Giorgia Tripoli punta al Consiglio Fvg: «Destra e sinistra sorde: non hanno più senso»
UDINE Parafrasa Gaber («Destra e sinistra? Non esistono più: ormai c’è pure un centrosinistra-destra»), cita Verdone, quando punzecchia gli avversari sulle performance durante i dibattiti («Non parlano ai cittadini, spesso non rispondono neppure alle domande. A volte mi veniva voglia di chiedere: in che senso?») e scherza sull’omonimia con il presidente del Consiglio («E siamo nate anche lo stesso giorno, io molti anni dopo»). Giorgia Tripoli, candidata alla presidenza della Regione con la lista antisistema Insieme Liberi, ha chiuso a Udine la propria campagna elettorale.
Con piglio, ironia e senza risparmiare qualche immancabile randellata ai concorrenti e al sistema dei media, accusando di censura «il mainstream» e puntando il dito persino contro Wikipedia e Google («Che non ha indicizzato il sito della nostra lista»), Tripoli ha messo il punto esclamativo sulla marcia di avvicinamento al voto con un doppio appuntamento: prima all’hotel Ambassador con il leader di Italexit Gianluigi Paragone e Stefano Salmè, candidato sindaco a Udine. Un’uscita, questa, che pare non sia stata gradita da una parte della base di Insieme Liberi.
«Pensavano di spartirsi in tre la torta, ma non hanno fatto i conti con noi», ha detto la candidata governatrice, raccontando «tre settimane di campagna elettorale e confronti ai quali non siamo stati invitati o siamo stati trattati con poco riguardo: Fedriga, Moretuzzo e Maran sembrano vivere su un altro pianeta, parlano di massimi sistemi, propongono soluzioni per le lobby più che per i cittadini, che restano inascoltati». E poi l’appello al voto, che dà indirettamente la dimensione delle aspettative di Insieme Liberi: «È fondamentale recarsi alle urne, rifuggire dall’idea che nulla cambia. Avere in Consiglio regionale anche soltanto due o tre consiglieri che denunciano, segnalano, significa poter creare una crepa nella diga del potere. Cominciamo con la crepa, poi chissà: magari otterremo tre consiglieri regionali, oppure sfonderemo e arriveremo alla doppia cifra».
Tripoli, che al bar Ambarabà è stata accolta al suo arrivo dal grido «Giorgia, Giorgia», ha poi spiegato di essersi candidata «per difendere i diritti dei cittadini in Aula, oltre che in tribunale, per fare in modo di scardinare la politica degli inciuci. Mi chiedo – ha aggiunto – perché in questi mesi nessuno dei candidati abbia parlato della guerra in Ucraina: eppure in caso di escalation, saremmo coinvolti direttamente, considerato il ruolo della base di Aviano».
La candidata ha ottenuto anche la “benedizione” di Paragone: «Nel suo manifesto Giorgia evoca la libertà di pensiero. Cito anche io Gaber: la libertà è fondamentale, questa democrazia non tollera il dissenso. Stiamo smontando l’identità, abbiamo spacciato per dogmi pseudoverità sull’obbligo vaccinale: noi invece siamo rompiscatole. Non bisogna avere paura di essere minoranza: Giorgia potrà lasciare il segno, potrà incarnare quel dissenso con cui il sistema dovrà abituarsi a prendere confidenza».