Impianto esploso in Russia, ma il gas continua ad arrivare in Italia attraverso Tarvisio
foto da Quotidiani locali
L’esplosione che martedì 20 dicembre ha pesantemente danneggiato il gasdotto Urengoy-Pomary-Uzhgorod in territorio russo per il momento non sta compromettendo le forniture di metano all’Italia: martedì stesso sono infatti arrivati 19 milioni di metri cubi di gas russo, tutti transitati dalla porta di Tarvisio e dalla centrale di compressione Snam di Malborghetto Valbruna.
Mercoledì l’importazione è stata leggermente inferiore, con circa 16,4 milioni. L’incertezza totale delle scelte strategiche russe non permette di avere alcuna sicurezza, ma a quanto sembra il grave incidente di due giorni fa non dovrebbe avere ripercussioni sul traffico verso l’occidente e l’Italia.
L’impianto danneggiato è lungo 4.500 chilometri e trasporta il gas dal giacimento di Urengoy, nella Siberia nord-occidentale, fino all’Ucraina e poi in Europa. Il tratto interessato dall’incendio di martedì si trova vicino al villaggio di Kalinino, in Ciuvascia, circa 150 chilometri a ovest della città di Kazan, capitale della repubblica russa del Tatarstan.
Dopo la notizia dello scoppio il prezzo del gas è schizzato fino a 114 euro al megawattora al Ttf dai 100 euro/Mwh (minimo da giugno scorso) toccati dopo il via libera al “price cap” in sede europea. Il gasdotto è stato progettato nel 1978 ed è stato attivato nel 1984. Entra in Ucraina attraverso il punto di misurazione di Sudzha ed è attualmente il principale canale percorso dal gas russo per raggiungere l’Europa, Italia compresa attraverso Tarvisio, da quando i rubinetti del Nord Stream sono stati chiusi ad agosto. Gazprom prevedeva di pompare 43 milioni di metri cubi di gas verso l’Europa attraverso l’Ucraina tra martedì e ieri, un volume in linea con quello degli ultimi giorni.
Anche mercoledì l’effetto dell’accordo sul tetto al prezzo del gas si è fatto sentire: ad Amsterdam il contratto Ttf segna un calo dell’8 per cento a 97,2 euro al megawattora, sotto la soglia dei 100 euro e sui livelli di metà giugno. Inoltre le previsione di temperature miti nelle prossime settimane allentano i timori sugli stoccaggi che ora sono a un livello di riempimento di oltre l'83%, al di sopra della norma stagionale quinquennale.
Il buon livello delle riserve è stato determinato sia dal lavoro di accantonamento messo in atto fin da prima dell’estate, sia dagli stoccaggi che sono stati possibili nelle ultime settimane. I dati della Snam riguardanti l’impianto di Malborghetto Valbruna relativi ai giorni feriali indicano un import quotidiano che va dai 16,4 milioni di metri cubi di gas ai 49,8 milioni.
Si tratta di quantità che permettono anche un leggero export verso l’Austria (da 0,1 milioni di metri cubi in un giorno ai 4,7). Quasi tutto il gas importato serve dunque per soddisfare il fabbisogno nazionale o per incrementare gli stoccaggi.
Questo andamento ha fatto esprimere agli analisti – pochi giorni fa – giudizi positivi sugli scenari futuri: secondo la società britannica di consulenza Oxford Economics, l’Italia eviterà il razionamento del gas sia quest’inverno, sia il prossimo.
Tutto ciò dovrebbe evitare una grave recessione. Alla fine di quest’inverno gli stoccaggi di gas saranno ampiamente superiori al 30% della capacità complessiva – scrivono gli analisti britannici – e sebbene le prospettive per il prossimo inverno siano meno positive, con stoccaggi di gas inferiori questo «rende meno probabile uno scenario di recessione severa». —