Un aglio(ne) da bacio al costo di 25 euro al kg
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Prodotto tra Toscana e Umbria è considerato tra i 700 cibi da salvare
Aglio del bacio, kissing arlic. Effusioni garantite e niente alito pesante. Che poi non è nemmeno un aglio, appartiene alla famiglia dei porri selvatici. Cioè somiglia a un aglio, è biancastro e formato da spicchi (di solito sei), insomma è un aglio gigante.
Di norma un bulbo pesa anche 500 grammi, un esemplare da 1,25 chili raccolto nel giugno 2020 a Cortona ha battuto i record e adesso figura nel guinness dei primati.
Non contiene allina, l’amminoacido colpevole di sprigionare quell’enzima che produce il forte odore non indicato per chi programma delle carezze. E poi è un aglio chic: per coltivarlo serve un investimento tra i 10 e i 15.000 euro a ettaro di terreno (tra manodopera, concimi, semina, uso di essiccanti per le erbacce), il prezzo di vendita massimo va dai 20 ai 25 euro al chilo. È l’aglione della Valdichiana. Con l’aggiunta di pomodori e mescolato ai pici ci viene un primo piatto che è una meraviglia. Strofinato sulla bruschetta, un antipasto che è una delizia.
Rischiava l’estinzione, ce la siamo scampata a beneficio dell’economia tra due province e dei palati che se non possono dirsi raffinati sono di sicuro portati al godimento.
Siamo in Valdichiana, tra Siena e Arezzo, tra Chianciano e Montepulciano, Castiglion Fiorentino e Monte San Savino. La vicina provincia di Perugia (Castiglione del Lago e Città della Pieve, per fare due esempi) guarda oltreconfine con rinnovato entusiasmo.
Fa parte della Valdichiana storica e vuole partecipare al lancio nel Mondo dell’aglione. Dal 2017 c’è un’associazione che persegue l’obiettivo, è nata a tutela e per la valorizzazione del prodotto. I 23 produttori iniziali sono diventati oltre 60 (più una quindicina in Umbria), partecipano anche dieci Comuni e l’Unione dei Comuni della Valdichiana Senese.
«L’idea è stata degli agricoltori e la politica ci ha sostenuto subito, questo è un progetto enogastronomico extraprovinciale ed extraregionale, penso sia un unicum», sottolinea Benedetta Corsi dell’associazione per la tutela e la valorizzazione dell’aglione della Valdichiana, e titolare dell’azienda agricola e agriturismo Ardene di Montepulciano.
Il gruppo è giovane e ha idee chiare e ambiziose: vuole diventare un consorzio strutturato, sviluppare una rete commerciale specifica, e soprattutto ottenere il riconoscimento Dop/Igp, che vorrebbe dire tracciabilità del prodotto, certificazione di qualità, nascita di un brand. E si va verso un disciplinare di produzione nel quale evidenziare le proprietà organolettiche e nutraceutiche, già oggetto di studi scientifici portati avanti dal dipartimento di Scienze agrarie dell’Università di Pisa e dall’Università telematica Pegaso.
L’aglio gigante è in pratica altamente digeribile (ha un ridotto contenuto di fibre) e contiene una serie di molecole ad azione antimicrobica, antitumorale e antiinfiammatoria. In sostanza fa bene.
«E si vende bene – dice Corsi – è molto richiesto dai turisti che vengono in Valdichiana e dai ristoranti. Purtroppo nel 2020 e anche in questi mesi del 2021 questo mercato si è azzerato a causa dell’emergenza sanitaria. Dall’anno scorso abbiamo però attivato un canale importante con la grande distribuzione, viene presentato in scaffali dedicati come prodotto di nicchia ed esclusivamente stagionale (la raccolta avviene a fine giugno, nda).Aggiungiamo poi la vendita diretta nelle nostre aziende (si può acquistare a 12/13 euro al chilo) e tramite i consorzi agrari. È da sviluppare l’esportazione: l’idea potrebbe essere quella di abbinarlo ad altri prodotti riconosciuti della nostra zona, come il vino Nobile di Montepulciano».
Aggiunge l’imprenditrice: «L’obiettivo dell’associazione è quello di calmierare i prezzi e non farci concorrenza tra di noi». L’aglione della Valdichiana di recente è entrato a far parte dei 700 prodotti del Repertorio dei prodotti tipici da salvaguardare della Regione Toscana (lo stesso ha fatto l’Umbria) e dell’Anagrafe nazionale dell’agrobiodiversità.
Fino a qualche anno fa se ne producevano circa 100 quintali in tutto, adesso le aziende attive ne commercializzano dai 4 ai 20 quintali a testa.
Il giro di affari non è quantificabile in quanto viene coltivato insieme ad altri ortaggi, all’olio e al vino. Siamo comunque nell’ordine di qualche milione di euro, in crescita costante.
Nel logo dell’associazione nata a sua tutela e valorizzazione, l’aglione bianco spicca su sfondo rosso e avvolge l’immagine di una locanda Leopoldina, tipiche mura costruite in Valdichiana dopo che il Graduca Pietro Leopoldo, a fine ’700, concluse l’opera di bonifica e permise all’aglio gigante di diventare simbolo di questa terra. Si mangia anche il fiore dell’aglione, viene reciso prima che sbocci per far sviluppare meglio il bulbo. Va fatto fritto.
«E come l’aglione non deve essere bruciato, altrimenti è tutto da buttare via», consiglia Benedetta Corsi. —
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