Novant’anni dopo Boldini ispira ancora: i colori dell’artista ferrarese in “The Gilded Age”
Il regista di “Downton Abbey” torna con una nuova serie su Hbo. Le atmosfere dell’Età dell’Oro americana ricordano il celebre pittore
FERRARA. A più di novant’anni dalla morte, avvenuta a Parigi nel 1931, il pittore ferrarese Giovanni Boldini continua ad ispirare la cultura e lo spettacolo. Se ne parla anche per via di una nuova serie televisiva pensata da lord Julian Fellowes, attore, sceneggiatore e scrittore britannico, celebre soprattutto per aver dato vita a serie tv di enorme successo, come Downton Abbey.
Fellowes propone nel 2022 una sorta di versione americana della inglesissima Downton Abbey, intitolata The Gilded Age, di cui si parla molto e presto giungerà anche in Italia. Incentrata, per ora, a partire dall’anno 1882, la nuova serie si ispira allo stesso periodo di Downton Abbey: è stata da molti critici paragonata al medium culturale di un libro di Edith Wharton del 1920, trasposto in un film celeberrimo di Martin Scorsese, L’età dell’innocenza (1993).
QUADRI E SERIE TV
Per ambientare questi sceneggiati in costume non si può prescindere dal considerare la pittura del periodo che coprono. La fotografia dell’epoca aiuta, ma non possiede l’arma potente del colore. Con Gilded Age si intende letteralmente Età dell’Oro, quando l’America, uscita a pezzi dalla Guerra di Secessione, reagì per poi diventare una grande potenza economica, in parallelo all’inizio della decadenza dell’impero britannico e dell’arretrare delle fortune dell’Europa. Tuttavia lo stile di vita delle classi agiate e le basi culturali americane del tempo erano del tutto asservite alla preminenza europea, soprattutto grazie alla supremazia in questi campi della Francia cosmopolita e dell’Inghilterra. Se le signore straricche della New York di fine Ottocento volevano brillare, nulla era paragonabile alla moda francese, e a Parigi si facevano immortalare dai pittori più in auge: primo tra tutti, Boldini. Per la serie televisiva, Fellowes ed i suoi collaboratori hanno mescolato in ogni singolo carattere vari profili di individui realmente vissuti. Qualche giorno fa Rebecca Cope, Digital Editor di Tatler.com (la versione online del periodico inglese nato nel 1709), ha descritto sul sito le personalità di alcune signore statunitensi la cui biografia si adatta ai personaggi creati da Fellowes.
Cope, inserendo nel suo pezzo il ritratto che Boldini fece ad Elizabeth Drexel nel 1905 (oggi a Newport, Rhode Island, The Preservation Society of Newport County), porta in luce il gusto di un’epoca. Elizabeth, figlia di un banchiere, scrisse due romanzi di spietata sincerità, anche riguardo il suo infelice secondo matrimonio con il cacciatore di dote Henry Syms Lehr, detto “King Lehr” anche per assonanza con il tragico Re Lear di Shakespeare. Titolo: “King Lehr” and the Gilded Age (1935), perciò quanto mai attinente alla serie di Fellowes. Il suo ritratto è tra i più straordinari usciti dal pennello del ferrarese. L’avvitamento della figura sviluppa riflessi luminosi cangianti delle stoffe della gonna arancione vivo, che il corpetto esalta con i suoi variopinti ricami scelti con prevalenza del colore turchese. Bessie – così era nota – non porta gioielli massicci, che Boldini non amava, ma solo due minuscoli orecchini di turchese, e stringe al fianco una nervosa volpina italiana nera, infiocchettata, che movimenta la scena.
INFLUENCER SENZA TEMPO
Nel suo libro Bessie ricorda che il marito suonava il piano per rallegrare Boldini mentre dipingeva, ma lui era così intento all’opera che si sfregava distrattamente i pennelli sui radi capelli, restando impiastricciato. Cope ha descritto anche i profili di signore della famiglia Vanderbilt, tra le migliori clienti di Boldini, serviti a Fellowes per le sue sceneggiature. Le Vanderbilt disseminarono i propri ritratti nelle loro immense residenze, come Biltmore Estate (Asheville, North Carolina), la “casa” privata più grande degli Stati Uniti, dotata di 250 stanze, montagne, foreste e 30 ettari di giardini, tuttora appartenente ai Vanderbilt. Vi si può ammirare il ritratto di Edith Stuyvesant Dresser Vanderbilt, che Boldini, vero “influencer” sia ieri sia oggi, dipinse nel 1910.
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