Dissequestrati i beni di Nizzardo: «Incubo finito»

BRUGINE. «La fine di un incubo, ora mio figlio potrà riprendere in pieno con la propria vita e le proprie attività». Con queste parole Vincenzo Nizzardo ha commentato con grande sollievo la comunicazione del dissequestro completo dei beni appartenenti al figlio Fabio, rimasto coinvolto nei mesi scorsi in una complessa vicenda giudiziaria in Indonesia dove vive da tempo.

Dopo la caduta di tutte le accuse, Fabio Nizzardo è così tornato anche in possesso delle sue proprietà, dalla casa al ristorante, dal B&B che gestisce, al terreno dove è in costruzione un albergo. «Lo scorso 21 dicembre» continua papà Nazzardo «il pubblico ministero aveva attuato la decisione della Corte suprema della Repubblica dell’Indonesia, confermando la completa estraneità ai fatti di Fabio. L’altro il giorno, grazie anche alle pressioni dei nostri legali, c’è stata la riconsegna a Fabio di tutta la documentazione e la rimozione, da parte del procuratore esecutivo dell’ufficio della Procura, dei sigilli che erano stati affissi sui terreni ed edifici di proprietà». La chiusura del cerchio quindi, con una vicenda che, dopo tante difficoltà, si è conclusa nel migliore dei modi.

Tutto era iniziato poco più di un anno fa quando Fabio, imprenditore di 43 anni, veniva improvvisamente svegliato di notte in casa sua dalle autorità locali indonesiani e rinchiuso in galera con l’accusa di corruzione e truffa allo Stato. Con lui erano state arrestate anche altre sedici persone, tra cui un altro italiano. Nizzardo si era trasferito in Indocina oltre una decina di anni fa, costruendosi una famiglia e avviando diverse attività. Insieme al fratello Mattia una ha dato vita al ristorante “Mediterraneo” a Labuan Bajo, città di pescatori che si trova all’estremo ovest della grande isola di Flores. Trasferito a Kupang, nelle patrie galere indonesiani ci è rimasto più di cinque mesi. Secondo l’accusa, Nizzardo aveva fatto da intermediario nella compravendita di terreni pubblici, 30 ettari nella reggenza di West Manggarai, porta di accesso al Parco nazionale di Komodo, patrimonio Unesco. Per la Procura l’operazione che veniva imputata a Fabio Nizzardo aveva causato un ammanco di 8 milioni di euro (inizialmente addirittura 200 milioni di euro) alle casse dello Stato.

Nizzardo aveva sempre sostenuto, come poi è stato dimostrato, che quelle terre appartenessero agli agricoltori del posto e che, prima di rivenderle, si era accertato della proprietà chiedendo le certificazioni al locale catasto. Lo scorso luglio erano poi cadute tutte le accuse e Fabio era tornato, insieme all’altro italiano, un uomo libero, tornando ad abbracciare moglie e il figlio di 5 anni. Non senza difficoltà, dopo un mese, era riuscito ad ottenere pass sanitari e documenti necessari per tornare in Italia per un periodo di riposo e riabbracciare la famiglia dopo mesi di apprensione e sofferenza per tutti.Alessandro Cesarato