Il Fondo di confine non è una panacea. De Menech: «Ora aiuti strutturali per la montagna»
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Il presidente sollecita lo Stato e la Regione: qui vivere costa di più, le leggi devono tenerne conto
BELLUNO.
Il Fondo per i comuni di confine non può essere il solo a sostenere la montagna, a combattere lo spopolamento, a ridurre il divario con la pianura. Lo dice chiaramente Roger De Menech, parlamentare del Pd, che del FCC è il presidente attuale. «Per sua natura si occupa di fare investimenti, che hanno tempi limitati, mentre i servizi ai cittadini devono essere garantiti nel lungo periodo».
Quindi si può costruire un poliambulatorio, come è stato fatto nel Veronese, e si può anche pagare una infermiera, ma solo per un certo periodo, in quel caso per tre anni. Poi occorrerà trovare altri sistemi per continuare a pagare lo stipendio all’infermiera e tenere aperto il servizio. È lo stesso ragionamento fatto con Investiscuola nel Bellunese, per le spese del trasporto scolastico.
È un finanziamento complesso con la compartecipazione economica di altri enti (Provincia e Consorzio Bim): non si occupa solo di trasporto scolastico ma anche di rinnovare i mezzi, di investire sugli edifici scolastici e per cinque anni (ecco il limite temporale) di sostenere le famiglie facendo pagare la stessa cifra per andare a scuola con i mezzi pubblici, indipendentemente dal luogo di residenza.
Ma in montagna serve dell’altro per aiutare le famiglie a restare sul territorio. Qual è il suo pensiero?
«Infatti. Vanno cercati altri strumenti. Il Fondo dei comuni di confine non può essere l’unico, sarebbe pericoloso. È molto utile a livello locale ma deve stare assieme ad interventi statali ed europei. Dobbiamo arrivare ad un differenziale per la montagna: se qui costa di più viverci, i soldi in più vanno previsti e trovati. Se occorre pagare di più un medico perché lavori in Comelico, la spesa va sostenuta introducendo nella legislazione nazionale una clausola che è appunto il differenziale per la montagna. Ma questo non vale solo per lo Stato, va applicato a tutti i livelli, anche nelle Regioni».
Il Recovery Fund potrà aiutare la montagna?
«Il principio è lo stesso del Fondo, si faranno investimenti. È importante che venga strutturato per azioni che comprendano i servizi, ma le regole sono le stesse. La situazione della montagna non è drammatica solo nel Bellunese, lo è in tutta Italia, ci sono zone sugli Appennini con paesi completamente disabitati. Da noi ci stanno salvando il turismo e una industrializzazione che arriva fin dentro le vallate».
Si parla molto di viabilità con il Recovery. Un tema che ci interessa da vicino.
«Nell’audizione a Camera e Senato il ministro Giovannini ha parlato in realtà di mobilità sostenibile, il che vuol dire che si punta più sulla ferrovia che sulle strade: sarà un piano che avrà un respiro di transizione ecologica. Questo ci viene indicato dall’Europa».
Il Fondo per i comuni di confine sta portando una montagna di soldi nel Bellunese, ma si fa una gran fatica a spenderli.
«Prima di tutto c’è la questione della burocrazia che incide molto sulla velocità degli investimenti. Nel corso degli anni abbiamo cambiato le regole per non ripetere il caso di Voltago che era capofila di otto grandi progetti con nove milioni di euro investiti, e aveva un solo tecnico che se ne occupava e neppure per tutta la settimana. Ora il soggetto attuatore può essere diverso dal Comune di confine, possono essere l’Ulss, la Provincia, l’Unione montana. Una delle riflessioni che dobbiamo fare è su una centrale unica di appalto, che preveda la costituzione di uffici per la progettazione con dotazioni organiche e competenze».
E’ iniziata la discussione sulla pianificazione 2019-2023. Ci sarà spazio, per la banda larga là dove il piano nazionale non la prevede?
«Certamente sì, ne abbiamo discusso proprio nei giorni scorsi in un incontro con la Provincia, la società che sta portando la fibra ottica e il ministro D’Incà. Anche nel caso della fibra ottica, va detto che ci vogliono sempre tempi tanto lunghi per fare qualsiasi cosa: il piano nazionale è del 2015 e siamo arrivati nel 2021 a fare i lavori». —
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