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Март
2021

Lavorare da casa, studiare... anche: storie di straordinaria convivenza tra genitori e figli

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Lavorare da casa, studiare... anche: storie di straordinaria convivenza tra genitori e figli

Coronavirus in Veneto: il ricorso quasi forzato allo smart working e la chiusura delle scuole in zona rossa costringe migliaia di famiglie a riorganizzarsi, a ripensare tempi e modi di interazione, a suddividersi stanze e computer, con o senza l'ausilio dei nonni

Il Veneto zona rossa, in buona compagnia con molte altre regioni, ha dovuto chiudere le scuole alla magior parte degli studenti (i disabili possono frequentarle) e rinunciare sostanzialmente alle lezioni in presenza. La ricaduta evidente è la riorganizzazione di migliaia di famiglie, non solo per consentire ai propri figli di studiare e assistere alle lezioni della DAD, la didattica distanza. Ma anche perché gli stessi genitori, specie se non posso contare sull'aiuto dei nonni, si sono "ricacciati" in smart working (magari alternandosi) proprio per restare a casa insieme ai figli. Il tema riguarda soprattutto le famiglie con più figili,

Lavorare a casa con tre figli in Dad, il video che vi farà sorriderefoto da Quotidiani localiQuotidiani locali

In questo nostro longform vi raccontiamo alcune di queste storie venete, qui sotto alcune guide.

 

LE NOSTRE STORIE

IL NONNO

«Con quattro nipotini ecco la mia odissea tra computer, tablet e scarse connessioni»

Un nonno trevigiano alle prese con le prove della didattica a distanza racconta la sua esperienza tra collegamenti “impossibili” e rabbia

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Essere nonni in zona rossa, alle prese con la pandemia e la didattica a distanza. Quella che ci racconta Daniele Salvagno è una piccola odissea tra tablet, connessioni che non partono, una complessa logistica famigliare e rigidi orari da rispettare.

Siamo a Fiera, quartiere di Treviso, casa spaziosa affacciata sulla Restera: nonno Daniele, con i suoi quattro nipoti, ha svolto le “prove generali” in vista dell’ufficiale via libera alla famigerata “dad”. Ora si entra nel vivo. Come è andata? «Un disastro» commenta senza mezzi termini «l’aspetto che più mi ha colpito, a livello generale, è stata la condizione in cui sono ridotti i nostri bambini, privati di ogni relazione umana, costretti a seguire le lezioni davanti a uno schermo e con le cuffiette».

Ma non è solo un problema di empatia e attenzione: l’impatto è anche tecnologico, tra connessioni che saltano, audio a scatti, schermo che “frizza”, come si dice in gergo. Troppe connessioni, poca banda. Facile da capire per un millennial, tema ostico per i cosiddetti boomer.

«Ho smesso di lavorare da qualche anno, facevo l’assicuratore, non sono certo un sistemista informatico: ho provato a collegare tre tablet diversi alla linea del mio cellulare e non ha funzionato. A casa mia non c’è l’Adsl, non uso i social, ho whatsapp e penso che vada bene così, ho quasi 69 anni, sinceramente non penso di dover per forza gestire questi dispositivi e le varie applicazioni. Hanno scaricato su di noi le inefficienze di un sistema scolastico rigido e burocratizzato oltre ogni ragionevolezza».

Come il caso specifico che raccontiamo da Treviso ce ne sono probabilmente a decine, se non centinaia, in tutta la provincia e in regione: «La mia è una famiglia un po’ allargata» ci spiega «ho tre nipoti che frequentano due scuole elementari diverse, la primaria Guglielmo Ciardi qui a Treviso e la Tiepolo a Lanzago di Silea, poi c’è il più piccolo che ha 5 anni e va all’asilo, per lui per fortuna niente dad. I nostri figli lavorano in diversi settori, una fa l’assicuratrice, uno ha un concessionario di pneumatici fuori provincia e un’altra fa l’insegnante di sostegno a scuola, nel suo caso proseguono le lezioni in presenza. Così mi ritrovo ad ospitare tutti e quattro i nipoti, armeggiando tra tablet e connessioni varie, perché nessuno può stare a casa da lavoro».

