«Il panettone diventi patrimonio Unesco»: la mobilitazione coinvolge anche il Veneto

Il panettone Milano patrimonio immateriale dell’Umanità. È l’idea che comincia a prendere piede, piace alla Regione Lombardia, ancora di più ai pasticcieri e ha un testimonial d’eccellenza nel maître pâtissier padovano Luigi Biasetto.

La mobilitazione

«Appoggiamo questa possibilità con forza e vogliamo essere tra i promotori», conferma il maestro Biasetto, «Come membri della Relais Dessert francese, che riunisce l’élite mondiale della pasticceria, condividiamo la mission di stimolare l’universo creativo, ma anche tutelare e proteggere alcuni dolci perché sia chiara la differenza tra la ricetta autentica e le sue varianti, più o meno condivisibili. La Francia ha difeso la sua baguette, l’Italia dovrebbe difendere il panettone Milano. Al momento non è partito l’iter, ma in Accademia ne abbiamo parlato e questa idea ha trovato il favore di molti».

Il dolce simbolo del Natale, tuttavia - e la campagna Unesco nasce anche da qui - parla brasiliano e peruviano: i panettoni più venduti nel mondo sono Bauducco (brasiliano) e D’Onofrio (peruviano).

«Questa produzione globale ha addirittura cambiato le regole in cucina – continua Biasetto – trasformando il lievitato tipico del Natale italiano in una versione così libera da diventare a volte dolcissima, altre più simile ad un pane che ad un panettone».

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Le regole del panettone

L’anno scorso la Regione Lombardia ha considerato l’ipotesi di candidare il panettone a patrimonio immateriale Unesco. Il caso è atterrato sul numero di dicembre del New York Times e la Confederazione pasticcieri italiani ha chiesto al Governo un nuovo disciplinare per il prodotto artigianale, considerando troppo “morbido” quello del decreto 2005 che tutela la ricetta e specifica gli ingredienti obbligatori e facoltativi: non si può prescindere, ad esempio, dalla lievitazione naturale, ma non si escludono lieviti che non siano madre.

Sono off limits conservanti, additivi, aromi ed emulsionanti non naturali, ma non c’è obbligo di usare farine biologiche, né è indispensabile usare solo zucchero o solo burro (come dovrebbe essere), ma sono permessi glucosio e altri grassi.

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«Unesco, una garanzia»

«Chi deve muoversi è il Paese Italia», sottolinea Biasetto, «l’Unesco sarebbe una garanzia perché, un domani, sia chiaro che il panettone artigianale è nato in Italia, e non in Brasile. Mi ha disturbato molto l’editoriale di un giornale parigino che parla del panettone come di un prodotto da “italianacci” , da immigrati in Francia, confermando ancora una volta un pregiudizio di assoluta ignoranza che paragona il nostro panettone ad una brioche lievitata. Il panettone invece non c’entra niente con la brioche, né con il prodotto delle aziende brasiliane o peruviane; il nostro panettone Milano ha regole severe che vanno tutelate. È nostro dovere di italiani e di imprenditori della pasticceria dare valore ai prodotti del nostro Paese perché sono unici al mondo. Non si tratta “solo” di capacità, ma di vento, aria, sole, si tratta di microclimi che non ci sono in nessun altro scampolo di mondo».

Battaglia per il made in Italy

A monte un concetto più ampio, quello di made in Italy: «Dovrebbe significare creato e prodotto in Italia», scandisce il maestro, «io stesso ho provato a preparare altrove il mio panettone, perfino portandomi gli ingredienti dall’Italia, e il risultato, per quanto buono, non era perfetto. Del resto il lievito madre subisce lo spostamento perfino da una casa all’altra».

Servono regole più rigide, anche più severe dell’attuale disciplinare: «È un buon punto di partenza, ma non è abbastanza: il panettone Milano non deve avere una percentuale di burro, deve essere fatto solo con il burro e solo con il lievito madre. Quel disciplinare aveva subito la forte pressione delle industrie, ma per l’Unesco dobbiamo parlare del panettone Milano autentico e siamo in pochi a farlo a regola d’arte».

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D’accordo gli addetti ai lavori

I pasticcieri padovani non hanno dubbi, sono prontissimi ad appoggiare un’eventuale candidatura all’Unesco per il panettone Milano come bene immateriale dell’umanità. «Il panettone è diventato negli anni il dolce “made in Italy” per antonomasia», sottolinea Filippo Segato, segretario dell’Associazione padovana pubblici esercizi, «Per tradizione le origini si fanno risalire a Milano, ma ben presto la cultura del lievitato natalizio si è estesa in tutta Italia, non a caso c’è addirittura un decreto del 2005 che ne tutela gli ingredienti e la lavorazione, della serie: non puoi chiamare panettone qualsiasi dolce di Natale».

I numeri danno forza all’Appe perché nel Padovano, dove ci sono circa 300 pasticcerie artigianali, si stima vengano prodotti tra i 60 mila e gli 80 mila panettoni artigianali, che vengono regalati e acquistati e il giro d’affari viaggia ormai intorno ai 2,5 milioni di euro.

«Negli ultimi anni – aggiunge Segato – si sono riscoperte anche attività che, disponendo delle attrezzature adatte (celle di lievitazione, forni) possono produrre il dolce tipico del Natale: pensiamo ad esempio a ristoranti e pizzerie, oltre alle attività di panificazione».

E i pasticcieri hanno abbracciato con forza l’e-commerce: «Sono sempre di più le attività che promuovono e vendono i propri panettoni online, sul proprio sito web, provvedendo poi all’invio tramite corriere: alcuni panettoni vengono consegnati anche all’estero», riferisce Federica Luni, che rappresenta la categoria delle pasticcerie padovane e che è titolare dell’Estense, «È un dolce che racconta la storia di una famiglia, di un paese, di una città, di una nazione. Ben vengano le tutele delle nostre tradizioni, anche e soprattutto quelle culinarie. Come Gruppo Pasticcieri di Padova dell’Appe appoggeremo senz’altro questa candidatura e metteremo in atto qualsiasi iniziativa volta a rafforzare la cultura del vero panettone artigianale».