Giallo del Piave. Battaggia, ex Mala del Brenta, forse l’ultimo a vedere Anica viva: «Era preoccupata»
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foto da Quotidiani locali
«Giovedì pomeriggio, giorno della scomparsa, è stata con me fino alle 15.30, abbiamo parlato per un’ora circa, dopo che lei aveva finito di lavorare».
Franco Battaggia potrebbe essere stata l’ultima persona che ha visto Anica Panfile viva, giovedì 18 maggio. Mestrino d’origine e trevigiano d’adozione, 76 anni, Battaggia è il titolare della pescheria El Tiburon di Spresiano, ex esponente della mala del Brenta, nel 2011 ha finito di scontare il carcere per omicidio.
Conosceva bene Anica, era stato il suo datore di lavoro per quattro anni e per lui, lei «era la numero uno».
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Quando ha visto Anica l’ultima volta?
«L’ho vista giovedì pomeriggio dopo che aveva finito di lavorare alla casa di riposo, l’ho incontrata vicino casa sua poco distante dall’Israa.
La mia impiegata mi aveva detto che ad Anica serviva il Cud per la dichiarazione dei redditi e mi sono recato da lei per consegnarlo e con l’occorrenza ci siamo fermati un’ora a parlare del più e del meno, fino alle 15.30. Quel giorno mi ha chiesto qualcosa e io ho cercato di aiutarla e sostenerla, ma non voglio raccontare come, l’ho già detto ai carabinieri. Non voglio che venga fuori che Franco è un benefattore. Franco è Franco».
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Come vi siete conosciuti?
«Ha lavorato 4 anni per me. Non ha voluto che gli rinnovassi il contratto in pescheria per stare più vicina alla famiglia per una questione di comodità, non perché non le piacesse il lavoro. Perché da me lei era considerata la numero uno, la prediletta. Quando ha cambiato lavoro si è trovata sbilanciata a livello economico. Conoscendo la sua situazione, io le avevo dato una mano. Lei ne aveva necessità, era dura per una donna crescere 4 figli, non è da tutti e io le davo una mano anche se aveva un compagno che le stava vicino. Non voglio parlarne perché mi fa male, (piange, ndr) non meritava questa fine».
Le è sembrato che Anica avesse paura di qualcosa?
«Lei non aveva paura di niente. Era alta circa 1,80 e pesava oltre 80 chili, era una lottatrice, lo ha sempre dimostrato nella vita. Non credo che lei avesse paura di qualcuno o che qualcuno le abbia potuto fare del male. È impossibile perché era grande, grossa e forte e non ha fatto mai del male a nessuno, perché qualcuno avrebbe dovuto farlo a lei? Ma l’ho vista preoccupata».
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Che cosa la preoccupava secondo lei?
«Non aveva un sostegno economico adeguato e il compagno non poteva vivere con lei nella stessa casa, essendo case comunali e loro non erano sposati. Può essere che questa situazione insieme alle tante spese per i bambini la facesse preoccupare un po’. Quando lavorava da me le davo una cassetta di pesce al giorno, per i suoi bambini. Forse qualcuno doveva starle più vicino».
Crede che si sia suicidata?
«L’ho vista triste ma non posso dire io cosa è successo, non sono un medico, lo diranno le autorità».
Di cosa aveva più bisogno Anica?
«Di sostegno economico per i suoi figli».
E lei era questo?
«Vedeva in me un sostegno, veniva a prendersi il pesce in pescheria quando le serviva. Ma ultimamente non aveva molto tempo. Ora sono arrabbiato perché lei non c’è più».