Addio allo scrittore Mino Milani, aveva 94 anni
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Romanziere, storico, fumettista, giornalista, per un breve periodo è stato anche direttore della Provincia pavese. Amico di Pratt, Manara, Nidasio e Rodari ha scritto oltre 200 libri
PAVIA. Si è spento nel pomeriggio di giovedì 10 febbraio Mino Milani, romanziere, fumettista, giornalista, appassionato di storia e soprattutto del Risorgimento: con i suoi libri d’avventura ha fatto viaggiare con la fantasia generazioni di ragazzi, con i romanzi di San Siro ha accompagnato le feste della sua città per decenni. Aveva compiuto 94 anni la scorsa settimana, il 3 febbraio, circondato dall’affetto della sua famiglia e degli amici a casa Milani, di fronte a San Pietro in ciel d’Oro, dove era nato e dove è vissuto sempre.
Guglielmo «Mino» Milani si definiva un “narratore”: è stato protagonista di un percorso letterario e intellettuale che comincia nell’immediato dopoguerra, il momento duro e difficile ma anche pieno di slancio della ricostruzione post-bellica, per arrivare fino all’Italia della pandemia, la crisi più grave dell’ultimo mezzo secolo, attraverso le vicende che hanno segnato la vita della nazione. Una produzione poliedrica e vastissima (il catalogo delle biblioteche segnala oltre duecento titoli), animata da una gamma di interessi e da una sensibilità uniche che ne hanno fatto un autore amato da generazioni di lettori, grandi e piccini.
“Il Mino”, come lo chiamavano anche i suoi lettori, era anche depositario della storia della città. Un pozzo inesauribile di ricordi, aneddoti, indagini spesso travasate nei suoi libri e nella corposa Storia avventurosa di Pavia (Effigie). Una città che ha amato - con le sue stradine medievali, il fiume solcato con il barcè da ragazzo, le nebbie complici del suo Fantasma d’amore - che non ha mai abbandonato non cedendo alle lusinghe del “Corriere della Sera” ma alla quale non ha risparmiato talvolta dure critiche.
Generoso, sorridente, affabile con tutti: i ragazzi delle scuole per anni sono andati a festeggiare il suo compleanno a casa sua, leggendogli i loro racconti, chiacchierando con lui e ascoltandolo mentre accarezzava la sua gatta.
Acuto osservatore, attento ai cambiamenti. Giornalista nell’animo (fu direttore de La Provincia Pavese) prima ancora che romanziere. Disattendendo i programmi di mamma Piera e papà Carlo, che lo avrebbero voluto medico, Mino ha preferito all’inizio di tutto farsi assumere alla Biblioteca Civica. E intanto scriveva, scriveva.
Prima le saltuarie collaborazioni al “Corriere dei piccoli”, poi proprio lì si ritaglia un ruolo primario al “Corriere dei ragazzi”. Con gli pseudonimi di Stelio Martelli, Eugenio Ventura, Piero Selva, Mungo Graham Alcesti e T. Maggio firma storie e avventure.
Il suo malinconico cow-boy Tommy River è stato l’eroe di generazioni di ragazzi. Hugo Pratt, Milo Manara, Grazia Nidasio, Mario Uggeri, Aldo Di Gennaro, Dino Battaglia negli anni hanno messo le loro matite a disposizione delle sue storie. E Pavia ha ricordato questa fase storica della sua carriera e dell’editoria con una mostra, le Mani di Mino.
Milani però è stato anche un fine storiografo. E non è forse un caso che abbia ambientato i suoi gialli nella Pavia di metà Ottocento, dove si divertiva a mettere alla prova Melchiorre Ferrari, un commissario dell’Imperiale Regia Delegazione di Polizia del Lombardo-Veneto. La sua biografia di Garibaldi poi rimane ancora oggi un caposaldo. Ma tratteggia con delicatezza anche Anita. Le donne, «così fragili ma anche così forti – diceva in un’intervista recente – restano per noi uomini sempre un mistero. Un bel mistero». Da sempre corteggiato da lettrici di ogni età, non tanto (e non solo) per i suoi magnetici occhi azzurri, quanto per quel talento da affabulatore con cui sapeva intrecciare sapientemente amori, guerre, avventure, delitti nella provincia borghese.