Stop alle concessioni balneari “eterne”: rivoluzione in vista per 197 spiagge del Friuli Venezia Giulia. Ecco cosa cambierà dal 2024

TRIESTE C’è chi la chiama la “guerra” delle spiagge. Un testa a testa tra coloro che rivendicano una sorta di titolarità su fette di costa sulle quali nel tempo hanno fatto sforzi e investimenti, e chi invece rimarca che gli arenili sono di proprietà del Demanio, quindi di tutti, ed è sbagliato che restino nelle mani degli stessi gestori per anni, spesso decenni, tramandati di padre in figlio, magari con canoni low cost.

La partita si gioca anche in Friuli Venezia Giulia, con la sua costa che si estende da Muggia a Lignano, e le sue oltre 470 concessioni, e ha un inizio ben preciso: il primo gennaio 2024. Da quella data, infatti, le spiagge torneranno “libere” e verranno assegnate a gara.

Di proroga in proroga

È il risultato di due fattori: la legge Bolkestein e la sentenza del Consiglio di Stato, che alcuni mesi fa ha accorciato dal 2033 al 2023 la proroga delle concessioni, mettendo così fine al vizio tipicamente italico di procedere di proroga in proroga e rimandare le decisioni fino a quando proprio non si riceve da Bruxelles il cartellino rosso. Con i fondi del Pnrr da giocarsi, il Governo ha deciso di correre ai ripari una volta per tutte e ha approvato in Consiglio dei ministri l’emendamento con le nuove regole, che entrerà nel disegno di legge Concorrenza: sì al sistema delle gare, ma con una serie di tutele, soprattutto per le imprese più piccole, e un indennizzo per il concessionario uscente.

Le novità per i fruitori e l’allarme del comparto

Cosa cambia per i fruitori delle spiagge? Che si valuteranno i progetti previsti, gli investimenti, le tariffe (frenando il caro ombrellone). Si premieranno gli interventi migliori, più attenti all’ambiente, alla sostenibilità, all’accessibilità. Insomma, le concessioni, non più a tempo indeterminato, bisognerà guadagnarsele per poterle tenere.

Il provvedimento ora prenderà la strada della discussione parlamentare, e il comparto rimane in allarme, solo parzialmente convinto dalle tutele previste dall’emendamento: «serve molto altro», tuonano i balneari. «Comprensibile che facciano resistenza: è difficile dover rinunciare ad attività che fruttano molto e costano poco, piccoli monopoli spesso intoccabili e inaccessibili per decenni», commenta secco Paolo Ermano, economista e professore dell’Università di Udine, che aggiunge: «era ora, il feudalesimo è finito da tempo».

Il “costo” delle spiagge in Fvg

In Fvg, come spiega l’assessore regionale competente Sebastiano Callari (l’intervista a fianco), le concessioni (escluse quelle a finalità portuale-cantieristica) sono 474, di cui 197 per stabilimenti balneari (178 comunali, 19 regionali), 171 per uso diportistico (regionali), 106 per pescaturismo (regionali).

E quanto pagano i concessionari per utilizzare queste porzioni del litorale? Il “costo” delle spiagge al metro quadrato è di 0,82 euro, precisa Callari, quindi con 10 mila metri quadrati si pagano 8.200 euro annui. Il risultato è che nelle casse dei Comuni costieri e della Regione entra ben poco, 3,1 milioni di euro all’anno.

«La Lignano Sabbiadoro Gestioni, la più grande in Fvg - precisa ancora Paolo Ermano -versa al Comune canoni per oltre mezzo milione di euro, ma tra ombrelloni, Terrazza a Mare, posti barca e parcheggi auto bastano quattro giorni di pienone in agosto per racimolare il costo del canone, che è estremamente basso».

Al Comune di Trieste, come indica l’assessore Elisa Lodi, con 103 concessionari demaniali con finalità turistico ricreative (compresi gli stabilimenti balneari) e 12 concessioni per usi diversi, vanno 72.400 euro annui. Alla municipalità di Grado, 291 mila, di cui 168 mila dalla Git e 123 mila da altri 12 stabilimenti.

Ovviamente ai balneari non piace affatto sentir parlare di canoni bassi, come ricorda Salvatore Sapienza del Sindacato balneari: «Oltre al canone paghiamo anche le tasse, le spese di manutenzione, gli stipendi, visto che diamo lavoro a circa 700 addetti in Fvg, che salgono a 1.500 se si considera il personale della ristorazione e nei campeggi».

La voce dei privati

Affacciati sul golfo di Trieste sono gli stabilimenti Sirena e Riviera a Grignano, il cui titolare, Alex Benvenuti, rimarca che «dietro c’è sempre un privato che ne determina il valore, lavorando e investendo. È da anni che viviamo di rinvio in rinvio e non possiamo investire come vorremmo, a beneficio in primis dei fruitori. Noi chiediamo stabilità, e che ci venga riconosciuta la professionalità maturata nel tempo».

Nelle vicinanze c’è un altro luogo noto e caro a molti triestini, Sticco. Uno dei titolari, Manfredi Carignani, ricorda che due mesi fa «noi abbiamo già fatto una gara a evidenza pubblica, anticipando i tempi. Non si è presentato nessuno, ma abbiamo rischiato, adeguandoci alla filosofia Ue. Ora abbiamo bisogno di capire se e come cambierà per noi la situazione. L’obiettivo deve essere un giusto equilibrio: vanno bene la trasparenza e il rispetto della concorrenza, ma chi lavora ha bisogno di prospettive di medio-lungo termine per investire, altrimenti non fa nulla». Spostandosi a Lignano, Giorgio Ardito, presidente della società Lignano Pineta, invita a riflettere sul rischio che «realtà straniere con maggiore liquidità mettano le mani sulle nostre coste».

Le associazioni ambientaliste

Particolarmente attente alla partita le associazioni ambientaliste, con Maurizio Fermeglia, vicepresidente del Wwf, che evidenzia che «la strada intrapresa dal Governo è giusta. È fondamentale la tutela della libera e pubblica fruizione delle coste: gli imprenditori hanno tutto il diritto di gestire alcuni tratti del litorale offrendo dei servizi a pagamento, ma mi piacerebbe vedere meno barriere e ostali al semplice passaggio delle persone in futuro, perché le spiagge sono un bene pubblico. Mi auguro inoltre che gli investimenti siano fatti in modo sempre più intelligente». —

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