dice chiaro il segretario nazionale della Fiom, Michele De Palma. «C’è una responsabilità immediata del governo che deve intervenire sull’azienda, un’azienda che non si è mai presentata al tavolo del ministero mandando anche all’ultima trattativa un legale. Servono strumenti legislativi d’urgenza che impediscano al fondo di volatilizzarsi». Il riferimento va al decreto anti-delocalizzazioni. La proposta Giorgetti? «Per noi la dignità è il lavoro. E a Gkn il privato c’è già, è il fondo Melrose che ha una responsabilità d’impresa. Se il ministro ha altre idee le spieghi al tavolo della trattativa».
Il silenzio di Draghi ha avuto diverse chiavi di lettura. Applausi da Confindustria, che ha acclamato l’ex governatore della Banca centrale europea. Il presidente Carlo Bonomi ricorda che «Confindustria è stata la prima a sostenere che licenziamenti via mail o whatsapp non sono una strada percorribile. Se la logica del decreto delocalizzazioni è questa viene meno per quel che ci riguarda la necessità di un decreto». In ogni caso chiede «di evitare logiche punitive, facendo prevalere la possibilità di sedersi intorno a un tavolo per trovare le soluzioni. Basta però – ha aggiunto con un riferimento alla vertenza Gkn – che poi tutte le parti decidano di sedersi veramente a quel tavolo. Cosa che talvolta non avviene».
Apertura anche da parte del ministro del Lavoro Andrea Orlando, che vede nell’invito di Draghi a un patto sociale un’apertura strategica. E propedeutica a una soluzione della crisi. «Sostengo da sempre quest'esigenza – commenta Orlando – credo che su temi come politiche industriali, welfare o politiche attive sia necessario un accordo strategico che metta insieme tutte le forze e consenta al Paese di guardare oltre la contingenza».
Gelo dalla Fiom: «Sia Draghi che Bonomi si fanno forti di impegni futuri, ma sono firmatari di un patto già firmato. È su questo che si deve trattare».
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