Il disagio è emblematico e apre tanti punti interrogativi: «Perché il mondo della scuola non si è organizzato diversamente?» si chiede Salvagno «perché non fanno lezione al pomeriggio, che magari qualche genitore è a casa da lavoro e può seguire direttamente i figli? Mi sembra che il mondo della scuola continui a tutelare più i diritti acquisiti degli insegnanti che non le esigenze dei bambini e delle famiglie. Sono deluso».

La giornata di prova si archivia con la consapevolezza che c’è ancora molto da fare. «Se l’alunno non è connesso, lo segnano come assente, e a noi tocca fare i salti mortali» commenta nonno Daniele. Se la prima sfida è quella di recuperare un dispositivo per ogni bambino (un tablet lo presta pure la cugina), la seconda è farli funzionare a dovere.

«Nel nostro caso non bastava la connessione» continua «e quindi adesso chiederemo aiuto all’altra nonna, che abita a Mestre. Dovrà venire qui a Treviso, la mattina presto a prendere i bimbi e portarseli a casa, attraversando tre comuni diversi in zona rossa per poter garantire la frequenza».

Quello di Salvagno è anche un piccolo sfogo: «Ma perché dobbiamo sopperire noi alle carenze della scuola?» conclude «Dal primo lockdown è ormai passato un anno, il mio pensiero va ai miei nipoti e ai bambini in generale, dovrebbero vivere un’età spensierata e gioiosa, vedere che sono loro a doversi adattare e non viceversa è davvero frustrante». —

(Matteo Marcon)

***

I TURNI

Quattro bimbi da gestire: genitori al lavoro a turno

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La più grande ha sette anni e per tutta la mattina ieri ha seguito le lezioni di fronte al computer. Il più piccolo ha appena un anno e osserva curioso le sorelle. Mamma Annalisa Dal Mas e papà Errol Badole si dividono la gestione della famiglia in base ai turni di lavoro.

Uno fa il pomeriggio, l’altro la mattina, e in qualche modo si riesce a far fronte alla difficoltà della dad. «Dovremmo farcela anche stavolta», racconta Annalisa. «Per fortuna noi facciamo turni al lavoro, quando non c’è il papà ci sono io a casa. Ma la prima giornata è stata tragicomica: le connessioni sono quelle che sono, i bambini hanno bisogno di attenzioni perché hanno diverse esigenze».

La più grande di casa Badole ha sette anni e frequenta le elementari. Due bimbe vanno alla scuola materna. L’ultimo arrivato, il maschietto di casa, ha solo un anno. «Mia figlia più grande fa didattica a distanza, ma c’è sempre qualche forma di disturbo», continua la mamma. «Da un lato c’è il fratellino che ha le sue esigenze, dall’altro ci sono i bambini collegati al computer che chiamano la maestra, intervengono... non è come essere a scuola».

Le piccole che frequentano l’asilo non sanno ancora come saranno impegnate nelle prossime settimane: «L’anno scorso le maestre raccontavano delle fiabe, proponevano delle attività, mandavano dei video per mantenere i rapporti con i bambini. Quest’anno ancora non sappiamo come si organizzeranno. Per me non è assolutamente un fastidio tenerli a casa, ma la scuola è una tappa evolutiva importante per i bambini, perché per loro è necessario fare esperienze anche fuori l’ambito familiare. La scuola dell’infanzia serve anche a quello».

Nasce da qui la preoccupazione per la chiusura degli asili: «La didattica a distanza per bambini così piccoli è inadeguata», conclude Annalisa Dal Mas. «Per quanto brave siano le maestre, i bambini apprendono meno». —

(Alessia Forzin)

***

LE FERIE

«Con i figli piccoli a casa non possiamo lavorare, io userò ferie e congedi»

Elisabetta è mamma di due bimbi che frequentano elementari e materne: «I ragazzi sono sconfortati: hanno rispettato le regole, ma non è bastato»

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La chiusura delle scuole per la riduzione dei contagi comporta oggi, come era successo lo scorso anno, le proteste di una parte delle famiglie.

