Antinori fa shopping e aspetta la ripresa
La strategia dopo l’acquisto di Jermann Danni da lockdown, la difesa con i rossi
Chi non conosce il “Vintage Tunina”? Il delizioso bianco del Collio, quarant’anni di storia, “blend” di Sauvignon, Chardonnay, Ribolla gialla e un tocco di profumata Malvasia, dedicato ad Antonia (Tunina), l’amante più povera del Casanova, entra nella galassia Antinori.
Dopo Prunotto, nelle Langhe, e Tenuta Montenisa, in Franciacorta, la famiglia toscana del vino da 26 generazioni, pianta la terza bandiera nel Nord Italia, acquisendo la cantina Jermann, storica azienda di Dolegna del Collio, in Friuli. L’accordo è di questi giorni, ad Antinori va la maggioranza del capitale, ma i termini non sono stati resi noti.
«La collaborazione con Antinori è un nuovo inizio – dice Silvio Jermann – una decisione presa per affrontare al meglio i tempi che viviamo, nel segno della tradizione familiare».
«Condividiamo con Silvio gli stessi valori – sottolinea Piero Antinori – di rispetto per la tradizione familiare, passione per le sfide, rispetto per la terra. Il nostro desiderio è quello di garantire sviluppo e continuità in piena collaborazione con Silvio e con quanto ha fatto in questi 40 anni».
Jermann è stata fondata nel 1881 da Anton Jermann, e poi guidata dalle generazioni successive fino a Silvio Jermann. L'azienda friulana, 14,8 milioni di ricavi nel 2019, conta 200 ettari di terreno di cui 170 vitati e due sedi: Villanova di Farra di Isonzo e Ruttars, nel comune di Dolegna del Collio, nella provincia di Gorizia.
Un accordo che aumenta la presenza di Antinori sul mercato italiano, dove è prima per fatturato nel panorama vinicolo nazionale. Un mercato, però, messo in ginocchio dalla pandemia, più nel 2021 che nel già difficile 2020.
«Aspettiamo che l’economia riparta – dice Allegra Antinori, una delle tre figlie del marchese Piero, le altre “eredi” del casato sono Albiera e Alessia – a livello mondiale. In Italia, purtroppo è tutto fermo. Il mondo della ristorazione è in grande difficoltà e, sono sincera, si sperava di ripartire un po’ prima. Lo stesso il turismo. Per cui per noi il momento non è facile, perché l’Italia è il nostro mercato principale. Sta ripartendo qualcosa in Cina, qualcosa sui privati, ma è una percentuale molto bassa e, soprattutto, è meno anche dell’anno scorso».
Antinori, che ha aziende soprattutto in Toscana e in Umbria, ma anche in Puglia, Piemonte, Lombardia, da poco in Friuli con Jermann e all’estero, in Napa Valley (California), Cile, Malta e Ungheria, è azienda dalle spalle larghe, le imprese più piccole del settore rischiano di non superare lo stallo dell’economia, ma per quanto solida, è “costretta” a sperare in una ripartenza in tempi brevi.
«Siamo preoccupati, non lo nego, ma dobbiamo avere fiducia. Contiamo molto nei vaccini, in un ritorno della normalità. Prima di tutto nel nostro Paese, ma in questo momento l’intera Europa ha i mercati fermi. Dopo l’Italia noi vendiamo in Germania e in Svizzera, non è che lì la situazione sia molto diversa. Gli Stati Uniti sono ripartiti, ma non certo ai ritmi di prima della pandemia. Dobbiamo aspettare, contiamo che entro giugno almeno la situazione si possa gestire».
Intanto il lavoro nelle vigne va avanti.
Dopo la potatura invernale con marzo inizia il germogliamento e si inizia a smuovere il terreno, per favorire l’arieggiamento e aumentare così le temperature, per scongiurare le dannose gelate di inizio primavera. In sostanza, anche se il mercato è fermo, i costi sono gli stessi di tutti gli anni.
«Le vigne vanno avanti, ci mancherebbe altro. La filiera produttiva procede come ogni anno. Siamo meno preoccupati dal rosso che, comunque, si può anche tenere in cantina, a differenza del bianco che, una volta prodotto, va venduto nel giro di poco tempo. Però fatemi essere ottimista: questa estate qualcosa ripartirà, anche se per la normalità di prima della pandemia ci vorranno ancora due o tre anni».
Nonostante le difficoltà, Antinori ha scelto di non ricorrere, se non in minima parte, alla cassa integrazione.
«I nostri collaboratori sono il nostro bene più prezioso – dice ancora Allegra Antinori – e, a parte pochissimi nella ristorazione, abbiamo scelto di non ricorrere alla cassa integrazione. Abbiamo fatto fare le ferie, ma sono tutti al lavoro. Credo sia uno dei “benefit” che si hanno quando si fa parte di un’impresa familiare come la nostra».
I NUMERI
Un’impresa familiare che, comunque, ha grandi numeri, visto che il fatturato 2020 è stato di circa 222 milioni di euro, in linea, nonostante le difficoltà, con il 2019 e in crescita rispetto al 2018 (213), con un “ebidta” (acronimo inglese “Earnings before interest, taxes, depreciation and amortization”, ovvero “utili prima degli interessi, delle imposte, del deprezzamento e degli ammortamenti”) del 47,50%, secondo in Italia solo alla tenuta San Guido del Sassicaia degli Incisa della Rocchetta (59,23%) e avanti all’altra grande famiglia del vino fiorentina, i Frescobaldi (quarti con 33,99% su circa 120 milioni di fatturato), con in mezzo alle tre stelle toscane l’intrusa siciliana Cusumano di Partinico, dei fratelli Diego e Alberto(36,51%).
L’azienda dei Marchesi Antinori, con 2937 ettari (più 200 in affitto), è quella italiana con la più vasta area di proprietà, per una produzione (dati 2019), di 22,7 milioni di bottiglie. I dipendenti sono circa 500.
E se l’Italia resta il primo mercato in assoluto, l’esportazione assorbe comunque oltre il 63% del fatturato (circa 140 milioni di euro). —
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