Otto terapie per allungare la vita. Ma basterebbe mangiare di meno
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foto da Quotidiani locali
Era il 1993 quando Cynthia Kenyon, biologa molecolare dell’Università della California a San Francisco, scoprì che una mutazione del gene chiamato Daf2 in C. elegans, il verme che si usa per la ricerca in laboratorio, raddoppiava la lunghezza di vita dell’animale.
Sarebbe come se noi umani vivessimo 240 anni. Daf2 contiene l’informazione per produrre un recettore che sta sulla superficie delle cellule ed è analogo al recettore per l’insulina. Fu una scoperta sensazionale.
Non soltanto perché era la prima dimostrazione che la lunghezza della vita è determinata da specifici geni, ma anche perché metteva per la prima volta in relazione la lunghezza della vita con il metabolismo.
Da questo recettore parte un segnale che dice alle cellule di attivare il loro metabolismo e di bruciare energia. Se invece il recettore o le altre molecole a valle che trasmettono il suo segnale sono mutate, l’energia non può essere utilizzata, e la lunghezza della vita aumenta.
Ai vermi della Kenyon si sono poi uniti moscerini della frutta che vivono l’85% in più, e anche topi mutati, che rimangono piccoli di dimensione (perché non possono bruciare gli alimenti) ma vivono il 40-50% di più.
Come fare a mimare questa condizione di basso metabolismo? La maniera più semplice è quella di non mangiare. La restrizione calorica, come viene definita un’alimentazione più povera del 25-30% rispetto all’alimentazione considerata ideale, riduce i livelli di glucosio e colesterolo, rallenta il decadimento corporeo e allunga in maniera significativamente la vita in tutte le specie in cui è stata provata, scimmie incluse. E per di più riduce l’incidenza di tumori e di malattie infettive.
Ma mangiare stabilmente il 25% in meno del dovuto è molto difficile per noi umani. In uno studio condotto qualche anno fa negli Stati Uniti, soltanto una piccola percentuale di un gruppo di individui sani di mezza età cui era stato chiesto di sottoporsi alla restrizione calorica era riuscito a mantenerla per più di un anno. Come ben sanno tutti quelli che si sottopongono a una dieta, il nostro cervello fa molta fatica ad adattarsi a una situazione volontaria di sottoalimentazione, perché di fatto è stato programmato per cercare il cibo e accumulare energia sotto forma di grasso, non per evitarlo. Se però provate a farlo e ci riuscite, potete iscrivervi alla CR (Caloric Restriction) Society International (https://www.crsociety.org/index.html/), il club di chi ha successo in questa pratica e quasi sicuramente riuscirà a vivere a lungo.
E per tutta la maggioranza di coloro che la restrizione calorica non riescono a mantenerla? Oggi ci sono almeno 8 ragioni per sperare, perché questo è il numero delle terapie farmacologiche che sono attualmente testate a livello clinico per aumentare la lunghezza della vita. Non sorprende che la maggior parte di queste terapie abbiano a che fare con la regolazione del metabolismo.
Tra queste, la metformina è un farmaco che abbassa i livelli di glucosio e viene utilizzato contro il diabete, mentre l’ormone GLP-1 e i suoi analoghi, oltre ad avere un effetto antidiabetico, bloccano il senso di appetito (e sono il boom del momento per dimagrire).
Un altro farmaco, la rapamicina, un antibiotico che deve il suo nome al fatto di essere stato scoperto in un fungo isolato sull’Isola di Pasqua (Rapa Nui nella lingua indigena) e viene usato per bloccare il sistema immunitario, blocca un fattore che fa da sensore dei nutrienti e attiva la crescita cellulare.
Il Dog Aging Project sta ora provando la rapamicina in 500 cani di mezza età per studiarne gli effetti sul cuore, il sistema immunitario, l’incidenza di tumori e le capacità cognitive. Oltre ovviamente a vedere se allunga la vita.
Nel 2014, Leonardo Guarente, un altro pioniere nello studio dell’invecchiamento alla Harvard University, ha fondato Elysium Health, che vende una pillola che contiene nicotinamide riboside, una sostanza che aumenta i livelli di una molecola chiamata NAD, ridotti con l’avanzare dell’età, e pterostilbene, un analogo del resveratrolo contenuto nella buccia dei frutti rossi e nel vino.
Secondo Guarente, questi composti “spengono” l’attivazione dei geni che vengono attivati dal cibo e quindi aumentano la lunghezza della vita.
James Kirkland, della Mayo Clinic a Rochester, in Minnesota, è invece uno dei pionieri delle cosiddette terapie senolitiche, il cui obiettivo è quello di uccidere le cellule invecchiate. Il presupposto qui è che anche poche cellule senescenti possano danneggiare l’organo in cui si trovano perché producono sostanze tossiche. Alcuni farmaci, come il dasatinib o la quercitina, hanno la capacità di uccidere in maniera selettiva queste cellule. Più di 25 sperimentazioni con farmaci senolitici sono già state completate o sono attualmente in corso.
L’eccitazione intorno a questi e altri farmaci in grado di prolungare la vita in condizioni di salute è quanto mai alle stelle.
Ma le stime suggeriscono che nel vicino 2030 ci sarà almeno un miliardo di persone sulla Terra che avranno 65 anni o più, fino a raggiungere 2,5 miliardi entro la fine del secolo. Cosa succederà se per di più ci mettiamo ad allungare ulteriormente la vita a tutti?