L’equazione aurea per San Valentino dello chef Carnevali: «Menù brevi e leggeri»
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I consigli dello chef diventato una star cucinando sui social: «Nei piatti serve una nota di dolce e un tocco di piccante»
Il piatto perfetto di San Valentino non esiste. Anzi, sì! In fisica esiste l’equazione dell’amore, chiamata “equazione di Dirac”: (? + m) ? = 0 vuole dimostrare che “Se due sistemi interagiscono tra loro per un certo periodo di tempo e poi vengono separati, non possiamo più descriverli come due sistemi distinti, ma in qualche modo sottile diventano un unico sistema.
Ne è convinto Riccardo Carnevali, chef pavese ormai star dei social, autore di libri di ricette comfort (e buonerrime) e docente di cucina che, per l'occasione romantica ce la racconta con un'equazione sentimental-matematica.
«"Vorrei provare a spiegare la mia equazione del piatto di S.Valentino perfetto, anche se il piatto perfetto per la serata di San Valentino non esiste. Nel senso che non è proprio una ricetta specifica».
Quindi, per tradurla: non servono passaggi complicati o ingredienti costosi, ma un messaggio: la ricetta deve essere una dichiarazione d’amore, quindi rappresentare i gusti dell'altra metà. «Non dovete rischiare, quindi spesso la tradizione è più sicura rispetto ad un piatto innovativo».
Intero menù, o pochi piatti ma ben studiati? «Secondo me il piatto unico è sempre preferibile ad un menu lungo. La cena di San Valentino dev’essere un momento in cui vi dedicate all’altro, quindi tante portate vi farebbero passare più tempo avanti ed indietro con la cucina, anziché a tavola».
E gli ingredienti? Visto che ci sarà chi dovrà ancora fare la spesa...
«Per quanto riguarda gli ingredienti, si dovrà puntare su qualcosa di deciso, con una nota dolce ed un tocco di piccante. Lavorate con un ingrediente principale che sia di stagione, e giocate con l’aggiunta di un ingrediente esotico o particolare. Importantissimo lavorare tenendo presente che la difficoltà che voi mettete nel cucinare è sempre percepita come un gesto di ulteriore affetto».
Ok, sappiamo che ciò che si serve a tavola può essere "funzionale" al dopo cena. Hai carta bianca per esprimerti. «Il coefficiente di digeribilità del piatto è fondamentale. Chiaramente non si dovrà optare per qualcosa di impegnativo per la digestione, pesante, che porta allo sbadiglio facile. Se teniamo presente tutto questo avremo un effetto wow finale. L'obiettivo afrodisiaco dovrà necessariamente avere la meglio sull’affaticamento digestivo. Durante la digestione infatti viene convogliato verso lo stomaco e l'intestino un maggiore afflusso di sangue. Questo comporterebbe una riduzione del flusso sanguigno al cervello e ai muscoli, causando la tipica stanchezza post-prandiale.
eleonora lanzetti