Chiude il buffet Siora Rosa, luogo di culto della tradizione culinaria triestina
TRIESTE Un altro luogo di culto della tradizione culinaria di Trieste se ne va. Il 30 giugno la città dovrà dire addio allo storico buffet “Da Siora Rosa”, punto di riferimento di chi vuole mangiare un panino come dio comanda, un “rodoleto de coto”, un piatto caldaia con porcina, cotechino, lingua, luganighe di Vienna e di cragno, il goulash, gli gnocchi di pane, di patate e di susine, ma anche baccalà, seppie in umido o sardoni in savor.
“Siora Rosa” ha sfamato intere generazioni, migliaia di studenti universitari o delle vicine scuole come il Nautico, e negli ultimi anni con il boom turistico ha contribuito a far conoscere a chi arriva da lontano la vera cucina triestina.
La chiusura
Va chiarito subito che lo storico buffet non chiude per un calo degli affari. Anzi, l’attività è sempre andata a gonfie vele, riuscendo a non subire contraccolpi dalla trasformazione radicale di via Torino, diventata in pochi anni uno dei riferimenti della regione per la movida. Gli attuali titolari hanno semplicemente deciso di ritirarsi. Non disponendo però di un cambio generazionale, non avendo trovato neppure tra i dipendenti qualcuno interessato a portare avanti l’attività, tra meno di un mese chiudono. Con la speranza si palesi nel frattempo qualcuno interessato a rilevare la gestione, portando avanti proprio l’attività del buffet, senza stravolgerla.
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Una storia nata nel 1921
In quell’angolo accanto a pizza Hortis, a due passi dalle Rive e dal museo Revoltella, esiste un pubblico esercizio dal 1921. Aperto allora come bar Vittorio Veneto, era gestito da Rosa Cattaruzza. Una figura di grande carisma, il cui ritratto tutt’oggi capeggia accanto alla cassa, e che rese famoso quell’esercizio cucinando prosciutti in crosta di pane e imbottendo panini. Per tutti era il locale “Da Siora Rosa”, indicazione che poi divenne anche la nuova insegna del locale che ritrae un maiale stilizzato.
Scomparsa la titolare, nel 1975 a rilevare l’attività fu la famiglia Facco. Il padre Lorenzo arrivò da Jesolo con la moglie Albina che in cucina prese il posto di “siora Rosa”, aiutata dai figli Monica, Morena e Maurizio che negli anni hanno raccolto il testimone e portato avanti il buffet.
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Il restyling
Nel 2018 il locale è stato sottoposto a un’importante riqualificazione, mantenendo intatta la sua offerta e la sua atmosfera. Nei mesi di chiusura, utili a eseguire i lavori, c’erano già avventori in “astinenza” e la festa per la riapertura fu un successo. Tra l’altro, dalla pedonalizzazione di quella via avvenuta ormai diversi anni fa, il buffet ha conquistato anche uno spazioso dehor.
«Questo buffet raccoglie la storia della nostra famiglia ‒ testimonia Monica ‒: io ho iniziato a lavorare qui a 14 anni e nel tempo, anche con i miei fratelli e i miei genitori, abbiamo visto passare intere generazioni. Ci sono persone che venivano a mangiare da noi ai tempi del loro percorso universitario, magari di fuori Trieste, e che poi sono tornate dopo anni a farci conoscere i loro figli».
I fratelli Facco, dunque, lasciano a malincuore: «È una scelta un po’ obbligata ‒ ammette Monica ancora indaffarata tra i fornelli ‒, ma vorremo trovare qualcuno a cui cedere il buffet in gestione, così che l’attività e la proposta culinaria venga portata avanti, senza stravolgere il locale».
Certo, non vedere più dietro al banco i sorrisi dei Facco cambierebbe l’atmosfera del locale, ma la speranza dei triestini è certamente quella che riescano a trovare una soluzione che garantisca una continuità, così che quegli spazi non vengano declinati al solito bar senza anima. Ne perderebbe Trieste.
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