Reggio Emilia, sciopero per sopravvivere: aderiscono tutte le piscine
L’Anci scrive al Governo: «A rischio il servizio, serve un fondo per il caro bollette»
REGGIO EMILIA. Vasche vuote, serrande abbassate, parcheggi desolatamente deserti. Adesione massiccia, ieri nella nostra provincia, alla prima giornata di sciopero indetta dal neonato “Coordinamento associazione gestori impianti natatori”, motore della protesta contro il caro bollette che rischia di dare il colpo di grazia ad un settore, quello delle piscine, già duramente provato da due anni di Covid. Tutte le piscine comunali ieri sono rimaste sbarrate per la protesta senza precedenti, che riguarda duecento dipendenti, un centinaio di collaboratori e centinaia di società sportive che usufruiscono delle strutture. E già qualcosa si muove: l’Anci provinciale ha inviato una lettera al Governo per chiedere un fondo per gli impianti sportivi.
La maggior parte dei problemi degli impianti natatori derivano dalla loro peculiarità: strutture pubbliche, ma gestite ad un costo inferiore da società sportive sotto l’ombrello della Fondazione dello Sport. Con gli obblighi del servizio pubblico, ma senza i ristori previsti per i privati. Quasi un anno di inattività durante il primo lockdown, alla riapertura il calo di utenti, capienze ridotte, tariffe invariate e aperture obbligate a fronte di introiti ridotti al lumicino. Risultato: i gestori si sono indebitati e i rincari di energia elettrica e riscaldamento (più che raddoppiato il costo annuale) potrebbero mettere una pietra tombale sul settore.
«Non siamo un settore come gli altri», hanno spiegato Kinema Srl (il circuito Komodo, Rubiera, Campegine, Boretto), La Nuova Sportiva Ssd (via Melato) e Cooper Nuoto (Correggio e Novellara), i principali gestori di Reggio, che in una nota congiunta chiedono la solidarietà di amministratori e utenti.
«Uno sciopero che ha il sapore amaro di un’ingiustizia scatenata sì dalla pandemia, ma che rivela sostanziale noncuranza del nostro Paese per lo sport di base e che avrà effetti devastanti sulle persone. Un albergatore o un ristoratore può decidere di chiudere o aumentare i prezzi per affrontare la crisi, noi siamo tenuti a non farlo per legge. A nostra garanzia c’è solo l’obbligo di riequilibrio economico-finanziario a cui sono tenuti, sempre per legge, gli enti locali proprietari degli impianti, che però non hanno le risorse economiche per adempiere al loro dovere lasciando che siano i gestori ad assorbire le perdite».
La protesta, partita da Reggio, ha preso quota e ha avuto un riscontro regionale: tanto che a Bologna l’assessore allo Sport Roberta Li Calzi ha promesso «niente Tari per il 2022», un gesto concreto che però rischia di essere una goccia nel mare.
«La nostra piscina comunale Komodo aderisce alla mobilitazione dei centri natatori. Pensate a quante centinaia di migliaia di euro può arrivare la bolletta di strutture come queste. Insieme agli altri sindaci scriveremo al Governo per segnalare anche questa situazione, che si affianca ai guai di famiglie, comuni, attività e industrie», ha replicato a stretto giro di posta Emanuele Cavallaro, sindaco di Rubiera nonché responsabile provinciale Anci.
Proprio a firma Anci ieri è partita una lettera indirizzata al governo «per sottolineare il rischio di interruzione dei servizi e la necessità di un fondo che aiuti ad affrontare le spese energetiche».
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