Aurelia uccisa con 19 coltellate, il marito racconta la sua verità: «Ho cercato di toglierle il coltello, ricordo solo un colpo»
Forciniti si è rivolto alla mamma della moglie: «Non c’è notte che non preghi per lei, per voi» e «vi sono vicino ogni giorno, mi dispiace». I parenti della donna hanno rifiutato un incontro in privato con l’imputato
PORDENONE. «È più di un anno che aspetto questo momento per potervi guardare in faccia e rivedervi. Siete stati la mia famiglia per tanti anni. Giacomo, Tina, Antonietta sono persone a cui io vorrò sempre bene. In qualsiasi momento, qualora lo vorranno, io ci sarò». Così Giuseppe Mario Forciniti, imputato dell’omicidio aggravato della compagna Aurelia Laurenti, massacrata con 19 coltellate ai piedi del letto, si è rivolto lunedì 14 febbraio, a fine udienza, alla mamma e alla zia della vittima, sedute fra il pubblico in Corte d’assise a Udine. «Ma cosa dici Giuseppe», ha esclamato mamma Annunziata, detta Tina.
I parenti hanno rifiutato un incontro in privato con l’imputato. Era loro facoltà allontanarsi dall’aula, ma gli hanno concesso di parlare pubblicamente, come lui aveva chiesto alla Corte. In piedi, una mano a reggere il microfono, l’altra nella tasca dei jeans, con la voce rotta, a tratti, dal pianto, Forciniti ha proseguito: «Capisco che l’ultima persona che vogliate sentire parlare sono io. Ma io in questo anno ho pensato tanto. Sapete quello che ho fatto per la famiglia, per Aurelia. Lei sarà sempre il primo mio pensiero. Ci siamo conosciuti da bambini, siamo cresciuti insieme. Ci siamo riconciliati per riunire la famiglia. Purtroppo è successa una disgrazia, non doveva succedere, non era previsto».
Ha aggiunto che «non c’è notte che non preghi per lei, per voi» e «vi sono vicino ogni giorno, mi dispiace». Mamma Tina non ha più trattenuto il suo dolore: «Devi pregare solo per i tuoi figli, non sai cosa stanno passando...». «Per i miei figli – ha detto Forciniti – ci sono stato e ci sarò sempre. So che sono in buone mani, vi sono vicino, a voi e ai bambini...».
L’imputato, lunedì 14 febbraio, ha raccontato la sua versione sulla sera del delitto, il 25 novembre 2020. Eccola. Verso le 22.30 è rientrato a casa dopo aver portato a passeggio il cagnolino: era una scusa per telefonare alla vicina di casa, Monika Wajda, e cercare di sapere da lei perché Aurelia, più di 4 ore prima, si era infuriata con lui per il ritratto di famiglia pubblicato dallo stesso Forciniti su instagram con la didascalia “semplicemente noi”.
Aurelia è rimasta a casa di Monika, dopo il litigio, dalle 19 fino alle 21.30 circa. Forciniti, che doveva svegliarsi alle 5.30 l’indomani per un nuovo turno al reparto Covid, passando davanti alla camera di Aurelia, l’ha vista sul letto che digitava sul telefonino, poi è andato in camera sua a preparare i vestiti.
Dopo aver dato il bacio della buonanotte al piccolo che dormiva nel lettone con la mamma, Forciniti ha detto che Aurelia gli ha dato pugni alle spalle, due volte, mentre lui usciva dalla stanza e che lui di peso l’ha riportata a letto. «La terza volta sento che si alza, mi giro. Stupito, vedo che aveva un coltello. Lo teneva con tutte e due le mani. Poi stende le braccia. Io metto le mani avanti come scudo, ma il coltello mi arriva fino all’addome. A quel punto blocco il coltello, metto le mani sulle sue mani. Ma lei non si ferma. Io cercavo di toglierlo da me. Nasce questa colluttazione, tira e molla, una sorta di braccio di ferro. Le braccia di Aurelia cedono, il coltello finisce sul suo collo, alla sua destra. Aurelia va giù e vado giù anche io con lei. A questo punto non so dire niente, come è andata non lo so dire. Mi sono come svegliato sopra il corpo di Aurelia, con mio figlio che dormiva».
Stando al racconto dell’imputato, subito dopo è andato, insanguinato e in slip a svegliare i figli e li ha portati al piano di sotto senza che si accorgessero della madre morta, quindi li ha accompagnati dalla zia. Poi è ritornato a Roveredo. Ha buttato il coltello in un cassonetto, «era come per dimenticare quello che era successo». «Apro la porta e vado su. Mi accorgo che Aurelia è morta. L’unica cosa che volevo fare era sparire dalla faccia della terra, volevo suicidarmi. È stata e sarà l’unica donna della mia vita. È con me ogni giorno. Quando mi addormento, spero che sia tutto un incubo. Io che non ho mai fatto a botte con nessuno, ora sono processato per la morte della persona che amavo di più. Non mi riesco a spiegare, non riesco a concepire signor giudice. Ogni giorno spero di svegliarmi e di trovarla con me».
Dopo aver rivisto Aurelia in una pozza di sangue, Forciniti ha cominciato a girare a vuoto in auto. «Prima di farla finita, ho detto addio alle persone a me più care. I miei genitori, mio figlio. A mio papà ho detto che era successa una cosa grave, che Aurelia era morta. Mia mamma piangeva, mio papà diceva vai dalla polizia. Io li volevo salutare, per me era finita lì. Ho sentito l’urlo di disperazione di mia mamma. Non ce l’ho fatta, sono andato in Questura».