Le costolette cotte nel kamado con cavolo cinese e salsa speciale

foto da Quotidiani locali

PAVIA

Nei tempi moderni per almeno un buon decennio il maiale era stato surclassato, anche nelle sue parti più pregiate. Pollame e carni bovine, di tagli perlopiù ricercati, avevano avuto decisamente la meglio sulla carne suina. Tolto il consumo di salsicce e insaccati, i salumi e il lardo, e il cotechino naturalmente, che meritano un capitolo a parte perché lavorati, appunto. Ma la carne di maiale così com'è quando la metti in pentola e comincia a cuocere spesso ha bisogno di essere condita, coperta, raffinata. Niente di più falso. Se si sa come cucinarla. Un'adeguata marinatura, ad esempio, o un uso creativo di spezie e una presentazione rispettosa, possono riabilitare o addirittura nobilitare questo vilipeso suino, tanto caro alla tradizione gastronomica popolare di pianura, di collina e di montagna, se parliamo del territorio pavese. Sono recenti, infatti, gli slanci creativi di noti chef con la carne di maiale, alla quale si riconosce succulenza, morbidezza ed estrema versatilità.

Da pensate stravaganti escono piatti davvero ben riusciti. Ne è un esempio un piatto di Federico Sgorbini assaggiato al ristorante gastronomico Lino di Pavia: Maiale razza Mangalica, dolceforte alla nespola e tamarindo. «Del Maiale razza Mangalica utilizzo il taglio carré dalla quale si ricavano le costolette – spiega chef Sgorbini –. Vengono cotte nel kamado affumicandole con legno di ciliegio. Accompagna il dolceforte alla nespola e tamarindo, dolcezza e acidità a supporto della golosa opulenza del maiale. A finire il suo jus di cottura e il cavolo cinese condito da una salsa orientale a base di soia, aceto di riso, zenzero, miele, cipollotto e sesamo a donare freschezza e umami al vegetale». E.LA.