Pista da bob di Cortina, tutti i costi a carico dei Comuni per i prossimi vent’anni
La gestione post olimpica della pista da bob di Cortina verrà pagata con i soldi del Fondo Comuni confinanti, cioè con le risorse destinate allo sviluppo socio economico dei Comuni bellunesi. La notizia, diffusa ieri dal Partito Democratico di Belluno, in qualche modo aleggiava nell’aria da tempo e trova conferma in una delibera approvata dalla Regione Veneto nei giorni scorsi in cui si trova anche l’accordo di programma ventennale che impegna sulla legacy dell’impianto sportivo la Regione stessa, il Comune di Cortina, l’ente Provincia di Belluno, le Province autonome di Trento e Bolzano, la Fondazione Cortina, la Fisi e la Fisip.
L’unica fonte di finanziamento, però, è il Fondo Comuni confinanti. Ma va aggiunto un dettaglio, tutt’altro che secondario: tutti i soggetti firmatari dell’accordo si impegnano a garantire la copertura di un eventuale deficit nella gestione economica dell’impianto stesso.
In sostanza, a pagare i costi della pista da bob per i prossimi vent’anni saranno i bellunesi. Ma c’è di peggio: nell’accordo non viene determinata una cifra e c’è già chi teme che il via libera all’accordo possa estendere l’impegno anche agli altri impianti sportivi olimpici che si trovano oltre i confini provinciali. Ampliando la lettura dell’accordo, infatti, si legge che le parti si impegnano anche nella promozione e valorizzazione della pista da bob, cioè dello Sliding centre “Eugenio Monti”, che resterà di proprietà del Comune di Cortina e in un articolo si dice chiaramente: «Costituisce altresì oggetto del presente accordo la gestione, promozione e valorizzazione post olimpica delle altre opere pubbliche realizzate per i Giochi Olimpici e Paralimpici Invernali 2026 nei territori degli enti territoriali sottoscrittori del medesimo accordo».
All’inizio si è detto che la gestione della pista da bob costerà un milione all’anno, poi saliti a 1,250 milioni e tutti sono convinti che non saranno meno di 2, ma la lievitazione dei prezzi e l’ipotesi che vengano inseriti altri impianti fa del tutto sfuggire di mano una determinazione precisa delle somme necessarie nei 20 anni di validità dell’accordo.
Oltre al Partito Democratico, che promette battaglia a tutti i livelli, a farsi sentire è anche il presidente del Comitato paritetico del Fondo Comuni confinanti, Dario Bond.
Il presidente del fondo
«Con me non ne aveva mai parlato nessuno». Per Bond, dunque, la notizia arriva del tutto inattesa, non tanto perché non ci fossero mai state voci in questo senso, quanto perché il Fondo stesso è stato totalmente scavalcato, al punto che non è inserito tra i soggetti partecipanti all’accordo di programma.
«Il Fondo non è tra i sottoscrittori, ci stanno usando come bancomat. Fino a prova contraria, il presidente del Fondo sono io», rivendica Bond, «e mi ritrovo a prenderne atto senza che nessuno me ne abbia parlato. Ma c’è un punto cruciale: qui si parla di spese correnti, che non sono previste (il no al finanziamento di Unico Studenti ne è una prova, ndr) e quindi è necessaria una modifica della legge istitutiva del Fondo, cioè bisogna andare in Parlamento. Il tema da approfondire è: c’è un vantaggio nell’uso di quelle risorse per spese correnti?».
Ma il tema che preoccupa di più è un altro: «Quanto spenderemo?», si chiede Bond. «Nell’accordo non c’è una somma e finora le cifre che circolano sono solo spannometriche. Quanto drenerà questa cosa? Potrebbe andare dai 2-3 milioni all’anno a molto di più. E c’è un altro rischio: quanto durerà il Fondo? Siamo sicuri che supererà i 20 anni?». Bond precisa ancora: «I sindaci dei Comuni confinanti non sono stati avvisati, nessuno ha visto i documenti. L’accordo va approvato in consiglio provinciale, ma voglio vedere chi avrà il coraggio di votarlo alle condizioni attuali».
Il presidente del Fondo avverte: «Al consiglio provinciale dico: attenzione, perché questa cosa così com’è ora è rischiosissima. Se fossi in Padrin non approverei l’accordo prima del passaggio in Parlamento e soprattutto alle condizioni che poniamo noi. L’accordo si può sottoscrivere solo se la cifra viene fissata, non si può fare al buio».
Nel frattempo, però, l’accordo di programma è già stato approvato non solo dalla Regione Veneto, ma anche dal Comune di Cortina e del resto risale al 2019 la lettera d’intenti tra Regione Veneto, Comune di Cortina e Province autonome di Trento e Bolzano dove si parlò proprio della legacy post olimpica.
La provincia
L’accordo è arrivato a Palazzo Piloni già due settimane fa. «Ma l’abbiamo fermato, abbiamo deciso di non portarlo in consiglio», spiega il presidente, Roberto Padrin. «Vogliamo fare approfondimenti e convocherò al più presto l’assemblea dei sindaci perché devono essere coinvolti in una decisione di questo tipo, dobbiamo parlarne tutti insieme. Ci sono diversi aspetti da chiarire». L’accordo riporta Padrin nel mirino del PD che ha bocciato l’ordine del giorno di Futura che conteneva un punto specifico sulla legacy delle Olimpiadi 2026, ma il presidente non ci sta: «Dico no al processo alle intenzioni», conclude.