Livorno, badante contagiata dall’Hiv: «Mi ha rovinata, farò ricorso»

LIVORNO. «Vivo con 600 euro di pensione al mese e questa vicenda mi ha rovinata. Sono convinta che dal 2009 lui sapesse di avere l’Hiv e che quindi me lo abbia nascosto. Per fortuna le mie difese immunitarie sono state forti, ma dopo la malattia sono andata in depressione. Pagare i 9.500 euro di spese di lite? Non sono in grado di farlo, a stento riesco a pagare il canone della casa popolare».

A parlare è la badante polacca di 73 anni, residente a Livorno, che ha perso la causa contro i familiari di un cinquantanovenne – suo compagno all’epoca dei fatti, secondo quanto spiegato davanti al giudice – e che in aula ha accusato di averle trasmesso volontariamente l’Hiv.

Il Tirreno omette di renderla identificabile per ragioni sanitarie, visto ha contratto il virus. Il tribunale – prima in primo grado alla Spezia, poi a fine gennaio in secondo con la corte d’appello di Genova – le ha però dato torto, condannandola a risarcire le spese di giudizio, non riconoscendo il fatto che la trasmissione dell’Hiv sia avvenuta attraverso di lui.

«Ho conosciuto questa persona a Rosignano, ricordo di averla vista la prima volta in una gelateria mentre ero a mangiare con delle amiche – racconta – e da lì abbiamo iniziato a frequentarci. Non sono mai stata la sua badante: lavoravo per un’altra famiglia della provincia. Insieme non abbiamo mai convissuto, ma la relazione è durata dal 2004 al 2010, fino a quando lui è morto. Quando ho scoperto che però dal punto di vista sanitario c’era qualcosa che non andava, lui mi ha detto che poteva essere un’allergia. Non era vero. Ripeto: sono convinta che sapesse di avere l’Aids e che non me lo abbia mai voluto dire. Di fatto poi io sono stata contagiate e da allora sono costretta a cutarmi, a prendere tutte queste pillole che mi fanno male allo stomaco».

La donna – assistita nella causa civile dall’avvocato ligure Fabio Vergassola – sostiene di essere in estrema difficoltà economica e di non essere d’accordo con la sentenza dei giudici Carmela Alparone (presidente), Marcello Bruno (relatore) e Valeria Albino (consigliera). Come ha spiegato il legale, la cause, «ha sofferto della difficoltà della prova». Non si è riusciti a dimostrare, insomma, né la relazione, né l’eventuale trasmissione volontaria dell’Hiv. «Cercherò di fare ricorso – rivela – perché reputo questa decisione un errore. Io e lui avevamo una relazione e un anno prima della morte, quando lui subì un’operazione, sono sicura che aveva scoperto della patologia. Gli stessi medici dell’ospedale mi hanno detto come lui non potesse non sapere».