Sanità, il direttore generale dell’Ulss 2 Benazzi illustra i progetti del futuro: modello “alla catalana”
A quasi tre anni dallo “tsunami” Covid che ha sconvolto i sistemi sanitari del mondo intero, oltre alle vite di milioni di persone, la sanità trevigiana ha imboccato la strada della rinascita e pianifica il futuro. Servizi, sedi, personale: restano scogli da superare - carenza di professionisti e medici di base, liste d’attesa da snellire - ma il barometro volge finalmente al bello, con l’orizzonte del 2024 per l’ingresso dei nuovi medici di famiglia in formazione, e un futuro fatto di servizi “alla catalana” con case di comunità, telemedicina, rafforzamento della medicina del territorio. Francesco Benazzi, direttore generale dell’Ulss 2, ha tratteggiato la sanità del (prossimo) futuro in redazione alla Tribuna di Treviso, giovedì mattina, nel corso di un forum di un paio d’ore. Partendo da un assunto: «Non dimentichiamoci che la nostra sanità è la migliore al mondo».
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Possiamo dire quindi di essere definitivamente ripartiti, dopo gli anni difficili del Covid?
«Concedetemi una premessa: io credo molto nella sanità pubblica, ho girato il mondo e a parte il modello catalano - da copiare per quanto riguarda la medicina territoriale - noi siamo i numeri uno, anche dopo il Covid. In Italia garantiamo due cose importanti: se sto male e vado al pronto soccorso, vengo preso in carico sempre e comunque, e ho una risposta. Se ho un’urgenza vera, vengo operato e salvato, cosa che negli altri Stati è possibile talvolta solo con l’assicurazione. Tornando alla rinascita post Covid: sì, abbiamo imboccato quella strada, i due anni di pandemia hanno rinforzato la collaborazione tra le istituzioni, si è creata una rete efficiente, anche grazie al volontariato. Chi ha avuto il coraggio di rimanere nel pubblico, va ringraziato: in due anni abbiamo visto abnegazione, disponibilità, voglia di tener duro da parte del personale, sono state persone meravigliose».
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Ci incuriosisce il suo rimando al modello catalano: come funziona, e cosa possiamo “rubare” da loro?
«Il modello catalano vede la presenza di case di comunità in cui il medico di famiglia lavora assieme allo specialista. Oggi sarebbe improponibile perché mancano gli specialisti, ma nel 2024 saranno arrivati, e nel 2025-2026 le case di comunità saranno pronte anche nell’Ulss 2. Il futuro è avere medici di famiglia integrati e specialisti che danno risposte immediate, il che ridurrebbe anche gli accessi al pronto soccorso. Creeremo delle micro aree con possibilità di fare ecografie, radiografie toraciche, prelievi di sangue. I medici di famiglia si turnerebbero e manterrebbero anche il loro ambulatorio».
Nel 2024 dovremmo avere un numero adeguato di medici e specialisti, sulle strutture invece a che punto siamo?
«Grazie al Pnrr, possiamo prevedere 17 case di comunità nell’Ulss 2: Paese, Motta, Villorba, Mogliano, Dosson di Casier, Treviso (Palazzo Moretti e Fiera), Codognè, Conegliano, Farra di Soligo, Vittorio Veneto, Pieve del Grappa, Asolo, Montebelluna, Castelfranco, Oderzo, Valdobbiadene, per un costo complessivo di 59 milioni di euro di cui 40 del Pnrr e 18,99 della Regione Veneto. Dobbiamo consegnarle finite entro gennaio-febbraio 2026, con medici di famiglia e specialisti. L’università ci ha autorizzati a passare, dall’anno prossimo, da 150 a 200 infermieri, nel giro di tre anni quindi ne avremo 50 in più proprio per le case di comunità. Nel 2024 avremo anche un numero di medici di base sufficiente a far funzionare questo sistema».
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Che bacino di utenza avrebbe una casa di comunità?
«Faccio degli esempi: quella di Paese 50 mila abitanti, Motta di Livenza 68 mila, Villorba 65 mila, Treviso 84 mila, Conegliano 56 mila».
Alla voce “investimenti nelle strutture” non ci sono solo le case di comunità. Quali progetti per gli ospedali?
«Per Conegliano siamo al progetto esecutivo, è un’opera da 54 milioni di euro (grazie a Pnrr e Regione), sarà come un ospedale nuovo. Lo stesso per Oderzo, investiamo circa 30 milioni di euro, vi ricaveremo un ospedale di comunità, le degenze, una piastra servizi, anatomia patologica, le rianimazioni e il distretto con altri 12 milioni».
E poi la Cittadella della Salute al Ca’ Foncello.
«Inauguriamo il 29 dicembre i primi spazi. Abbiamo il progetto esecutivo, e andremo in gara con l’anno nuovo, per la Cittadella Universitaria, pensiamo di completarla entro il 2025, ospiterà tutti gli studenti di Medicina e delle professioni sanitarie. Sarà nell'area Vetrelco, stiamo bonificando gli spazi visto che prima c’era una vetreria, la bonifica costerà circa un milione di euro».
Torniamo alla questione personale: la carenza di medici e infermieri è un problema nazionale, come lo sta fronteggiando l’Ulss 2?
«Vi do i numeri degli ultimi anni. Parliamo di medici: nel 2020 cessati 208 e assunti 216, nel 2021 cessati 189 e assunti 158, nel 2022 cessati 152 e assunti 162. Gli infermieri: nel 2020 cessati 268 e assunti 320, nel 2021 cessati 288 e assunti 290. Cominciamo a vedere la luce. Il problema negli ultimi due anni sono state anche le assenze, tra non vaccinati, Covid e influenza. Medici di famiglia: oggi ne mancano 50, dobbiamo tenere duro fino al 2024, quando si completerà il percorso di formazione di tre anni. Il problema allora sarà risolto».
State puntando molto anche sulla Telemedicina territoriale, in che modo può aiutare i pazienti?
«L’abbiamo già sperimentato durante il periodo Covid, con telecardiologia, telerefertazione, monitoraggio di pacemaker e defibrillatori su Treviso e Conegliano, e ancora la teleneurologia su tutto il territorio. A Conegliano abbiamo seguito con un’app i pazienti chirurgici monitorati a domicilio, e ancora la teleriabilitazione, la telemedicina diagnostica nelle Rsa. Stiamo partendo con il progetto di oncologia territoriale per le terapie oncologiche a domicilio. Inizieremo a gestire anche pazienti con la Bpco e con lo scompenso cardiaco. Questo permette di diminuire gli accessi non necessari in ospedale, e di monitorare continuamente gli utenti».
È anche un modo per abbattere le liste d’attesa?
«Sì, la situazione ad oggi è questa: sulle classi B (dieci giorni) abbiamo solo 64 persone in attesa, siamo un po’ carenti sulle classi P (novanta giorni), con 11.190 “galleggianti”. E abbiamo altre 20 mila fluttuanti».
Le criticità maggiori dove sono?
«Ecografia dell’addome completo, risonanza magnetica della colonna lombo-sacrale, visita cardiologica (1.856). Mi scuso con gli utenti, ma nel 2023 ridurremo l’attesa: dal 7 gennaio assumiamo 6 cardiologi a Montebelluna. E ancora: visita allergologica e dermatologica (909 in attesa), non si trovano dermatologi. Visite ortopediche su Montebelluna (803) e visite oculistiche (2.581). Stiamo lavorando per risolvere il problema».