A Mantova la spinta di TedX: il cambiamento è ancora possibile se tutti lo cerchiamo
Dito puntato contro l’indifferenza: «Non è più il momento di fare finta di niente, serve un movimento dal basso»
MANTOVA. Le note di Marco Remondini e l’arte multiforme del burattinaio Giorgio Gabrielli hanno aperto la terza edizione di TEDx Mantova al teatro Sociale. L’evento è cominciato con i saluti di Paolo Braguzzi, uno degli ideatori, chiamato sul palco dal maestro di cerimonie, Diego Fusari. Braguzzi ha ricordato l’obiettivo dei TEDx: «Andiamo in giro a scovare speaker che possano portare un contributo di riflessione, idee che muovano all’azione per contribuire al progresso delle nostre comunità».
Si parte da un punto fermo: è possibile cambiare le cose attorno a noi. Ne è convinta la prima speaker, Martina Panisi, biologa della conservazione. Lavora per proteggere gli invertebrati, molti dei quali stanno scomparendo. «La diversità della vita non è un’interminabile dispensa e noi siamo più dipendenti da questi piccoli esseri viventi di quanto immaginiamo. Guardiamoci attorno: c’è sempre qualcosa da salvare. Fermiamoci a capire cos’è importante».
L’ha fatto Gianluca Pandolfo, manager di Patagonia, che prima di incontrare i fondatori dell’azienda, Yvon Chouinard e la moglie Malinda Pennoyer, pensava che i diciassette obiettivi di sviluppo sostenibile fossero astratti. «Grazie a loro ho capito – ha raccontato – che non è più il momento di fare finta di niente. Perfino la scienza non può garantirci la sopravvivenza. E il sistema attuale non è in grado di cambiare le regole senza una spinta dal basso».
Francesco Sottile, tecnico della fondazione Slow Food per la biodiversità, è partito da una tazza di tè rifiutata per raccontare del pepe di Rimbas, presidio Slow Food della Malesia. Prodotto senza chimica grazie alla testardaggine di Sottile, che ha insegnato ai contadini un’alternativa ai concimi. «La transizione ecologica è possibile – dice – e può diventare contagiosa». Oltre che necessaria per il nostro benessere. Visto che, come ha spiegato la psicologa ambientale Rita Trombin, la disconnessione con la natura può farci male. «La mia missione – dice – è proteggere il nostro legame con la natura, anche grazie al design bio-filico».
Il foto-giornalista Tommaso Protti ha portato il pubblico in Amazzonia. La sua, però, è una chiave di lettura differente: «Non c’è il romanticismo della terra incontaminata con popoli incivili che vivono nudi. La mia Amazzonia è povertà, miseria, violenza. Ma è impossibile preservare la natura senza combattere le disuguaglianze alla base dei crimini».
Con l’immunologo-virologo Guido Poli si è riflettuto sulla ricerca scientifica, «l’unica arma che può tirarci fuori dalla pandemia». Poli ha anche messo in guardia da una seconda pandemia: l’infodemia. Vincenzo Linarello, in chiusura, è andato in Calabria, dove il gruppo cooperativo Goel sta dando filo da torcere all’’ndrangheta. Come? Grazie a un’economia etica che sa anche essere efficace «e non prerogativa di pochi eroi masochisti». Anche questo è sviluppo sostenibile