Un volume celebra l’Isgre: mezzo secolo di studi giuridici per il Friuli Venezia Giulia
Quest’anno si compiono i cinquant’anni dalla fondazione, avvenuta ad Udine, dell’Istituto di studi giuridici regionali - Isgre, a cui concorsero autorevoli politici ed amministratori regionali, fra i quali piace in particolare ricordare l’onorevole Piergiorgio Bressani recentemente scomparso e che ne fu, per un breve periodo, anche il presidente; giuristi friulani e accademici triestini (i professori Livio Paladin e Sergio Bartole); e affermati docenti di diritto pubblico di altre Università, in primis i professori Giorgio Berti ed Umberto Pototschnig. Il primo presidente ne fu il prof Arduino Agnelli, poi senatore per Trieste.
L’Istituto si fece subito conoscere, anche a livello nazionale, per l’organizzazione di convegni destinati, da un lato, ad accompagnare il decollo delle Regioni ad autonomia ordinaria e, dall’altro lato, finalizzati allo studio di problemi di particolare interesse per la Regione Friuli Venezia Giulia.
Giova, infatti, ricordare che proprio in quei primi anni la nostra Regione fu percepita come la “Regione ponte” in quanto, essendo l’ultima ad essere costituita fra quelle speciali, la sua esperienza poteva ben essere utilizzata a fronte delle aspettative di quelle ordinarie.
E, proprio cogliendo questa opportunità, l’Isgre si fece da subito anche promotore della rivista Le Regioni che, prima con le edizioni Giuffrè di Milano e poi con quelle de Il Mulino di Bologna, si è da tempo affermata come la più autorevole e ascoltata pubblicazione periodica nel campo del diritto regionale, e conserva ancora tale posizione sotto la direzione del proprio socio prof Giandomenico Falcon.
Avendo così potuto offrire contributi importanti per lo sviluppo delle regioni ordinarie, raccogliendo un generale apprezzamento, l’Istituto fu, nei suoi primi decenni, anche molto impegnato nella raccolta e diffusione di materiale di documentazione, consentendo alle Regioni una reciproca conoscenza delle rispettive leggi ed iniziative. Con il tempo questa attività è, però, venuta perdendo di interesse a cagione della diffusione delle reti informatiche. Ancor oggi, tuttavia, tramite la Rivista viene assicurata una informazione qualificata a livello nazionale delle preminenti problematiche regionali.
La ricca esperienza di studio e ricerca così maturata e che gli ha fatto acquisire un’ampia notorietà a livello nazionale, ha così consentito all’Isgre, per celebrare il proprio cinquantesimo anno, di farsi promotore (anche con la collaborazione dei Dipartimenti di Scienze Giuridiche delle Università di Trieste e di Udine) della pubblicazione di un volume collettaneo destinato ad aprire una discussione sul futuro delle Regioni, potendo invitarvi a collaborare con un apposito contributo, in particolare, proprio coloro che, a buon diritto, possono essere annoverati fra i “padri fondatori” del diritto regionale, avendo questi sin dagli inizi concorso alla costruzione di tale dottrina, sollecitandoli a riflettere sull’opera ancora incompiuta di realizzazione dell’ordinamento regionale con l’approccio pragmatico e concreto che sempre l’Istituto ha fatto proprio.
E non è, quindi, un caso che le risposte ottenute siano andate anche oltre le migliori previsioni, consentendo la pubblicazione di un volume di oltre 300 pagine e potendosi ricomprendere fra gli autori che hanno raccolto l’invito, fra gli altri, i professori Giuliano Amato e Sabino Cassese, nonché alcuni altri ex membri della Corte costituzionale o docenti emeriti di diritto costituzionale di alcune delle più importanti università italiane (fra i quali va ricompreso il prof.Sergio Bartole, presidente onorario dell’Isgre), venendo così assicurato l’assoluto rilievo scientifico del volume e la sua prevedibile ampia diffusione a livello nazionale.
E pur nella varietà delle opinioni espresse dai sedici autori, è possibile, nel volume, individuarne alcune significative convergenze in quanto, traendo origine da una rilettura critica dell’esperienza del regionalismo e dai suoi nodi irrisolti e guardando alle prospettive alle quali le Regioni dovrebbero indirizzarsi, cercano di ripensarne il ruolo, ritenendo in molti che questo non dovrebbe più essere caratterizzato da una competizione con lo Stato e dalla contrapposizione delle competenze (“perenne tensione fra centro e autonomie” rileva Amato; di “confederazione rissosa” parla Cassese), bensì ispirarsi ad un modello di maggior cooperazione (quali componenti di un organismo unitario chiamato Repubblica; sempre Cassese) che le vedrebbe così maggiormente coinvolte nel perseguimento di obiettivi comuni, venendo in tale maniera chiamate a completare nel loro ambito di competenza gli interventi pubblici promossi dallo Stato (Bartole). Il che non significherebbe ledere l’autonomia regionale, bensì accentuare il ruolo indispensabile delle Regioni nell’assetto democratico italiano, garantendo in tal modo un maggior coinvolgimento popolare alle decisioni nel momento in cui si accentua la crisi dei partiti politici ed è venuto meno la loro storica funzione di canali di partecipazione e di mediatori nei conflitti di interesse.
E logicamente, però, anche lo Stato con le sue amministrazioni centrali dovrebbe, allo stesso tempo, rivedere il suo ruolo tradizionale, limitandosi a fissare i livelli essenziali e l’allocazione delle risorse finanziarie, dedicandosi poi a compiti di solo coordinamento.
Un concreto esempio di questo è portato proprio da Amato, quando ricorda che, in occasione della recente pandemia, i sistemi regionalizzati, all’interno di un unico sistema nazionale, sono stati indotti a muoversi in modo coordinato nella realizzazione di finalità comuni.
Su altro tema che pure ha attratto molto gli autori, quello della “differenziazione” prospettata dall’articolo 116, c. 3, Cost., le opinioni, invece, sembrano dividersi nettamente (come del resto anche a livello politico), tra chi guarda con interesse all’ipotesi del regionalismo asimmetrico per non dare più soluzioni uniformi a problemi che richiedono sbocchi diversi nelle realtà periferiche, e chi, al contrario, la rigetta in radice, preoccupato della tenuta dell’unità del sistema e della sorte delle regioni più povere.
Problema, quindi, di non semplice soluzione e che si trova proprio ora anche a confrontarsi con la tendenza generale del paese a rafforzare le funzioni di direzione e coordinamento del centro in vista della realizzazione e gestione del Pnrr.
*presidente Isgre