Il ministro Piantedosi: possibile la gestione diretta dei Cpr se le cose non funzionano
TRIESTE I centri di permanenza per il rimpatrio che non funzionano potranno essere commissariati dallo Stato. Lo dice il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, a commento del servizio di La7 che racconta le condizioni del Cpr di Gradisca, mostrando le immagini degli scontri fra stranieri e polizia avvenuti ad aprile e l’intervista in cui tre giovani ospiti raccontano che tutte le persone all’interno della struttura assumono psicofarmaci in grande quantità.
Immagini decontestualizzate
Nell’intervista rilasciata alla giornalista di Piazza pulita Roberta Benvenuto, il ministro parla di «immagini non belle», ma invita a non decontestualizzarle, perché le violenze nel video erano derivate da «un intervento resosi necessario per il comportamento degli ospiti: un intervento per sedare un incendio e dei danneggiamenti».
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L’assistenza sanitaria
Il discorso vira poi sull’assistenza sanitaria all’interno dei Cpr. Piantedosi assicura che «tutte le prestazioni sanitarie sono garantite e monitorate». Alla domanda sulla necessità di attuare maggiori controlli, il responsabile del Viminale annuncia che il governo intende, «laddove la gestione affidata a un privato si dovesse rivelare non soddisfacente, prevedere la possibilità di prendere in gestione diretta» il Cpr, attuando una «gestione commissariale». E su questo la senatrice del Pd Tatjana Rojc annuncia un’interrogazione al governo.
Il ministro non dice se sarà questo il caso di Gradisca, il cui Cpr è stato affidato con bando dalla Prefettura di Gorizia alla cooperativa veneta Ekene. Contattato al telefono, il prefetto Raffaele Ricciardi preferisce non commentare. E lo stesso fa il Commissario all’emergenza migranti Valerio Valenti. Entrambi dicono che ha già parlato il ministro. Impossibile parlare anche con la cooperativa Ekene, il cui sito non riporta recapiti telefonici. Ekene è la nuova denominazione della liquidata cooperativa Edeco, di cui in rete si trova un numero di telefono fisso di Padova, però non più esistente.
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Il caso psicofarmaci
Piantedosi in televisione affronta anche del caso degli psicofarmaci. «Escludo – dice – che ci sia un orientamento della gestione dei centri finalizzata a una sedazione di massa. C’è una richiesta da parte degli ospiti. Fare il parallelo tra le prescrizioni di sedativi in una struttura come questa e nella media generale non ha senso, perché sono strutture dove più facilmente si concentrano persone per cui quel tipo di prescrizione si rivela normale. Questo è quello che racconta l’ospite, a noi non risulta».
Non mancano tuttavia le inchieste giornalistiche che raccontano come l’uso di psicofarmaci sia una costante all’interno dei nove Cpr attivi in Italia, dove antidepressivi, antipsicotici, benzodiazepine e metadone sono una presenza abituale. Gli ospiti e le associazioni che si battono per i diritti dei migranti accusano i gestori di usare i medicinali per attuare una forma di controllo, mentre le istituzioni dicono che i farmaci vengono chiesti da chi rimane nella struttura per mesi e spesso ci arriva con problemi di tossicodipendenza o terapie già assegnate in precedenza.
Come gli psicofarmaci vengano richiesti e prescritti a Gradisca non si sa, ma la Garante dei detenuti nominata dal Comune denuncia che tutto avviene fuori da ogni piano terapeutico credibile e, soprattutto, in un quadro non del tutto chiaro sulle rispettive responsabilità del presidio medico interno alla struttura (pagato e dipendente da Ekene) e dell’Azienda sanitaria giuliano isontina. Il capitolato prevede personale infermieristico e un medico pagati direttamente dalla cooperativa, ma il dottore in questione non può emettere ricette rosse e deve quindi rivolgersi ad Asugi per far prescrivere medicinali e visite specialistiche. La somministrazione di psicofarmaci può essere decisa o dal medico del Cpr o dallo specialista di Asugi.
La garante
La Garante Giovanna Corbatto evidenzia che «spesso le persone entrano nel Cpr con terapie prescritte della Asl di provenienza, che dichiarano anche la loro idoneità alla vita in comunità ristrette, ma è capitato arrivassero persone con gravi patologie cardiache. La convenzione con Asugi permette di svolgere analisi cliniche, ma la quotidianità è gestita da medici e infermieri a partita iva, caratterizzati da un rapido ricambio e quindi non in grado di seguire la persona nel tempo. Il Cpr dovrebbe avere medici pubblici, non dipendenti della società che gestisce l’appalto e quindi liberi di fare le valutazioni sulle persone e sulle terapie. I migranti all’interno della struttura non mi hanno mai segnalato l’obbligo di ingerire pillole, ma bisognerebbe capire meglio i meccanismi alla base della prescrizione».
Il direttore generale di Asugi Antonio Poggiana racconta a sua volta che «il nostro personale viene chiamato solo per visite specialistiche sulla base di una convenzione con la Prefettura, quando il responsabile sanitario del centro si rivolge a noi per esami e consulenze. Psicofarmaci? Non siamo in grado di dire chi li abbia dati in somministrazione».