A restare a casa ora sono anche i bambini. Con problemi molto specifici. «Mio figlio più grande è al primo anno di elementari, mentre la più piccola va alla scuola materna», racconta Elisabetta Braggion, residente ad Abano, dove vanno anche a scuola i figli. Braggion lavora a Padova, ma a differenza del lockdown della scorsa primavera, in questi giorni non può lavorare da casa: «I bambini sono a casa, in didattica a distanza», spiega.

«Fortunatamente mio marito è in smart working e può essere con loro. La mia azienda si sta ancora attrezzando, spero che entro qualche giorno possa lavorare da casa anch’io». Non che lo smart working sia risolutivo, in ogni caso. «Tanto più che adesso, a differenza dello scorso anno, la dad per le elementari non è più di qualche ora a settimana, ma copre l’intera mattinata. Con bambini così piccoli e con così tante ore davanti al computer, è assolutamente impensabile poter lavorare mentre loro seguono le lezioni da casa».

Al di là di una mera questione didattica, infatti, la chiusura delle scuole elementari e degli asili ha delle dirette ripercussioni sulla conciliazione dei tempi vita-lavoro delle famiglie. La scuola, per i più piccoli, non vuol dire solo istruzione, ma anche presidio di comunità.

«Con i bambini a casa, avere la dad o lo smart working non fa differenza – aggiunge Braggion – Noi genitori non possiamo continuare a lavorare. Io e mio marito ci divideremo un po’ di ferie, permessi ed eventuali congedi. Ma questo apre tutta un’altra serie di problemi a livello lavorativo: un conto è una situazione di emergenza, un conto è se la cosa dovesse protrarsi sul lungo termine. Potrebbero subentrare forme di discriminazione nelle aziende, a favore di chi non ha figli e non deve usufruire dei congedi».

L’esperienza peggiore, però, è quella vissuta dai bambini: «In una situazione in cui tutte le attività normali sono sospese – racconta – dopo mesi in cui abbiamo ripetuto ai nostri figli che se avessero rispettato tutte le regole l’emergenza sarebbe finita presto, ora dobbiamo spiegare loro che non possono neanche andare a scuola. Sono stati sempre i più ligi, ora sono i più sconfortati». —

(Roberto Rafaschieri)

***

LA CASA - SCUOLA

«Lavoro flessibile e aiuto degli amici, con tanti bambini ogni stanza è un’aula»

Il racconto di mamma Mayra: a darle una mano anche una nostra lettrice: «Dall’oggi al domani abbiamo avuto bisogno di tutte le postazioni»

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La casa di Mayra Bruni sembra il set di un film, anzi di una serie tivù, che segue le vicende di una mamma single divorziata nel 2021, alle prese con i suoi quattro bambini nel pieno di una pandemia. La puntata di ieri si sarebbe intitolata “Primo giorno in dad”, dove dad sta per la famigerata didattica a distanza.

Il suo piccolo appartamento di via Cal di Breda a Treviso si è trasformato in una scuola dove ciascuna stanza è diventata una classe, per far seguire le videolezioni ai figli in tutta tranquillità. Carlotta, 7 anni, sta in cucina; Giorgio, 9 anni, segue la maestra dal soggiorno; Riccardo, 11 anni, ha la sua postazione in camera della mamma sopra un tavolo da camping; e Rachele, 14 anni, studia nella scrivania della camera dei bambini che dormo tutti e quattro assieme.

«Oggi è cominciata la dad con i compiti assegnati da mandare a scuola – spiega mamma Mayra – e non ho ancora a disposizione tutti i dispositivi attivi, per il momento i miei figli possono usare due tablet e un cellulare, poiché un pc è in assistenza e un altro l’ho chiesto alla scuola, da cui per il momento non ho avuto risposta. Per fortuna una signora che ha letto l’articolo della tribuna si è offerta di aiutarmi».

