Palazzo d’Arco: ecco i tesori della dinastia con cinque archivi e diecimila volumi
Alla scoperta della biblioteca con la responsabile Silvia Tosetti : un tuffo nel sapere tra libri, manoscritti, incunaboli e riviste
Entrando a Palazzo d’Arco, passato l’atrio, a sinistra si sale per lo scalone d’onore e subito nell’ammezzato si apre la sala consultazione dell’archivio e biblioteca. La targa indica gli orari del servizio al pubblico (martedì, mercoledì e giovedì dalle 9.30 alle 12.30 e il martedì anche dalle 14.30 alle 17.30) ma in tempi di zona rossa è bene dare preventivamente un colpino di telefono 0376 322242 e sentire quali disposizioni sono in vigore.
Siamo nell’ala settecentesca del palazzo. La sala è accogliente, calda, soffitto basso, camino (di bellezza) e arredi del Ottocento: era l’appartamento della servitù dei conti d’Arco. Ad accompagnarci è Silvia Tosetti, responsabile della biblioteca e dell’archivio. Da uno schedario estrae una scheda dove sono annotate le stampe di Albrecht Dürer (alcune, relative alle storie della Vergine e di Gesù) che si trovano al pianoterra, proprio sotto la sala di consultazione dove ci troviamo.
Sentendo il nome di Dürer (il massimo esponente della pittura tedesca rinascimentale tra il Quattro e il Cinquecento) comprendiamo di essere in uno dei luoghi di Mantova dove la cultura non è uno scherzo. E sentendo che insieme ai Dürer ci sono disegni di Perin del Vaga, Palma il Giovane e Giuseppe Bazzani, la sensazione si fa più consistente e subito ci accorgiamo di avere dimenticato a casa la pillola per farci rinvenire dalla sindrome di Stendhal, quella che perdi i sensi di fronte agli eccessi della bellezza.
Sentendoci un po’ come James Stewart nel film “Vertigo” di Hitchcock, saliamo al piano nobile ed entriamo nella sala grande della biblioteca, confortandoci nell’apprendere che prima del 1830 era una sala da pranzo, chiamata Galleria dei pranzi.
Richiamando alla mente la cucina del palazzo – con mestoli e paioli di rame e formine per i budini – immaginiamo i menù quando Silvia Tosetti ci serve su un leggio la prima portata: “Astronomicum caesareum”, stampato a Ingolstadt nel 1540, un trattato illustrato di astronomia di tono divulgativo, comprensibile a tutti. Infatti l’autore, il geografo tedesco Pietro Apiano dedicò l’opera agli imperatori Carlo V e Ferdinando d’Asburgo, che di astronomia se ne intendevano come noi.
Poco più in là, su un tavolo c’è la seconda portata: “Chronica mundi” di Hartmann Schedel, stampata a Norimberga nel 1493, la storia del mondo partendo dalla narrazione biblica e con le immagini di tante città, tra cui Mantova cinta di mura, un po’ immaginaria con guglie alla tedesca.
Per contorno c’è il “Libro d’ore”, della seconda metà del Quattrocento, verso il 1460. La dottoressa Tosetti spiega che il manoscritto, di produzione francese, serviva per organizzare la preghiera dei laici durante la settimana, a determinate ore.
Infatti c’è il calendario col riferimento alle solennità e ai santi che bisognava venerare. Il dessert è un’edizione del 1919, grande (cioè piccola) come una scatola di fiammiferi: la “Divina commedia” pubblicata a Firenze da Barbèra su carta finissima, talmente sottile che i giapponesi se la sognano. Dalla sala grande (ex pranzo) si accede a due passetti: il primo conduce alla libreria naturalistica e poi alla sala Hofer, il secondo a due studioli in successione dove ci sono le edizioni del Cinquecento, il fondo ippologico del Sette e Ottocento (tutto sui cavalli), le guide di viaggio dell’Ottocento e infine i libri di politica, fisica, chimica e igiene del senatore Antonio d’Arco, il papà di Giovanna, l’ultima marchesa, morta nel 1973, di cui la Fondazione d’Arco è l’erede. Scendendo nell’ammezzato, di nuovo nella sala di consultazione, oltre ai libri moderni dal 1980 a oggi, non possiamo esimerci da una capatina al fondo dei periodici di moda, costume e società della seconda metà dell’Ottocento e della prima del Novecento, con riviste francesi, inglesi e italiane appartenute ai genitori di Giovanna e poi a lei. La bellezza non è quantità ma qualità. Se proprio vogliamo dare i numeri: i libri sono circa 10mila, tra cui 14 incunaboli (della seconda metà del Quattrocento) e 15 manoscritti. Più cinque archivi, dal Cinquecento al Novecento, che ripercorrono la storia delle famiglie, imparentate, Chieppio, d’Arco e Ardizzoni. —
GILBERTO SCUDERI