Gli striscioni dei pescatori e la protesta nella valle del But: troppi limiti e poco pesce
ARTA TERME. La protesta delle lenzuola è scoppiata fra Piedim e Cedarchis in occasione dell’avvio della stagione della pesca e ha raccolto le istanze di centinaia di pescatori della valle del But e della Val d’Incarojo.
Sul ponte di Piedim dalla mattinata campeggiavano gli striscioni, espressione di un dissenso diffuso in merito a un’attività sempre meno praticata a causa della scarsità di pesci nei corsi d’acqua, dei limiti imposti lungo fiumi e torrenti vincolati dai limiti “No kill”, delle aree di ripopolamento e di quelle delle “Trote riprodotte in allevamento” dette zone Tra. Fra le scritte si leggeva: “State rovinando la pesca”, “Avete rovinato la nostra passione”, e ancora, “Meno Tra, meno divieti e più semine”.
Il But e il Chiarsò sono stati per decenni corsi d’acqua sui quali centinaia di appassionati da Sutrio a Paluzza, da Arta Terme fino a Tolmezzo, erano soliti pescare principalmente le trote fario. Le semine annuali di uova e di avannotti garantivano abbondanza di pescato, ma, poi si è disincentivata la presenza della trota fario a favore della specie alloctona della trota marmorata che, però, stenta a diffondersi, spiega Andrea Treu, presidente della società sportiva “Clap de trute”.
«La diffusione dei cormorani – precisa Treu – ha diminuito ancor di più la presenza dei pesci e poi ci sono tante regole che limitano la pesca. Nel frattempo, però, i costi per le licenze sono aumentati e oggi il canone è passato a 70 euro. I pescatori non si sentono più seguiti dall’Ente tutela patrimonio ittico, in alcuni tratti dei corsi d’acqua non possono pescare, o non possono trattenere il pescato, non solo devono rilasciare le trote fario o iridee al di sotto dei 20 centimetri, ma anche quelle marmorate al di sotto dei 35. Siccità e centraline inoltre incidono sul patrimonio ittico. A questo punto, molti rinunciano a mantenere la licenza».