Spari contro tre bus e numerose vetrine, ecco cosa sappiamo di chi sta terrorizzando Padova

PADOVA. Da settimane Padova vive un incubo. C’è qualcuno, o un gruppo di persone, che si diverte a colpire vetrine e infrangere i finestrini dei bus in transito. La mappa finora indica un colpo sparato contro l’ufficio dell’area di servizio Agip di via Vicenza, sei contro la vetrina di un negozio sfitto al civico 16, uno contro l’ingresso del bar Tinto. Poi c’è la pensilina dei bus crivellata di colpi (ad inizio febbraio) e per questo sostituita. Sabato 6 marzo colpito un bus in riviera Tito Livio. Il giallo c'è, il mistero regge ma stavolta i dubbi sulla traiettoria sono davvero pochi. Il colpo è stato esploso (o lanciato, nel caso in cui si tratti di un oggetto) da sotto i portici della Banca d'Italia. Stavolta la scena è circoscritta, gli esperti balistici non si devono confrontare con un campo aperto come in via Chiesanuova.

PRIMO EPISODIO. E' il 7 dicembre scorso e il bus della linea 22 sta arrivando al capolinea di Torre. Improvvisamenti va in frantumi un vetro centrale del pullman. Si ipotizza che siano state usate biglie o palline di acciaio. Non succede altro fino al 7 febbraio scorso, quando un proiettile o una biglia buca la vetrina del bar Tinto di via Vicenza, ai piedi del cavalcavia. Ad accorgersene un cliente che l’ha segnalato al gestore Daniele Marchioro. Nessun ferito ma si capisce subito che l’oggetto sparato ha una forza elevata. Si ipotizza uno sparo da un’auto in corsa con la vetrina che dista una ventina di metri dalla strada. «È successo e siamo increduli» testimonia Daniele Marchioro, il titolare. «Un cliente ha visto il buco rimasto nel vetro. Certo, per riuscire a trafiggere la vetrata dalla strada, significa che quell’arma ha una gittata considerevole».

SECONDO EPISODIO. E’ il 24 febbraio e si inizia a capire che la faccenda è complicata. Tra le 18 e le 19 un colpo viene sparato contro un’area di servizio di via Vicenza ai piedi di un cavalcavia. Il gestore Michele Sattin è incredulo. “Ero in ufficio, c’era la porta aperta. Improvvisamente ho sentito un sibilo e, subito dopo, un rumore metallico», racconta il benzinaio. Un pallino di piombo si è incastrato nella parete del suo ufficio. Il primo intervento l’ha fatto la polizia municipale di Padova, che già stava indagando sulla pensilina crivellata dall’altra parte della strada.

«Sparano da una macchina in corsa, questo è ciò che sospettano gli investigatori» rivela Sattin. «Presumono che uno guidi e il passeggero spari con un’arma ad aria compressa. Tutto questo è pericolosissimo». Inoltre ben sei colpi sono stati sparati sempre in via Vicenza, contro l’edificio al civico 16, dove ci sono alcune vetrine di negozi sfitti.

TERZO EPISODIO. Si tratta del primo caso che riguarda un bus di linea. A distanza di tre mesi da un episodio analogo a Torre, il danneggiamento si ripete. Stavolta (il 22 febbraio) viene preso di mira un mezzo della linea 10 davanti al cimitero di Chiesanuova. Qualcuno ha lanciato un sasso o, comunque, un oggetto contundente che ha frantumato un finestrino. Grida di spavento dei passeggeri e l’autista costretto a una brusca frenata. Probabilmente il colpo è partito da una zona piena di cespugli. Dietro i quali si sarebbe nascosto l’autore del gesto.

QUARTO EPISODIO. Ore 19 di sabato 6 marzo, pieno centro cittadino. Il bus 13 con capolinea ad Altichiero percorre riviera Tito Livio e, poco dopo essere passato davanti alla Questura, arresta la sua corsa alla fermata. A bordo ci sono una decina di persone, ne sale una in più. L'autobus parte ma subito dopo l'autista sente un rumore. «Mi sembrava lo scoppio di un petardo», dirà poi alla polizia. Ma i petardi non c'entrano. Il segno di ciò che è stato è ben chiaro sul montante tra un finestrino e l'altro. Il colpo sparato dall'esterno ha innescato la classica ragnatela ma il vetro non è andato in frantumi.

Si è espanso proprio nella direzione da cui proveniva il proiettile (o l'oggetto contundente), probabilmente grazie a una speciale tecnologia con cui vengono realizzati i finestrini dei mezzi pubblici, con l'obiettivo di non farli mai esplodere contro i passeggeri. Nulla è stato trovato a terra, ma il buco somiglia molto a quelli trovati sulle vetrine di via Vicenza.

LE INDAGINI. Ora le indagini sono sulle tracce di un gruppo di ragazzini che si divertirebbero a fare il tiro a segno. Per quanto riguarda l’ultimo colpo gli investigatori sono convinti che il colpo provenga dai portici della Banca d'Italia, dove sabato era radunato il solito gruppetto di giovani che ne ha fatto un quartier generale come alternativa a piazza Duomo e Prato della Valle. Non ci sono molte altre possibilità.

Il cecchino, stavolta, va ricercato lì, in quel gruppo di persone. Secondo una prima perizia balistica non può essere partito da nessun'altra parte. La polizia spera di poter confortare questa ipotesi con le immagini della videosorveglianza. Quelle telecamere potrebbero dare le risposte che gli inquirenti attendono. Per quanto riguarda l’arma, gli investigatori sono convinti che si tratti di un’arma da softair a gas, magari modificata per aumentarne la gittata. Nel caso in cui qualche persona venisse colpita, rischierebbe di rimanere seriamente ferita. Il dubbio degli uomini della Squadra mobile è che sia qualcuno che abita in quella zona o che ci passa ogni giorno, e sempre a quell’ora.

Ecco il motivo degli appostamenti, organizzati già da qualche giorno, da quando si è alzata l’attenzione degli apparati di pubblica sicurezza intorno a questo fenomeno. Dopo il terzo episodio i vigili urbani hanno denunciato un uomo di 29 anni ritenuto responsabile dei danni alle vetrine di via Vicenza con un'arma da softair; la polizia indaga invece sul bus colpito in via Chiesanuova e sull'ultimo in riviera Tito Livio. I carabinieri sarebbero vicini alla soluzione del loro caso che è quello dell’episodio di dicembre 2020 a Torre. Ma mai come ora è indispensabile rispondere a una domanda: quante sono le mani che sparano? La denuncia del 29 enne non ha fermato gli episodi che si sono ripetuti, il che farebbe presupporre che le persone che agiscono sono più di una. Anche se, in linea teorica, potrebbe essere stato sempre lui visto che è sempre, e lo è tutt’ora, a piede libero. 

“Qualcosa non va nella società civile”. «Ora il limite è stato superato» sostiene Andrea Rizzo, co-segretario provinciale della Filt-Cgil. «Qualcosa non funziona nella società civile. Più i fatti vengono denunciati e più sono gli emulatori. I responsabili vanno perseguiti penalmente e, nello stesso tempo, BusItalia Veneto deve prendere provvedimenti a salvaguardia del personale a partire già da oggi. Se servono operatori di istituti di vigilanza per garantire l'incolumità dei lavoratori, è giusto assumerli. Poi sarà il tempo ad indicarci se saranno sufficienti oppure servirà anche altro. Gli autisti non possono continuare ad andare a lavorare con l'incubo di rischiare la vita».