Borgofranco, accusato di maltrattamenti ma erano solo litigi: 40enne assolto
Venivano contestate soltanto vessazioni psicologiche maturate in 6 mesi. Ma i due avevano avuto una relazione di vent’anni
BORGOFRANCO D’IVREA. Era una vicenda particolare già di per sé: maltrattamenti in famiglia contestati per le continue vessazioni psicologiche che, secondo l’accusa, sarebbero state perpetrate anche davanti ai figli minorenni. Alla fine il collegio presieduto da Elena Stoppini, però, ha assolto l’imputato. L’avvocato del 40enne Mattia Fiò ha sempre sostenuto che le ingiurie e le minacce pronunciate dall’uomo ai danni della moglie, fossero maturate all’interno di discussioni e, soprattutto, fossero reciproche.
Tra le altre cose le aveva detto: «Ti cerco per tutta Ivrea e poi ti ammazzo». Secondo l’accusa formulata dal pm sarebbe stata continuamente umiliata, denigrata, da un uomo diventato possessivo, geloso, maniaco del controllo. Tutte vessazioni psicologiche, perché come ammetterà la persona offesa in aula, lui non l’ha mai picchiata. Sufficienti a determinare un’accusa per maltrattamenti in famiglia con l’aggravante di aver commesso il fatto di fronte ai figli minorenni (e, proprio tutelare la loro privacy, omettiamo il nome dell’uomo).
Soprattutto si tratta di contestazioni maturate negli ultimi sei mesi della loro relazione, che durava dal 2001: dall’agosto 2019 al febbraio 2020.
Secondo la moglie, l’uomo era cambiato dopo il matrimonio: quando aveva cominciato a passare molto tempo fuori casa e a ubriacarsi troppo spesso. La prima volta l’avrebbe minacciata di morte al mare, uscendo dall’acqua con un coltello da sub che teneva legato al polpaccio. Un’altra volta invece le avrebbe urlato contro e avrebbe divelto anche la porta della stanza in cui si trovava. Diversi gli episodi in cui l’avrebbe minacciata di morte. Uno di questi è stato anche confermato da una vicina di casa. Una volta le avrebbe tolto le chiavi dell’auto costringendola a farsi venire a prendere da un collega, un’altra invece avrebbe minacciato di spaccarle i freni.
L’avvocato Mattia Fiò del foro di Ivrea, che difende l’imputato, è sempre stato convinto che quelle condotte non bastino a contestare il reato di maltrattamenti in famiglia. Sottolineava, infatti, come in questo caso, infatti, la «sopraffazione» debba essere «sistematica e continua». «La Cassazione nel 2016 - ha argomentato Fiò -, ha spiegato come il reato non sia configurabile se, nonostante l’atteggiamento prevaricatore del marito nei confronti della moglie, questa reagisce alle intemperanze dell’uomo, non assumendo, quindi, un atteggiamento di passiva soggezione». E un collegio composto da tre giudici - Elena Stoppini, Stefania Cugge e Antonella Pelliccia -, gli ha dato ragione.