Una lettrice: «Collassato e per ore su una barella, vi racconto la drammatica giornata in ospedale di mio marito malato di Covid»

In questo momento di estrema difficoltà delle strutture sanitarie pubbliche dove medici e infermieri si prodigano per far fronte all’emergenza Covid, pubblichiamo la testimonianza di una lettrice udinese che racconta quanto è capitato a suo marito che, già malato di Covid e assistito a casa, ha avuto necessità di una visita in ospedale.

Quanto è capitato può far riflettere sull’estrema pressione che subiscono le strutture, gli operatori sanitari e di conseguenza anche i pazienti. La lettera è stata firmata, ma per evidenti motivi di privacy non pubblichiamo riferimenti all’identità delle persone.

***

Sono rammaricata di dover segnalare la drammatica giornata che mio marito (positivo al Covid) ha trascorso mercoledì 17 marzo al pronto soccorso di Udine dopo che, essendo collassato, era stato prelevato a casa da un’ambulanza all’interno della quale aveva purtroppo anche vomitato.

Giunto in pronto soccorso alle 8 è stato lasciato scoperto sulla barella per alcune ore, tutto sporco di vomito e fradicio di sudore (nonostante avesse con sé la borsa del cambio) prima di poter eseguire i raggi ai polmoni in quelle indecenti condizioni.

Solo alle 13, dopo diverse suppliche, gli è stato consegnato mezzo litro di acqua. Nel frattempo dalla barella è stato spostato, per necessità, su una sedia e lasciato lì in attesa dell’esito dell’esame.

In quelle ore di attesa ha deciso, con le poche forze che aveva e i brividi costanti, comunque di spogliarsi in corridoio e cambiarsi da sé, segnalando, quando transitava qualcuno, di sentirsi infreddolito, debole e con forti giramenti di testa, ma non è purtroppo stato badato da alcuno, tant’è che mi ha inviato una richiesta di aiuto sul cellulare scrivendomi che si sentiva mancare e che non aveva la forza di alzarsi e tanto meno di chiedere assistenza.

Io ho chiamato immediatamente l’emergenza e segnalato la situazione invocando che si attivassero. Lo hanno raggiunto e trovato praticamente di nuovo collassato. Erano ormai passate le 18.

Gli hanno dato due bicchieri di tè zuccherato e alcuni biscotti. Dopodiché, lo hanno rimesso in sala d’attesa sempre sulla sedia, dicendo che sarebbe arrivato il taxi della Croce rossa.

Dopo alcune ore l’ho sentito telefonicamente con una voce molto debole e provatissimo dalla situazione, ho quindi cercato di attivare le conoscenze perché qualcuno si occupasse di lui e soprattutto perché qualcuno andasse a prenderlo visto che del taxi della Croce rossa, dalle 16 che era stato chiamato, non c’era traccia.

Alle 21.45, finalmente ho trovato una nostra vicina di casa medico/vaccinata che si è prodigata per andare a prenderlo con la sua vettura al pronto soccorso, trovandolo in una condizione indicibile di brividi e spossatezza. È arrivato così tremante e pallido a casa alle 22 battendo i denti e con 41,3 di febbre.

Ora, noi comprendiamo la situazione di emergenza, ma riteniamo allucinante l’esperienza vissuta e poiché vorremmo non si ripetesse per altri casi, con immenso dispiacere, vorremmo sporgere denuncia proprio perché la situazione al pronto soccorso venga monitorata e possano essere adottate adeguate misure atte a migliorare il servizio e il lavoro di un personale messo indubbiamente a dura prova e decisamente insufficiente per poter sopperire a tutte le richieste.

Se si cominciasse ad attivare, ad esempio, un servizio di assistenza e cortesia avvalendosi di tutto quel personale medico e infermieristico già vaccinato e in pensione, si alleggerirebbe il carico e lo stress a cui il personale è sottoposto e si potrebbero certamente evitare terribili situazioni come queste.

La gente è già spaventata di arrivare al pronto soccorso, se si sentisse in qualche modo accolta e protetta da persone “ospitali” vivrebbe certamente quella condizione di attesa con uno spirito diverso. C’è infatti un infinito bisogno di sensibilità e attenzione nei confronti del malato, della persona in sé.

Potrebbe anche essere di supporto diffondere nelle aree di accoglienza musica classica in sottofondo. Potrebbe infatti avere effetti calmanti e benefici sulla psiche delle persone. Nel frattempo, auspico in tutto ciò che mio marito, che dai raggi risultava non avere compromissioni polmonari, non abbia contratto durante questa indicibile giornata “varianti” varie.