La sua storia infatti ha commosso molti e c’è chi si è fatto avanti. «Ho postato l’articolo nel mio profilo Facebook e una mia amica l’ha condiviso – continua Bruni – così un suo contatto l’ha letto e si è presa a cuore la mia situazione. È una signora trevigiana, moglie di un membro dell’associazione benefica Tesla, che rigenera vecchi computer, e si è resa disponibile a darmene uno: quando le videolezioni saranno in contemporanea tutti dovranno poter collegarsi. A quel punto c’è da sperare che la linea Adsl, attivata a mie spese, regga tutte le connessioni».

Se già tenere l’attenzione a scuola per cinque ore può essere dura, figuriamoci a casa, tra mille distrazioni e la voglia di uscire con la primavera alle porte, ma mamma Mayra gestisce la situazione come una general manager e ha organizzato le quattro postazioni di “lavoro” per i suoi figli con tanto di regole e tabelle con il piano settimanale.

«Le regole sono orientate al rispetto reciproco: tenere la postazione in ordine; ogni strumentazione accessoria, come cuffie, ricarica e porta tablet, deve restare sempre nella propria postazione; alla sera i dispositivi devono essere messi in carica nello spazio designato; finiti i compiti si prepara il materiale per il giorno dopo e si fa la merenda nella propria stanza per non disturbare chi sta studiando in cucina; i dispositivi servono solo per la scuola; totale e assoluto rispetto di orari, spazi e materiali dei fratelli e sorelle. Parola d’ordine scritta in stampatello: collaborazione».

Il piano settimanale consiste invece in una tabella con il nuovo orario scolastico per semplificare i collegamenti, evitando errori che porterebbero i figli a essere registrati come assenti.

«Alle medie le ore pari sono fatte in didattica on line, mentre in quelle dispari gli alunni devono fare dei compiti da consegnare subito – mostra mamma Mayra – alla primaria invece hanno 15 ore settimanali divise per materie, con tre lezioni al giorno, 45 minuti di didattica e 5 minuti di pausa, così faranno meno fatica a seguire».

Bruni ha un lavoro flessibile e il suo responsabile le ha dato la possibilità di gestirsi gli orari, ma quando non è a casa conta sul supporto di amiche che si sono rese disponibili a stare con i bambini. «Quando sono io con loro mi trasformo in maestra Mayra e spiego tutte le materie di tutte le classi, dando sostegno soprattutto ai più piccoli, perché l’interazione da computer per loro è molto faticosa ed è difficile alzare la mano e dire “non ho capito”. A nome di tutte le famiglie che conosco sostengo che la scuola non si sarebbe dovuta chiudere». —

(Laura Grassi)

***

LA CASA POPOLARE

Cinque figli e quattro in Dad. La casa popolare di Padova è piccola
 
Mamma Monica racconta una sua giornata: «Ho anche una bimba di otto mesi. Il più grande non riesce a fare lezione online, rischia di perdere l’anno» 
 
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Nicole ha 8 mesi e quando ha fame, piange; quando ha sonno, piange; se vuole richiamare l’attenzione della mamma, piange. «Mica posso tenerla sempre in braccio», spiega mamma Monica Nalesso, 33 anni, «dopo si aspetta di stare sempre tra le braccia». E intanto c’è Sofia, 9 anni, che deve entrare nel meet per fare didattica a distanza: non ne ha nessuna voglia, lei la scuola la preferisce in presenza. «Convincerla è una fatica», continua Monica, «ma non riesco nemmeno a darle torto». Sofia deve condividere il tavolo con la sorella Vanessa, 11 anni e la scoperta della prima media.
 
Anche a Vanessa la scuola on line non piace per niente: «Alcuni giorni a settimana riesce ad andare in classe perché ha bisogno del sostegno – sottolinea la mamma – e per lei sono i giorni più belli della settimana».
Per fortuna Aurora, 13 anni, seconda media, si sistema con il cellulare dove trova spazio in casa e cerca di fare del suo meglio.
 
