«Esaltare l’individualità non lavorando da soli»
La ricetta per coltivare la creatività
Tutto ripartirà dalla sapienza delle mani e in quale miglior luogo ciò potrebbe avvenire se non a Firenze? Questa è la città che coniuga per eccellenza l’arte e l’artigianato sublimando al tempo stesso il suo essere insieme di quartieri, non la capitale dove invece “lo stare vicino a” si perde nelle grandi distanze. E poi in questa visione ci mettiamo anche il coraggio di pensare che la pandemia debba servire come base di nuova creazione perché la moda è una forma contemporanea dell’arte e quindi deve essere attenta ai cambiamenti e nel cambiamento lei stessa.
Tirando le somme, questo è il semplice e prezioso gruzzolo di convinzioni con cui Massimiliano Giornetti, di Carrara, si è insediato alla guida del Polimoda, la prima scuola di moda in Italia e tra le prime dieci al mondo per i suoi percorsi di formazione e metodologia di lavoro e ricerca. Un direttore legato a questa realtà da un filo rosso, come lo definisce lui stesso, perché da qui è partito e qui è tornato. Infatti questo luogo lo ha accolto da studente dopo l’Università (frequentata sempre a Firenze). Poi, dopo una lunga carriera nelle case di moda, nel 2019 è tornato come responsabile dipartimento dell’area Fashion design. E infine il passaggio al ruolo di direttore, prendendo il posto di Danilo Venturi, in un momento delicatissimo in cui, nonostante tutto, la scuola va avanti con i suoi 1. 700 studenti. Un numero importante anche se inferiore rispetto al periodo pre-Covid quando erano oltre 2.000. Gli studenti provengono da 70 paesi diversi e sono 200 i docenti a loro dedicati. L’offerta formativa dell’istituto prevede sette corsi post diploma, 18 master post laurea, oltre a corsi brevi e corsi finanziati dal Fondo sociale europeo. Strutturalmente il Polimoda fa capo a un’associazione non profit pubblico-privata composta dai Comuni di Firenze, Prato e Scandicci, oltre alla Città metropolitana di Firenze, la Camera di commercio di Firenze, Confindustria Firenze, Centro di Firenze per la moda italiana e Fondazione Cr Firenze. Tra l’altro nei mesi scorsi Polimoda ha bandito novanta borse di studio in risposta all’emergenza Covid con un’operazione da oltre due milioni di euro per aiutare gli studenti (e le loro famiglie) a non abbandonare i propri piani per il futuro.
Direttore, come intende portare avanti la scuola in un periodo di burrasca come quello in corso anche per il settore della moda?
«Dall’etimologia stessa di Polimoda, in molti modi, ma anche in un modo diverso parte la mia visone della scuola oggi. Che sia una vera comunità capace di guidare i rapporti umani. Ascoltare, riflettere e parlare. Un vero dialogo interattivo, capace di esaltare al massimo il talento, le sfaccettature di ogni nostro studente. Polimoda dovrebbe essere come il ginnasio dove ci si incontrava per allenarsi. O un amplificatore. Così qui ci si deve relazionare per scambiarsi idee. E in questo periodo anche stare accanto ai nostri studenti ai quali manca il contatto fisico. Il mio obiettivo nel futuro è quello di creare un ponte culturale tra Polimoda, la città e l’internazionalità che la scuola ha sempre espresso. Uno spazio nello spazio dedicato alla creatività in cui evocare una dimensione riflessiva in bilico tra moda, antropologia, economia ed arte».
Come colloca Firenze in questa sua visione?
«Dai fatti di questi mesi abbiamo fatto alcune scoperte come quella che non ci si deve basare più sulla dimensione globale ma sulla cultura locale. E da Firenze possiamo trarre molti spunti non solo per il patrimonio artistico che rappresenta ma anche per la ricchezza dell’artigianato che deriva da un substrato culturale legato alla dimensione del quartiere. Certo non si può fare a meno della tecnologia che, per esempio, è stata quella in grado di portare i valori estetici in questo periodo di emergenza. Ma sempre come mezzo e non come obiettivo».
Purtroppo, a Firenze come in tutte le altri città toscane, è stato sostenuto ben poco rispetto al saper fare con le mani
«Nei centri cittadini tante attività artigianali si sono trasformate in situazioni non qualitative. Lo vedo in Santo Spirito, il quartiere in cui vivo, legato un tempo particolarmente all’artigianato. Ma nella ripartenza ci dovrà essere un riposizionamento, oggi ci siamo accorti che quello che ci serve lo possiamo trovare sotto casa e non dall’altra parte del mondo. I cambiamenti stanno avvenendo e il Made in Italy è la salvezza della qualità».
E i vostri giovani che apporto possono dare?
«La ripartenza è nelle loro mani anche perché sono flessibili e non presi da quei numeri economici che le aziende e i manager devono guardare. Bisogna spingerli verso l’individualità di pensiero con la loro creatività a 360 gradi, ma mai a lavorare da soli, sempre in una squadra con una moda che non sia pensata divisa in settori, creando un dialogo anche con discipline diverse, auspicando le contaminazioni. A loro dico che anche l’errore è una forma di apprendimento e non bisogna aver paura. Che siano portatori, in un momento virtuale, di una visione umanocentrica, che non siano confinati in gabbie dorate ma anche a contatto con le aziende dove si tramandano le conoscenze di generazione in generazione. Sono legati al digitale, la tendenza è quella del “follower”, che segue, sono meno propensi a generare contenuti. Bisogna, invece, andare più nel profondo della cultura, staccarsi anche da quello che fanno le scuole di moda in generale che guardano più a quello che è l’andamento. Il mio obiettivo è generare talento creativo potenziando l’aspetto culturale e sociale. E in Polimoda ci sono tante sfaccettature: non solo il design ma anche fashion styling, fashion technology».
La scuola riesce a tessere anche rapporti di collaborazione con aziende come quello recentissimo con Tod’s
«Polimoda e Tod’s hanno unito le forze per formare una nuova generazione di designer di borse e pelletteria. La collaborazione tra le due realtà riesce a dar vita al master in Bag Design: si tratta di un percorso di specializzazione lungo nove mesi, tenuto in lingua inglese e frequentato da giovani provenienti da tutto il mondo. Il master è caratterizzato da un approccio creativo e pratico, basato sullo studio di tecniche di produzione, materiali, strategia di commercializzazione e la pianificazione delle collezioni. Al termine del percorso sono previste opportunità di stage in azienda, per consentire un confronto con la realtà professionale. Borse e accessori sono tra i prodotti che meglio rappresentano il Made in Italy e la Toscana nel mondo, il nostro territorio non ha rivali per tradizione artigiana ed eccellenza nella produzione, mentre le aziende del settore cercano profili sempre più qualificati». —
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