Vi spiego perché avete fatto bene a innamorarvi del curling
Poco a poco abbiamo capito che questo è uno sport completo, fatto di forza, di precisione, di strategia, è tennis e scacchi insieme, ma anche qualcosa di più, di unico, tutto suo
Durante i primi giorni di gara c’era chi faceva della sciocca ironia, sullo scopettone, sulla gente che tira sassi e li accompagna agitando un manico di scopa sul ghiaccio. Il lancio delle teiere, dicevano. Poi, via via che le gesta della cortinese Constantini e del trentino Mosaner proseguivano, battendo via via le squadre del mondo intero, le ironie sciocche sparivano e noi italiani scoprivamo la bellezza del curling. E la bellezza di questi due giovani, la loro tranquillità, la consapevolezza, la complicità.
Lo sguardo di Stefania, immagine della concentrazione pura, piegata sul ghiaccio, poco prima di lasciar andare il sasso sul ghiaccio, che scivola più o meno lento, a seconda del tiro deciso insieme al compagno. E di quel ghiaccio loro sanno tutto, consistenza, velocità, temperatura, ne respirano le minime increspature.
I colpi di giustezza di Stefania, capace di piazzare sempre al centro i sassi, accompagnati dall’energia di Amos, che li guida a colpi di scopa – sweep – con forza e precisione guidato dalla voce di Stefania, “linea buona, buona linea, spazio, giù per tre quarti esterna, dai che è perfetto”, la spontaneità dei loro dialoghi, delle loro scelte che noi possiamo ascoltare, in un’adesione globale.
Poco a poco abbiamo capito che questo è uno sport completo, fatto di forza, di precisione, di strategia, è tennis e scacchi insieme, ma anche qualcosa di più, di unico, tutto suo. Abbiamo imparato le regole, capito le sfumature, interpretato le parabole. Ammirato le bocciate precise, chirurgiche, di Amos Mosaner, e i colpi di chiusura, sempre decisivi di Stefania Constantini.
E le reciproche chiamate, con l’uno che guida l’altra e viceversa, chiamate che devono avere la stessa precisione di un tiro, perché uno sweep, una spazzolata in più o in meno, può essere decisiva. E grazie al curling, si può finalmente usare il verbo glissare, partendo dalla sua etimologia francese, glisser, e non nel significato italiano, perché quando si muovono sulla pista ghiacciata, glissano proprio, Stefania e Amos.
E poi la finale contro la Norvegia. Gli ultimi colpi, noi avanti 7-5. Penultimo tiro. “No jam, no jam”, ripeteva Amos Mosaner, e stava parlando direttamente col sasso che seguiva, glissando, sul ghiaccio. Colpo perfetto. I norvegesi hanno due punti piazzati e possono pareggiare.
Tocca a Stefania Constantini, la ragazzina, spolvera il fondo del sasso come se stesse facendo qualcosa di solito, e non fosse invece l’ultimo tiro del torneo, un tiro che vale la medaglia d’oro olimpica, chiede “In mezzo?”ad Amos, che dice sì e aggiunge “Giocala lì, tranquilla senza…” e poi tace.
Lancia, Stefania, dice “Hop, sola, sola, sì” mette il punto, 8-5, ed è la prima storica medaglia d’oro di uno sport che prendevamo in giro e adesso amiamo grazie a questi due ragazzi, che vincono l’oro nello stesso palazzetto dove nel 2008 vinse l’oro un’altra veneta, Federica Pellegrini.
Vedi, a volte, il destino.