«Aurora fa sempre quello che deve fare, quando decide non la supera nessuno». Quattro figli in Dad, una casa popolare davvero troppo piccola e non è ancora finita. «Alessandro ha 15 anni – sottolinea Monica – frequenta una scuola di cucina e perderà l’anno per le troppe assenze accumulate. Ma come faccio a dirgli che deve frequentare online quando la sua è una scuola del fare? Se si tratta di stare ai fornelli è bravissimo, all’ultima verifica in presenza ha preso 8. Ma al pc non ne vuole sapere. Piuttosto preferisce ripetere l’anno».
 
Monica sorride, ma si capisce che dietro quel sorriso da mamma c’è tanta fatica: «Sarebbe da scappare di casa», ammette. Prima del Covid lavorava in una gastronomia, ma l’hanno licenziata e subito dopo è rimasta incinta di Nicole. Adesso l’unico reddito della famiglia è quello del marito, che fa i turni di sicurezza negli alberghi: «Per fortuna esce di casa e va a lavoro, altrimenti avrebbe i capelli bianchi».
 
Ogni mattina nell’appartamento di via Manara bisogna sfoderare un’organizzazione impeccabile: «Quando sono tutti e 4 in Dad è da impazzire. Ale si mette in camera sua, Aurora nella mia e Vanessa e Sofia in soggiorno. Io mi “nascondo” nel bagno con la piccola. Loro la sentono piangere e mi rimproverano in coro: mamma non farla urlare, mamma stai ferma, mamma un po’ di silenzio, ma mica posso metterle lo scotch sulla bocca alla piccola. Gli dico di mettere muto, ma quando devono parlare perché interrogati è una baraonda. La casa è questa, neanche io posso sparire: devo cucinare, devo prendere delle cose, la quotidianità non sparisce perché c’è la scuola a distanza. Devo dire che gli insegnanti – sia i maestri della Giovanni XXIII che i prof della media Pacinotti – sono stati incredibili: è dura anche per loro».
 
Ai problemi dell’organizzazione scolastica, si aggiungono gli sgambetti della vita: «l’Ater mi ha sfrattata – racconta Monica – dal primo luglio dobbiamo essere fuori. Abbiamo trovato un’altra casa, un po’ più grande – e ci voleva poco visto che qui ho appena due camere da letto – ma sono 750 euro al mese e con 5 figli non è una passeggiata. Ma io e mio marito diciamo sempre che se si vuole, si può, anche se all’ultima settimana del mese ci arriviamo con affanno». La Dad proprio non ci voleva: «Aurora fa scuola con il tablet che le ha dato la scuola, per gli altri ho comprato i cellulari con il bonus, ma abbiamo dovuto fare anche la connessione che comunque è una spesa. Non vedo l’ora tornino a scuola». 
 
(Elivira Scigliano)
 
***
 
LA MAMMA INSEGNANTE
 

Madre insegnante single con due figlie: «Vietato abbattersi ora»

Laura Reisman, insegnante: «Ce la faremo»

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Una mamma single che lavora, due figlie in prima media e in terza elementare. Tre computer accesi in casa di Laura Reisman, che si divide fra l’insegnamento e la gestione della didattica a distanza delle figlie. «La più grande è autonoma, mi preoccupa un po’ di più la piccola ma vedo che anche lei maneggia bene il pc. Ce la faremo, anche se fare scuola a casa non è certo la stessa cosa».

Le figlie di Laura frequentano l’Agosti, e la scuola si è organizzata molto bene per la didattica a distanza: «Già venerdì scorso gli insegnanti delle medie avevano mandato tutto il materiale necessario», continua la donna. «E anche alle elementari c’è un’ottima organizzazione. I bambini iniziiao alle 8.45 e fanno lezione fino alle 13, con una pausa per la ricreazione. Abbiamo già l’orario per tutta la settimana e sarà possibile frequentare anche i corsi alternativi (come il Cambridge per la certificazione di inglese) online. Se qualcuno ha bisogno di materiale informatico la scuola è a disposizione, sono davvero molto ben organizzati».

E in casa come si vive, fra lavoro e lezioni? «Io lavoro in salotto, mia figlia grande nella sua camera e la piccola in cucina», continua Laura Reisman. «Mi preoccupa un po’ la piccolina, ma al limite farò una pausa dal mio lavoro se sarà necessario. Le mie lezioni durano quaranta minuti, potrò stare con lei nelle pause». Laura dovrà avere sei braccia e tre paia d’occhi almeno fino a Pasqua.

«Affronteremo anche questo periodo: io credo non abbia senso abbattersi o avere emozioni negative. Bisogna reagire, anche se ovviamente mi dispiace per loro perché a scuola stavano lavorando bene e adesso rischiano di perdere il ritmo. Le mie figlie stavano bene a scuola: già è stato tolto loro lo sport, mi preoccupa che perdano i contatti umani, i rapporti sociali che in questa fase della loro vita sono molto importanti». —

(Alessia Forzin)

***

 

LA GIORNATA

Alle 8 davanti al computer E in pausa chat con i compagni

Una giornata al pc insieme a Vera, 13 anni, studentessa di Terza Media a Padova: «Certo, non è come stare in presenza, però ci sono anche dei vantaggi: ci si alza più tardi»

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Alle 7. 50 Vera, nome di fantasia, tredici anni, allieva di una terza media della città, dopo essersi preparata per bene , è nella sua stanzetta davanti al suo tablet in attesa del collegamento con il docente di tecnologia della prima ora.

È emozionata per il primo giorno della didattica a distanza, programmata sino alle vacanze di Pasqua. Il collegamento con l’insegnante avviene, puntuale, alle 8. Il docente, da remoto, è nella classe della scuola dove fino a venerdì è stato impegnato nella didattica in presenza. Prima di tutto augura buon giorno ai suoi allievi e fa l’appello. Tutti presenti eccetto una ragazzina.

Prima di entrare nel vivo della lezione, l’insegnante rivolge “due paroline” agli studenti dicendo che la dad non è la stessa cosa della scuola in presenza, ma che, in questa situazione d’emergenza sanitaria, è meglio parlare solo dei lati positivi che la Dad ha, come d’altronde è stato constatato l’anno scorso durante il primo lockdown. Si augura che la nuova dad vada avanti solo per due settimane in attesa del calo previsto dei contagi. Alle 8. 15 comunica ai ragazzi gli esiti dell’ultima verifica effettuata in settimana scorsa.

«Non è andata male, ma neanche benissimo», dice e subito dopo inizia ad interrogare uno dei più bravi della classe, sui vantaggi e sugli svantaggi di una leva prendendo ad esempio un badile, una carriola, uno schiaccianoci. La lezione di tecnologia termina alle 8. 57.

Vera spegne il tablet e comincia a chattare con i compagni di classe per conoscere come giudicano il ritorno alla dad dopo nove mesi. Dalle 9 alle 10 pausa, prevista solo per ieri, primo giorno di Dad e dalle 10.01 sullo schermo del computer appare il volto dell’insegnante di matematica, che, dopo aver rifatto l’appello, tiene una lezione di geometria. Altra pausa dopo le 11 e prima di mezzogiorno appare sullo schermo la professoressa di lettere, che è anche la coordinatrice della classe.

Dopo aver salutato con grande trasporto i 21 ragazzi, l’insegnante delle materie umanistiche entra nel merito della lezione che prevede anche la lettura di un brano letterario, scritto l’anno scorso da un allievo di terza media, attualmente alle superiori. Dopo la lettura da parte della docente, il brano viene commentato da alcuni ragazzi. Il testo è piaciuto tantissimo a tutti anche perché parla contro la guerra ed è un chiaro messaggio di pace.

Alla fine della lezione, un po’ prima delle tredici, la prof invia «un grande abbraccio e bacioni» a tutti gli allievi collegati. La scuola è finita. Si riprende domani con orario pieno. Ossia dalle 8 alle 14. Vera spegne il computer e si sposta in sala da pranzo per mangiare assieme alla sua famiglia. Tutto bene? «La didattica a distanza non è la stessa cosa della scuola in presenza. A me la Dad piace ugualmente sia perché in tempi di emergenza sanitaria non c’è alternativa e sia perché offre anche dei lati positivi. Posso dormire mezz’ora in più alla mattina». 

(Felice Paduano)

 




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